Già altre volte mi ero rivolto alla sua cortesia per le mie ricerche in America su Sigismondo Castromediano, il “duca bianco” di Cavallino, ma questa volta era lui a chiamarmi per annunciarmi un viaggio in Italia con una “deviazione” in Puglia che ci avrebbe forse fatto incontrare. Sto parlando di John Greenfield, insegnante a Chicago, che mi era stato indicato la prima volta dal collega bibliotecario della London Library come esperto di storia del Risorgimento, ma soprattutto di poesia e letteratura italiana. Mi chiedeva un elenco di libri sui quali documentarsi, per farsi un’idea del meridione, che naturalmente non conosceva, ed ovviamente – precisò – dovevano essere in lingua inglese ed eventualmente reperibili nelle biblioteche della sua città. Mi fu facile stilare una bibliografia e comunicargliela dopo poco tempo, da Berkeley a Brydone, da Ramage a Swinburne a Keppel Craven: erano autori che avevo già incontrato, ma vi aggiunsi Manfred’s Land di Janet Ross e In the heel of Italy di Martin Briggs che avevano goduto di notevole fortuna grazie a moderne ristampe e traduzioni, e non senza una punta d’orgoglio la Storia di Lecce di Pietro Palumbo e la Leuca salentina di Giacomo Arditi, curata da me, aggiungendo però che se li avesse trovati avrebbe dovuto leggerli in italiano. Erano anni in cui non dominavano ancora la scena i cellulari, evidentemente dovette avermi cercato – e ripetutamente, mi informò poi – al mio numero fisso, sta di fatto che in quell’occasione non fu possibile incontrarci: ma lui venne nel nostro Paese nell’estate 1991 ed attraversò la Puglia prendendo nota delle sue esperienze di viaggio con l’intenzione di raccoglierle e poi pubblicarle. Conclusione, e per non farla troppo lunga, circa un anno fa mi giunse da lui una mail con allegato il “ricordo” che lessi tutto d’un fiato riproponendomi di farlo tradurre e pubblicare – almeno quello – in qualche nostra rivista, ricca di cultura ed attenta all’opinione che gli altri hanno di noi. Lo affido ora alle pagine di “In Puglia tutto l’anno” che ritengo più sensibile a questo genere di scritture e voglio che sia un omaggio all’amico John, alla sua passione per l’Italia e alla sua “prima volta” in Puglia, che lo rivela oltre tutti gli altri pregi, un esperto anche di gastronomia ed un raffinato buongustaio. Il titolo mi è stato suggerito dal celebre film di Vincent Minnelli del 1952 su musiche di Gershwin, “Un Americano a Parigi”, che non so se molti ricordano ma che è passato in tv di recente. Sono sicuro che sarà contento della sorpresa e vuol dire che la prossima volta – come gli ho già anticipato – il caffè da Alvino in piazza S. Oronzo lo prenderemo insieme.
“Paragonare la Puglia a qualcosa d’altro non le rende giustizia. Il tallone d’Italia è certamente assai più complesso ed assai più variegato – in termini di cultura gastronomia architettura e storia – per essere classificato sotto un’etichetta ordinaria. Sono giunto a Bari, la metropoli della regione, piuttosto stanco, quel genere di stanchezza per cui non sembra di aver mai dormito abbastanza: mi era capitato poche volte durante il viaggio e fu certamente un caso unico, avevo davanti a me un muro invalicabile e la fatica quasi si materializzava, era difficile combatterla. Ma improvvisamente e fortunatamente, in Puglia, mi sentii bene. Il ritmo dei giorni, lenti e afosi sembrava essersi adattato a quello dell’ospite viaggiatore che la percorreva senza fretta. Mi lasciavo andare alla brezza appena percepibile che mi trasportava da Bari fino a Lecce.
La prima sosta fu a Martina Franca, cittadina meravigliosa, posizionata su una collina da cui si dominano vigneti ed oliveti a perdita d’occhio. A pranzo mi affidavo a camerieri che si stringevano nelle spalle, mi sorridevano e si adeguavano a qualunque genere di richiesta io facessi: gustai le tipiche orecchiette con le rape e la crema di fave con cicorie, cibi d’altri tempi che avevano il profumo della campagna circostante. A cena poi l’immancabile capocollo, affettato di maiale che a Martina Franca può essere affumicato o aromatizzato con erbe e mandorle. E non potei rinunciare a provare la “puccia”, un morbido pane ripieno di ingredienti a scelta, e giù a Lecce di “pezzetti” di carne di cavallo.
In uno stato quasi di sogno attraversavo la regione seguendo strade non sempre asfaltate e qualche volta sentieri polverosi che mi conducevano in frazioni-fantasma e minuscoli paesi nei quali era difficile trovare persone che avessero meno di 70 anni. Era difficile per me districarsi in quel labirinto, scommettevo con me stesso che ce l’avrei fatta a trovare una spiaggia e spesso ci riuscivo. Ma chiaramente graffiavo solo la superficie: la Puglia, città dopo città, paese dopo paese, richiede visite ripetute, ma per me questa volta rappresentò solo una pausa ideale ed una piccola parte di un viaggio in cui l’ultima cosa che avrei mai potuto desiderare era un itinerario condizionato dal tempo e dalla fretta.
La Puglia è giustamente orgogliosa dei suoi chilometri di costa: spiagge di sabbia finissima o invitanti scogliere sono qui a portata di mano. Sentivo ripetere più e più volte un nome, Polignano a Mare, una cittadina affacciata sul mare che oserei definire bizzarra, con una spiaggia di ciottoli bianchi incastonata nella scogliera. Volevo passarci il fine settimana ma la trovai troppo affollata per i miei gusti e mi spostai un paio di kilometri più avanti, a San Vito, meno affollata, con un piccolo approdo gremito di barche da pesca verniciate a colori sgargianti ed una maestosa abazia del X secolo che fa da sfondo. La prima volta che si vedono i trulli, le tradizionali costruzioni a cono disseminate nella Valle d’Itria nel cuore della Puglia, è facile immaginare di trovarsi sul set di un film fantasy. Sono troppo strani per essere reali, bianchi nel loro intonaco, con la parte superiore a pietra viva degradante che culmina in una punta spesso decorata con simboli religiosi o astrali. E lungo le strade li vedi dovunque. La maggiore concentrazione è ad Alberobello, dove furono costruiti in maniera direi intensiva ed alcuni risalgono al XV secolo: oggi appartengono al Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Naturalmente sono attrattori del turismo in Puglia. Le teorie sulla loro primitiva utilizzazione sono diverse, ma si è orientati a pensare che fossero originariamente ripari o depositi temporanei o più correttamente strutture di supporto ai lavori agricoli. Passai un intero pomeriggio vagabondando in paese fra i trulli, ma poi con maggior profitto passai a quelli disseminati nelle campagne e, cosa sorprendente, riuscii a trovare alloggio in una tipica masseria pugliese, una specie di fattoria, nella quale fui ospitato per una notte.
Ero passato in agro di Martina Franca, e posso dire che l’unico “disturbo” mi fu procurato da un paio di piccoli cavalli neri che si muovevano attorno al mio trullo, per la loro passeggiata mattutina sotto il controllo dell’allevatore. Trattenetevi a parlare con un pugliese ed inevitabilmente, prima o poi, l’argomento cavalli spunterà fuori. Il cavallo Murgese infatti, dal pelo nero lucente e di costituzione robusta, è allevato in questa zona da almeno 500 anni, ed è apprezzato per la sua versatilità in agricoltura ed in equitazione. Oggi ovviamente allevarlo è solo una questione di orgoglio. Attraverso una serie di incontri fortuiti ebbi la possibilità di visitare, fuori Martina, un allevamento di questi cavalli, dove sono stato accompagnato dalla polizia locale: un austero ufficiale, impettito nella sua divisa, fece sfoggio della sua cultura intrattenendomi con storie di falconeria e dei cavalli preferiti da Re Ferdinando. E qualche ora dopo mi toccò ascoltare l’elogio del Murgese preferito dal proprietario della masseria costellata di trulli, uno stallone dal temperamento focoso, abituato ad andarsene in giro nei dintorni dopo il tramonto, fondendosi con il cielo notturno, evento imprevisto che mi fece ritardare ulteriormente.
Altre località meriterebbero un viaggio ad hoc se non altro per amore della novità, specialmente dal punto di vista geografico, come nel caso di Santa Maria di Leuca, che si trova giusto alla punta del tacco, dove il mare Adriatico e lo Jonio si incontrano. E qui il più bel momento della giornata è il tramonto, quando il visitatore può salire, percorrendo centinaia di scalini, sino in cima al faro, che proietta la sua luce fino a 300 miglia ed oltre sulla superficie del mare.
Da questa tranquilla località di mare, giusto in un’ora di viaggio, si può raggiungere nell’entroterra Lecce, il capoluogo, dove il sole riverbera sulla pietra locale e dove le strade sono “inselciate” e pulite. E a Lecce è d’obbligo una sosta al caffè Alvino: è una meta turistica, certamente, ma ha un fascino tutto particolare e vi si può gustare il tradizionale “pasticciotto”, uno squisito dolce alla crema che va accompagnato con un caffè leccese, cubetti di ghiaccio e qualche goccia di latte, altra tipica specialità da non perdere. Dopo averlo assaggiato ne ordinerete sicuramente un altro.
Ultima raccomandazione: se volete trattenervi più a lungo prendete un volo fino a Bari ed un’auto a nolo per Martina Franca, Lecce, e le altre località: solo così potrete godervi tutte le bellezze di questa regione che non dimenticherò mai”.
di Alessandro Laporta