Il FAI ha assunto di recente questa definizione per l’Ambiente: «Tutto ciò che ci circonda». La faccio mia, perché ritengo riesca a esprimere in modo sintetico, ma significativo, sia ciò che costituisce e rappresenta il nostro sistema ambientale, sia soprattutto ciò che nel suo insieme deve interessare ed essere al centro della nostra attenzione e del nostro rispetto.Affrontando così l’ambiente nelle sue molteplici valenze e interpretazioni, si manifestano in modo ancor più evidente i ritardi, i guasti, le lacune culturali e politiche che da troppi decenni ormai hanno compromesso, spesso irrimediabilmente, l’ambiente e il paesaggio italiano. Senza avere la capacità di impostare una efficace politica di valorizzazione del grande patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese (dai centri storici alle zone costiere, dagli Appennini al sistema dei laghi, per non parlare della ricchezza dei singoli monumenti come chiese, musei, palazzi ecc.) per speculazione, per abusivismo, per mancanza di cultura, non si è riusciti ad accompagnare il lungo periodo dello sviluppo economico e urbano né con la salvaguardia dei paesaggi storici né con la creazione di nuovi qualificati paesaggi così come dimostrano le nostre periferie. Si è così consumata in gran parte quella che da molti veniva definita e apprezzata come una grande risorsa culturale ed economica, proprio nel Paese che poteva, ed ancora potrebbe, trarre maggiori vantaggi con fini fortemente competitivi a livello globale. L’ Italia, infatti, possedendo a pieno titolo le più significative identità culturali e ambientali, può ancora farne un valore economico per garantire una maggiore competitività nell’attrazione di imprese e mercati, per impostare una maggiore e più efficace politica di turismo integrando proprio le diverse qualità che il Paese offre.
Al contrario, invece, la notevole qualità dei nostri paesaggi, sia urbani che naturali ed ambientali, la nostra storia culturale di “Bel Paese”, l’inestimabile ricchezza di un patrimonio unico al mondo, non sono riusciti ad influenzare positivamente la qualità progettuale dei nuovi insediamenti. Non a caso, pur con diversità più o meno positive a livello nazionale, le periferie si assomigliano tutte, prive di quella caratterizzazione urbana e sociale che sola può renderle per definizione “città”. Per contro, invece, i nostri centri storici tutti, piccoli o grandi che siano, mantengono ancora, nonostante l’incombenza di un sempre più diffuso degrado, una loro diversa riconoscibile identità.
E, nella maggior parte dei casi, è proprio questa identità che da sola costituisce un valore aggiunto (storico, ambientale, culturale e sociale) per l’intera città e per il Paese. Così come conservano ancora un grande valore quei paesaggi, ancora per fortuna numerosi, che, fuori e lontani da immediate e facili possibilità di rendita, sono stati sottratti alla logica del consumo, correttamente tutelati e garantiscono oggi, proprio ancora per la loro integrità, il sistema infrastrutturale paesaggistico da sottoporre a tutela attiva e valorizzazione.
Tutto ciò nonostante siano state emesse, nel corso degli anni, diverse leggi sia a livello nazionale che europeo, che imponevano rigorose attuazioni di tutela, ma che non hanno avuto sufficiente riscontro da parte dei Comuni.
Ho avuto occasione, prevalentemente per motivi di studio e di lavoro oltre che turistici, di viaggiare e conoscere quasi tutte le città italiane: da Firenze a Venezia, da Milano a Roma, da Catania a Nuoro, da Palermo a Cagliari, da Alghero a Trieste, ecc… Ma per fare una sintesi nell’analisi dello stato ambientale del nostro Paese voglio fare riferimento alle realtà territoriali in cui ho vissuto e ancora vivo. Innanzitutto Bologna e più in generale l’Emilia Romagna dove per altro ho avuto l’occasione di redigere negli anni ‘80 il Piano Paesistico Regionale che è riuscito in gran parte a salvaguardare una delle regioni più interessanti ed articolate del Paese. Questa regione infatti è attraversata da Est ad Ovest dalla via Emilia, lungo la quale sono insediate tutte le città,da Piacenza a Rimini quasi a costituire una unica città lineare, dai confini con la Lombardia fino alla costa Adriatica. Inoltre tutto il territorio regionale è attraversato a pettine da corsi fluviali che dagli Appennini, attraversando le città e la pianura, scendono arrivando al Po, e arricchendo con il verde e i Parchi fluviali tutto il territorio regionale. Infine la zona costiera che inizia dal Parco del Delta, un Parco che supera per dimensione e bellezza il tanto decantato Parco francese della Camarge. In gran parte le caratteristiche ambientali e culturali di questa Regione sono state salvaguardate, sia dalle leggi regionali che dal Piano Paesistico, ma di recente una esperienza di pianificazione comunale ha dimostrato che si può ancora migliorare. Mi riferisco al Comune di Rimini dove una esemplare attività di restauro di tutti i monumenti storici esistenti e ormai in disuso (dal Ponte di Tiberio al tempio Malatestiano, dal Teatro di Fellini al Palazzo Comunale e alla bellissima Piazza Centrale) e la realizzazione di un Parco verde che scorre lungo tutta la riviera, ha trasformato Rimini da semplice città turistica in città sede di un patrimonio storico culturale di grande interesse.
Ma un ambiente particolare e variegato (fino a pochi anni fa non sufficientemente propagandato) lo si trova in Puglia, l’altra regione in cui passo mesi di vita. Conobbi Lecce, città bellissima, tanti anni fa, ma solo nei primi anni del 2000 ho potuto conoscere, apprezzare e vivere una realtà regionale particolare. Innanzitutto la città di Bari che oltre ad un centro storico realmente tutelato, rappresenta con la zona “murattiana” che si snoda lungo tutta la costa, un esemplare unico di ambiente urbano. E poi Otranto e Lecce, città unica ed eccezionale, ma la realtà che più mi ha colpito e indotto a viverci almeno tre mesi all’anno, è il Salento. Un insieme di piccoli Comuni, ognuno con la propria caratteristica, dotati ciascuno della Piazza, di Palazzi signorili, alcuni dei quali veramente eccezionali, nonché ciascuno della propria Cattedrale, attorno a cui si snoda un piccolo centro abitato. Un territorio dotato di forti caratteristiche ambientali e culturali, dove però solo di recente si è cominciato a ristrutturare le tante vecchie abitazioni anziché costruire nuovi insediamenti residenziali che nulla hanno a che spartire con il territorio esistente. E anche qui, come in Emilia Romagna, c è una continuità urbana tra un Comune e l’altro che consente di passare con facilità da una parte all’altra della costa senza interrompere mai la vista di un territorio quasi magico, che unisce terra e mare come fosse una unica città che presenta le proprie diverse caratteristiche ambientali. (di Felicia Bottino)
Bolognese, architetto e urbanista, negli anni Novanta assessore regionale dell’Emilia Romagna all’Urbanistica e successivamente alla Cultura, Turismo e Qualità Urbana. Già professoressa ordinaria di Urbanistica allo IUAV di Venezia, autrice del Piano della laguna veneta, della ricostruzione di Napoli e di numerosi altri. Recentemente autrice dell’autobiografia “La vita che ho voluto”.