Pugliese, di Francavilla Fontana, laureata in Medicina presso la Università di Napoli, si è poi specializzata in Pediatria e in Scienze dell’Alimentazione. Dirigente medico responsabile della Unità operativa dipartimentale di Igiene della Nutrizione (SIAN) presso il Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria locale di Brindisi fino al 2015. È stata presidente dell’European Childhood Obesity Group e componente del comitato tecnico del programma “Okkio alla Salute” del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Membro del consiglio direttivo nazionale della Società Italiana dell’Obesità e componente del direttivo della Società italiana di nutrizione pediatrica. Già componente dell’European Chilhood Obesity Task Force, è stata il responsabile scientifico della validazione delle nuove curve di crescita dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Europa. È esperto per 4 Direzioni Generali della Unione Europea e frequentemente Temporary Advisor per la OMS. Autrice e co-autrice di oltre 150 pubblicazioni scientifiche e 5 libri sulla obesità in età e l’educazione alimentare.
- I suoi impegni professionali sono immensi. Essere donna l’ha mai penalizzata?
«No, per niente. Non ho mai avuto problemi dai colleghi. se però intende problemi nell’integrare lavoro e famiglia devo dire che io sono “zitella di ruolo” e quindi ho potuto dedicarmi al lavoro senza avere doveri famigliari a cui assolvere».
- L’essere nata in una terra ricca di biodiversità, quanto ha influito sulla scelta degli argomenti trattati durante la sua carriera?
«Probabilmente, ma a livello inconscio. Certo l’essere pugliese mi ha permesso di apprezzare tutte le diversità della vita dall’alimentazione, alle tradizioni popolari, alle religioni, agli stili di vita. A tutto ciò che rende la vita bella e interessante da vivere».
- Pediatra e specializzata in nutrizione pediatrica. Quanto pensa ci sia ancora da lavorare con le famiglie su questo argomento?
«Tantissimo. Questa è una lotta continua contro una disinformazione forte da parte di alcune industrie alimentari che non hanno proprio a cuore la salute delle persone e che propongono stili alimentari volti a procurare maggiori introiti economici, ma che non influenzano positivamente la salute dei bambini di ora e che saranno gli adulti di domani. Mi riferisco all’uso eccessivo di zuccheri, grassi e sale in molti dei prodotti preconfezionati pubblicizzati come adeguati, se non addirittura ideali, per il consumo da parte dei bambini. Noi viviamo in una regione che ha disposizione le migliori scelte alimentari in senso di salute e gusto e mi piacerebbe tanto che le famiglie dessero il meglio di entrambe ai bambini».
- “Trecentosessanta volte a favore dei bambini”. Lei sostiene che “creare un ambiente di cura in cui i bambini possano essere curati con il massimo della competenza e senza rinunciare all’affetto della famiglia di origine” sia un aspetto fondamentale da implementare nella Sanità Pugliese. Sta avendo dei riscontri?
«Io faccio parte del comitato scientifico di TRIACORDA, l’associazione che sta cercando di creare il polo di eccellenza pediatrica in Puglia. Ne faccio parte perché credo fermamente che il rimanere vicino alle proprie radici, ai propri affetti ed alle proprie abitudini sia parte importante del successo di una terapia. Se questo è vero per gli adulti è ancora più vero ed importante per un bambino quando si ammala di una malattia cronica o particolarmente grave che impegna tutta la famiglia nel processo di guarigione. Spero che finalmente la politica decida di supportare con azioni la creazione di questo polo che fra l’altro porterebbe anche credo un certo risparmio economico alla regione perché bloccherebbe le migrazioni di speranza verso altre regioni».
- Quale consiglio darebbe alle ragazze desiderose di intraprendere gli studi per diventare medico?
«Chi decide di diventare medico lo decide per passione e la passione abbatte tutti gli ostacoli. Le ragazze che vogliono diventare medico non devono dimenticare che questa è una professione che richiede sacrifici, molti sacrifici mentre si studia, ma soprattutto quando la si esercita. Per un medico non ci sono domeniche o feste comandate ed anche la famiglia va un po’ in secondo piano. E non sempre si salvano vite: i pazienti petulanti, impazienti e pretenziosi sono un gran numero e talvolta ci si perde la pazienza e il piacere di lavorare. Poi arriva la persona che ha bisogno, che ha fiducia, che si affida e la volontà di aiutare, di curare torna forte, fortissima e si dà l’anima e non si dorme di notte per capire se si sono affrontati tutti gli aspetti della malattia, se non si è trascurato qualcosa. Ma l’aspetto più bello del mio lavoro è quello di diventare un modello per i bambini di cui mi sono presa cura. La mia più grande gioia è sapere che 15 dei bambini che io ho curato nella mia vita professionale da grandi sono diventati medici “come la mia dottoressa”…»