di Francesco Paolo Pizzileo
Nelle campagne interne al territorio di Crispiano, su un tratturo di collegamento tra l’Appia e la Traiana, al confine con Massafra, zona Carucci, si trova l’antica Cripta ipogea di San Possidonio.
Non è un luogo frequentato, né si arriva agevolmente, né ci sono chiare indicazioni per raggiungerlo. Eppure è affascinante la storia di questa chiesa rupestre tra il VI e il X secolo, i cui dipinti purtroppo sono stati trafugati con lo scalpello e quelli rimasti sono sbiaditi dal dilavamento.
Ma chi era San Possidonio?
Sulla sua storia gli agiografi ancora disputano. Una decina di anni fa, il compianto storico locale prof. Angelo Carmelo Bello, nel suggestivo scenario crispianese della Torre Mininni, relazionò in maniera magistrale su “San Possidonio: da Crispiano a Mirandola, verità o leggenda?”. Sì, perché questo santo è il patrono di questa cittadina e di un’altra, che porta il suo nome, nel modenese, per cui il mistero della cripta si infittisce.
Il nome della Cripta, San Possidonio, si fa derivare da due fonti differenti: dall’anacoreta tebano Possidonio oppure dal vescovo Possidio di Calama, biografo di Sant’Agostino.
Fino agli anni ’40 del secolo scorso, la gente di campagna ricordava che un tempo lontano nel territorio crispianese c’era un vescovo africano (immaginato di pelle scura) sepolto nella cripta Carucci (ora San Possidonio).
Si accede alla chiesa, passando dall’uscio di un lucernario e scendendo alcuni gradini. Ci si ritrova in una piccola camera con l’abside in fondo e una piccola navata laterale destra che porta alla grotta in cui era sepolto il Santo. Incantano i non pochi graffiti e altri simboli come le croci scolpite sugli stipiti dell’ingresso e il nodo di Salomone sulla calotta absidale, un simbolo molto antico, si pensa legato alla magia e ai Templari; ecco perché la Chiesa ne prese le distanze.
Le croci scolpite sullo stipite hanno forma differente, ma una in particolare pare sia l’unica presente nelle centinaia, se non migliaia, di chiese rupestri della nostra regione. Se la osserviamo, notiamo il segmento superiore più lungo di quello inferiore, come la croce di San Pietro, quelle che si trovano nelle chiese dell’Africa settentrionale. Ed ecco che ci risiamo con un pezzo di Africa nella nostra terra!
Andando via, il visitatore prova una forte sensazione: questa cripta rupestre emana tutto il suo carisma di luogo sacro. Tutt’intorno la tranquilla e silenziosa macchia mediterranea si estende a perdita d’occhio.