di Maria Rita Pio
ERBE SPONTANEE
L’attenzione che la ricerca scientifica pone verso il cibo e la nutraceutica fa emergere l’importante contributo che le erbe spontanee e spontanee aromatiche danno a livello salutistico e nutrizionale. Le tantissime biodiversità, alcune presenti in tutte le regioni, altre autoctone, aiutano a definire l’identità di un luogo.
Il recupero delle erbe spontanee contribuisce alla difesa delle biodiversità ma soprattutto alla difesa della memoria sociale e culturale del luogo. Gli ultimi anni hanno visto il fiorire di tante associazioni promosse da esperti nonché da persone appassionate che, grazie al digitale trasmettono più facilmente conoscenza e passione; camminate nei campi, fare escursioni il cui scopo didattico è riconoscere le erbe spontanee, sono solo alcuni esempi di come difendere questi valori.
I prodotti che si trovano 12 mesi su 12 al supermercato, hanno fatto perdere stagionalità e gusto, ma contemporaneamente hanno risvegliato la voglia di ritrovare il “gusto vero” tornando istintivamente a raccogliere ciò che la natura offre “quando” lo offre, riportandoci a fotografie familiari, sociali, proprie di una tradizione culinaria e religiosa di luoghi e tradizioni portate nei secoli passati dalle civiltà che si sono via via avvicendate.
Le carestie hanno spinto l’uomo a cercare soluzioni nella natura, ma con l’avvento dell’era industriale ci si è allontanati da essa maltrattandola, ignorandola, e finendo per comprometterne gli equilibri. Fortunatamente le nuove generazioni vanno controtendenza guardando alla terra e i suoi prodotti con occhi diversi; cominciano a distinguere tra erbe ed erbe spontanee, ed è sempre più forte la presa di coscienza del sostenibile e dell’importanza di proteggere la biodiversità. Il risultato è che il gusto del prodotto “comodo” sta perdendo terreno.
Storicamente, le erbe svolgono un ruolo importante anche nella medicina: da secoli, infatti, monaci di vari Ordini sono grandi custodi di infusi, unguenti, pomate, elisir, distillando erbe per estrarne sostanze curative. Chi di noi non ha conosciuto un’anziana o una nonna che ha curato un raffreddore, un mal di pancia, un reumatismo con impacchi e infusi?
Benché il periodo più produttivo cominci in marzo, la molteplicità delle qualità esistenti fa sì che la raccolta possa durare tutto l’anno.
Le erbe spontanee, alimento forzato dei poveri per arricchire i piatti, si è scoperto invece alimento sano e nutriente. Fanno parte della tradizione gastronomica di piatti tipici come la purea di fave accompagnate dalle erbe di campo bollite o saltate in padella, il tutto condito con il favoloso olio EVO.
Come raccoglierle e quali sono
La terra si risveglia e sta producendo nuova vita, nei campi è il momento di raccogliere le erbe spontanee o “foje reste o creste” (verdure selvatiche) o “foje mbiscate” (verdure miste). Quando cammino nei campi non vedo erbacce ma cibo, come è possibile ignorarlo? Non raccoglierlo? Molti le ritengono infestanti come la procacchia (portulaca) che invece è buonissima, bellissima e salutare. Il gusto del passeggiare in campagna a raccogliere le erbe è un’esperienza che rimane nell’anima, i profumi in primavera e i colori della terra ricoperta di verde nel pieno della ripresa produttiva riempiono gli occhi e stimolano i sensi.
Si raccomanda di raccoglierle lontano dalle strade e dagli allevamenti, ci sono sostanze che si depositano o vengono assorbite che non sono allineate con il nostro organismo e non portano benefici. Si deve usare un coltellino affilato per permettere un taglio pulito alla base della rosetta lasciando intatta la radice per nuove produzioni (proprio come si fa con i funghi); si raccolgono prima che la pianta fiorisca, risultando così poco amare e tenere.
Con il termine “foje reste o creste” si intende una miscela di qualità diverse di erbe che rendono veramente unico il risultato. I loro nomi dialettali sono: cicoreddhe, sprusciuni, zanguni , tarassaco, paparina, lingua te cani, cardi e rucola, ma anche malva, finocchio selvatico, finocchio marino, ortica, asparago selvatico, bietola selvatica, melissa, sambuco, lampascioni, viola odorosa, menta, erba cipollina, aglio selvatico.
PAPARINA: ovvero la pianta del papavero prima della produzione del fiore, la troviamo all’inizio della primavera.
TARASSACO: conosciutissimo per il fiore di colore giallo che al culmine della fioritura si trasforma in soffione. Tutti lo abbiamo fatto: incontrando un soffione non possiamo fare a meno di raccoglierlo e soffiarci sopra. Questi candidi ombrellini, delicati, soffici e leggeri trasportano il seme. Ci penserà il vento a staccarli, oppure il soffio di un bambino. La pianta si raccoglie prima della fioritura, il suo sapore è amarognolo ed è ricca di ferro, diuretica (chiamata per questo anche piscialetto) e depurativa del fegato. Si consuma lessata o saltata in padella. Anche i boccioli dei fiori si raccolgono e si conservano nei vasi con l’aceto, contribuiranno ad arricchire le nostre insalate.
ZANGUNE: o Sivoni (crespigno) usata cruda in insalata o cotta con altre erbe di campo saltate con peperoncino e aglio. Ha proprietà depurative, diuretiche, stimolante della bile e depurante del fegato.
MALVA: si usano le foglie nelle zuppe, si preparano deliziose frittate, mentre i fiori si mettono nell’insalata; ovviamente ha anche delle proprietà benefiche: la più nota è quella emolliente e lenitiva delle mucose.
FINOCCHIO SELVATICO: o finocchietto; le foglie raccolte tenere si usano nell’insalata o negli arrosti di coniglio. Le infiorescenze si raccolgono e si mettono sotto aceto per insaporire insalate di patata o come ingrediente essenziale della “pitta” di patate. Cresce tutto l’anno, è considerata una pianta infestante. Le troviamo ad adornare le strade di campagna e ovviamente nei campi.
FINOCCHIO MARINO: molto simile come infiorescenza al finocchio selvatico, non cresce in altezza, si raccoglie lungo le costiere, aroma buonissimo per insaporire insalate, le foglie si possono mettere in vaso con l’aceto. Ma il consumo più popolare vede i finocchi marini lessati e conditi a strati con menta, aceto, olio e pangrattato. Ricco di vitamina C, calcio e antiossidanti.
LAMPASCIONI (muscari) Ormai la loro popolarità ha varcato i confini regionali; bisogna scavare per raccogliere il bulbo, simili ad una piccola cipolla, amarognoli, croccanti, insaporiti con erbe aromatiche in insalata; si possono friggere oppure si preparano sottolio per gustarli fuori stagione. Producono un fiore bellissimo. Ricchi di fibre, utili contro la stitichezza, ricchi di flavonoidi, emollienti, antinfiammatori.
SAMBUCO: Lo troviamo a formare arbusti, molto diffuso lungo le linee ferroviarie, usato come arbusto ornamentale nei parchi. Si usano i fiori per farne frittelle, aceto di sambuco e lo sciroppo, con i frutti si preparano marmellate e liquori.
CICOREDDHA: o cicoria selvatica. Si consuma cruda in insalata, mista con altre erbe o cotta con olio EVO, oppure saltata in padella con olive nere e peperoncino nel trittico paparina-cicoreddhe-zangune;in casa mia si aggiunge la rucola. I benefici della cicoreddha sono depurativi, lassativi. È considerata prebiotica perché nutre i batteri buoni dell’intestino. Non potete non ricordare nei racconti della nonna il caffè di cicoria, appunto, la sua radice veniva tostata e usata al posto del caffè che era diventato introvabile o costosissimo. Per chi volesse provare il caffè di cicoria lo può trovare nei negozi di prodotti naturali. Spinta dalla curiosità o meglio dalla solidarietà per i racconti di mia nonna e mia madre l’ho comprato, provato e chiuso in fondo alla credenza: il gusto è amaro, amaro, amaro.
MARASCIULI, SINAPUZZI: o senape selvatica; li troviamo nei vigneti e in particolare negli uliveti, hanno un fiore bianco.
TARATUFFULI: Topinambur:Si consuma il tubero, produce delle margherite di colore giallo, sono bellissime in piena fioritura che comincia a fine agosto e dura tutt’ottobre, una bellissima compagnia verso l’autunno. Il periodo di raccolta di questo tubero va da ottobre a dicembre. I tuberi spontanei, simili alla patata, sono adatti al consumo da parte di diabetici, sono ricchi di inulina che è uno zucchero complesso. Nella cucina si prestano a numerose ricette, come la patata. Nella mia infanzia venivano preparati semplicemente bolliti e conditi con olio EVO.
ORTICA: Tutti abbiamo avuto un incontro pruriginoso e irritante con questa pianta. Opportunamente protetti da guanti, si raccolgono le foglioline giovani per farne frittate, minestre; aggiunta nell’impasto della pasta al posto degli spinaci regala, un’aromaticità che lega benissimo con un ragù di funghi. Le sue proprietà sono diuretiche, depurative, ricca di sali minerali, vitamine.
ASPARAGO selvatico: L’asparagina selvatica si raccoglie da fine marzo a fine giugno. In alcune regioni la raccolta è stata regolamentata perché questa pianta è stata abusata e maltrattata nella raccolta. Si prelevano solo i germogli detti Turioni; non abbiamo limite nell’utilizzo in cucina: dai risotti, frittate, saltati in padella e tanto altro.
MAMMOLA odorosa: in primavera la troviamo anche vicino ai muretti a secco, profumata, bellissima. Il fiore lo si usa candito in pasticceria oppure fresco nell’insalata o per guarnire risotti.
UTILITÀ
Bisogna fare attenzione nel raccogliere le erbe spontanee, si deve essere sicuri di conoscerle, molte erbe non commestibili, somigliano a quelle commestibili.
Ad esempio il sambuco commestibile “sambucus nigra” è un arbusto alto e le sue bacche mature sono penduli; il sambuco non commestibile “sambucus ebulus” è una pianta che non ha la crescita arbustosa ma rimane bassa e le bacche mature non sono penduli ma rimangono rivolte in alto.
RICETTE
Burro all’aglio selvatico
200 gr di burro, 40 gr di aglio selvatico, pepe
Lavorate il burro fino renderlo spumoso (potete usare una frusta elettrica), tritate finemente l’aglio, aggiungete il burro, il pepe. Amalgamate date forma di un salame e avvolgete nella pellicola, mettete in frigo qualche ora. Consumatelo su crostini, carne, risotti o dove più vi gusta.
Sagne ‘ncannulate con il Pesto di primavera
Un mazzetto di erbe selvatiche come, rucola, ortica, borragine, paparina, tarassaco, cardo, asparagina, menta, ovviamente le erbe che più vi piacciono e che avete a disposizione. Mandorle o noci tostati parmigiano, olio EVO
Pelate una cipolla bianca e fatela appassire in padella con olio EVO (siate generosi), aggiungete le erbette lavate accuratamente e sminuzzate. Fate cuocere con mezzo bicchiere d’acqua aggiungete sale e pepe. A cottura ultimata (non dirò quanti minuti, devono risultare morbide) e con l’acqua fatta evaporare trasferitele in un mixer, aggiungete del parmigiano e delle mandorle tostate, frullate tutto fino a ridurre in purea. Aggiustate di sale e olio. In una padella a parte fate cuocere della salsiccia ridotta a pezzettini e abbrustolitela leggermente. Cuocete le sagne ‘ncannulate e conditele con la salsiccia e il pesto alle erbe. Tocco finale di mandorle tostate tritate.
Se preferite un risotto, preparate la base con il riso mantecato con il parmigiano, impiattate con al centro la stracciatella e il pesto a piacere.
Frittelle di fiori di sambuco
10 fiori si sambuco, 100 gr di farina 00, pizzico di sale, acqua frizzante freddissima q.b., zucchero a velo o grezzo, olio per friggere.
Preparate una pastella (che non deve essere molto densa) con l’acqua fredda frizzante, mettetela in frigo a riposare. Nel frattempo lavate i fiori interi e con il gambo e fateli asciugare. Portate l’olio a temperatura, tuffate i fiori nella pastella e metteteli nell’olio con il gambo rivolto verso l’alto, circa 2-3 minuti e sono pronti, nel piatto spolverate con lo zucchero. Alcuni aggiungo zucchero nella pastella.