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giovedì, Novembre 21, 2024

Angelo Andretta, un salentino alla guida del Centro protesi di Vigorso di Budrio

Pugliesi nel mondo


All’eccellenza del Centro si deve parte del successo dei nostri atleti alle Paralimpiadi

Gli atleti che hanno fatto incetta di medaglie alle Paralimpiadi di Tokyo da poco concluse, tanto per raccontarne una importante, debbono molto al Centro che lui dirige da più sette anni. E lui è un pugliese: Angelo Andretta, classe 1974, doppia laurea: in Giurisprudenza (1998) e Scienze Politiche (2007). Dal 2008 alla guida del Centro Protesi di Vigorso di Budrio dopo essere stato a capo delle sedi Inail di Piacenza, Parma e Bologna.

Il Centro cos’è. Officina ortopedica con due piani di degenza e 90 posti letto, reparti specialistici e altri due per la riabilitazione degli arti inferiori e superiori, servizio di supporto psicosociale e uffici amministrativi, la struttura si avvale anche di un’area di ricerca e sperimentazione che vanta collaborazioni con partner scientifici altamente qualificati, impiegando complessivamente 302 operatori che forniscono ogni anno prestazioni ultra-specialistiche a più di 10mila pazienti l’anno, tra infortunati sul lavoro, assistiti Inail e Servizio Sanitario Nazionale, invalidi civili, privati provenienti da tutta Italia e dal mondo. E da otto anni è accreditata presso la Regione Emilia Romagna per attività di riabilitazione in regime di ricovero non ospedaliero e funzioni ambulatoriali.

«Lavoriamo per restituire ai nostri pazienti il massimo grado possibile di autonomia, compatibilmente con la menomazione o la disabilità di cui soffrono», spiega Andretta dal suo ufficio nel Centro. Dove il paziente in arrivo è invariabilmente segnato da un percorso di difficoltà e grande sofferenza, ma l’elemento “testa” è sempre fondamentale: «Riceviamo persone reduci da infortuni recenti quanto già sottoposte ad altri trattamenti, ma l’elemento psicologico è sempre decisivo per il successo di ciò che andremo a fare. Questo perché le macro-lesioni che la persona ha subito sono spesso talmente invalidanti da mettere spesso a repentaglio l’obiettivo finale – restituire la persona ai suoi affetti, al suo lavoro, alla sua vita sociale – anche quando l’intervento tecnico ha avuto successo dal punto di vista strettamente clinico»- spiega Andretta. «Per questo chi si rivolge al nostro Centro viene preso in carico fin da subito dal nostro servizio psicosociale, che concorre in quella che noi chiamiamo “prima visita” a una valutazione contestuale e multidisciplinare dei bisogni del paziente, ma poi lo accompagna per tutto il tempo di permanenza nel nostro Centro: di norma i nostri trattamenti sono destinati ad essere ripetuti nel tempo».

L’ultima delle crono

C’è infatti chi ha bisogno di rimanere a Budrio per periodi lunghi, con le modalità di un normale ricovero in ospedale, “ma si fa sempre in modo di impattare il meno possibile sulla vita del disabile”.  Il rapporto che si crea così tra assistito e Centro è di grande fiducia reciproca “con tutti gli attori del processo di cura”, continua ancora Andretta, “perché ognuno concorre nel suo ambito alla realizzazione di un puzzle piuttosto complesso, anzi direi unico nel panorama a noi noto”.

La gamma di bisogni di una persona che ha subito l’amputazione o la menomazione funzionale di un arto è evidentemente molto ampia, dall’esigenza di muoversi in maniera autonoma nella propria casa a quella di guidare un veicolo: ma la necessità principale, ovviamente, è di poter contare su un dispositivo tecnico sostitutivo dell’arto offeso, oltre ovviamente a disporre delle provvidenze economiche che l’Inail garantisce alla persona in difficoltà: la mission principale del Centro è infatti quella di erogare agli infortunati protesi e ortesi, ovvero dispositivi medici che applicati a un arto non mancante aiutano comunque a riappropriarsi di una buona qualità della vita: come nel caso di chi debba riacquistare la stazione eretta, “campo di grande interesse per molti infortunati sul lavoro: una sfida tecnica ingegneristica impegnativa su cui si stanno confrontando i migliori centri di ricerca di tutto il pianeta. E in questa partita l’Inail, grazie al nostro Centro e alle sue filiali di Roma e Lamezia Terme – più un’altra serie di altri punti assistenza distribuiti sul territorio nazionale –  occupa una posizione di primo piano”, racconta ancora Andretta.

Italia-Vigorsio di Budrio Ospedale riabilitazione Inail
Reparto manifattura protesi

Inevitabile quindi di parlare anche di robotica, “che offre al tecnico ortopedico ulteriore frecce all’arco della sua professionalità, perché mette a disposizione della persone con disabilità gli ultimi ritrovati tecnologici: «Innovazione cui ha contribuito in maniera determinante il Centro protesi», spiega ancora Andretta. «Qui, infatti, si fa ricerca scientifica nel campo della riabilitazione da una sessantina d’anni. E la robotica è proprio il campo in cui si stanno sviluppando le ultime novità  che permettono di potenziare l’ambito di applicazione o il range di uso degli arti protesici».  Mani robotiche, ginocchia e caviglie elettroniche: tutta roba che meno di vent’anni fa era considerata fantascienza, letteralmente, “e che invece oggi è realtà, sono dispositivi progettati anche dal Centro o partner collegati. Questa è una delle anime del nostro Centro: la ricerca”.

E se il pensiero corre in avanti – magari al famoso robot umanoide Tesla di cui nelle scorse settimane il miliardario Elon Mask ha annunciato la creazione – è però confortante sapere che i dispositivi realizzati presso il Centro, oggi assai migliorati rispetto ai decenni scorsi quanto a portabilità, confortevolezza, affidabilità, discendono in fondo direttamente dal dettato costituzionale, che garantisce idealmente a tutti i cittadini il diritto alla salute e un accettabile livello di benessere psicofisico: anche agli atleti, per esempio.

Il Centro protesi di Vigorso di Budrio si è occupato infatti tanto di Alex Zanardi quanto degli sportivi che nelle scorse settimane si sono misurati – con il grande successo che sappiamo – con le Paralimpiadi, potendo peraltro contare sull’assistenza dei tecnici arrivati dal Centro, “che sulla base di una convenzione e di un protocollo sperimentale con  il Comitato Italiano Paralimpico costituisce la struttura di ricerca che insieme agli atleti e alle Federazioni concepisce, sperimenta e realizza i dispositivi che consentono agli italiani di primeggiare in tutto il mondo”.

Una struttura all’avanguardia, insomma: come molte cose dell’Emilia Romagna, regione sempre avanti in cui i pugliesi (e soprattutto i salentini) si trovano sempre molto bene, considerata la qualità della vita e delle attrattive, e non è neppure una grande novità. Ma un dirigente Inail non ha molto tempo per indagare a fondo la questione: «Le giornate di lavoro qui sono lunghe, quindi non rimane molto spazio per godere della bellezza delle trattorie e dei colli bolognesi: ma, ovviamente, nel poco tempo libero che rimane, si cerca di onorare la fama della città, come fanno anche molti pazienti pugliesi che scelgono il nostro Centro proprio per le suddette ragioni di piacevolezza del contesto bolognese». Tornare a casa un giorno? «Non per lavoro: la vita di un dirigente pubblico è così», conclude Andretta. Che non soffre neppure troppo di nostalgia, “perché gli aerei che fanno la spola tra Puglia ed Emilia Romagna ti consentono di stare a casa in un’ora. E io di questa possibilità approfitto spesso”. Anche per limitare il ricorso alla cucina bolognese “che, come denuncia il girovita, ha fatto i suoi danni”.

a cura di Leda Cesari

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