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mercoledì, Novembre 27, 2024

Intervista a Rocco Palese, assessore regionale alla Sanità. Il nostro impegno nella post pandemia

a cura di Gioia Catamo

Rocco Palese

Rocco  Palese, neo Assessore alla Salute della Regione Puglia.Medico, salentino di Acquarica del Capo, già Presidente della Commissione Sanità in Consiglio regionale nel 1995. È stato segretario del CDU nel ’96 e Assessore al Bilancio e alla Programmazione per la giunta guidata da Raffaele Fitto. Eletto Deputato alle elezioni politiche del 2013, aderisce a Forza Italia e nel 2015 ai Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto. Nel 2017 torna a Forza Italia e nel 2018 è tornato a dirigere il Distretto Sanitario di Gagliano del Capo. Dal 3 febbraio scorso è stato nominato da Michele Emiliano Assessore alla Salute della Regione Puglia. Scelta “tecnica”. È un momento di emergenza nazionale. Ed è un governo di emergenza che coinvolge tutti (quasi) a sostenere questa fase.

 

 



 

E anche la Puglia vive questa drammatica emergenza. Quindi la scelta di Emiliano è in linea?

«Sì, la scelta del Presidente Emiliano è in linea con quella operata in campo nazionale dal Governo Draghi. Emiliano l’ha annunciata, l’ha spiegata successivamente in tutti i modi. Non siamo ancora fuori dall’emergenza Covid, e l’emergenza si può superare solo se si è uniti, come è avvenuto in passato quando l’unità nazionale permise di abbattere il terrorismo. Oggi siamo in un contesto di guerra, per giunta con un avversario imprevisto, imprevedibile, ma soprattutto invisibile, che è il virus: ognuno di noi deve cercare di dare il meglio di sé perché questa battaglia, in un contesto di emergenza sanitaria, economica e sociale, o la vinciamo o la perdiamo tutti insieme».

Ha avuto qualche perplessità prima di accettare questo incarico?

«Io vengo da un’esperienza degli ultimi quattro anni, al di là delle esperienze politiche, che mi ha visto in prima linea e in trincea nel dirigere un distretto socio sanitario, nell’impiantare, organizzare ex novo un hub vaccinale per somministrare vaccinazioni a tutte le fasce di età, un hub che ha superato le 1.500 somministrazioni al giorno. Quindi da questa trincea non mi è stato difficile accettare, non ho avuto problemi, anche perché sono oltre modo convinto e sostenitore della linea che è stata seguita a livello nazionale e anche dal Presidente Emiliano. Ho accettato la sfida e spero di non deludere. Non ho bacchette magiche, la situazione è molto impegnativa e spero di poter aggiungere la mia esperienza, la mia passione e il mio impegno per cercare di migliorare quanto possibile questa situazione».

-I problemi della sanità pugliese sono tanti. E in questa fase di pandemia si sono accentuati. Il tremendo terremoto Covid fa sentire ancora forti le sue scosse. Tanto ci sarà da fare. Da dove intende iniziare?

«Intanto il Sistema Sanitario pugliese, così come quelli delle altre Regioni e quelli degli altri Paesi, è fortemente provato e stremato dall’impegno che si è profuso per combattere la pandemia. Abbiamo avuto più di 100.000 morti e ancora continuiamo ad avere morti giornalmente, non ne siamo ancora fuori. Tanti sono anche i colleghi, medici, caduti durante l’emergenza. Io credo che qui bisogna che ci sia una forte coesione e un forte impegno, con la speranza che riusciremo ad uscire dalla situazione pandemica ed entrare in quella di endemia, di sorveglianza. Purtroppo questo virus ci ha ingannato più volte, pensavamo di esserne fuori dopo la prima ondata, poi abbiamo avuto la seconda, la terza e la quarta, adesso abbiamo anche Omicron2. Io penso che sostanzialmente c’è molto da fare, bisogna organizzarsi per la fase post-covid: finora siamo stati tutti impegnati a combattere la pandemia, a tenere i reparti covid, le rianimazioni, le terapie intensive, i ricoveri normali e le vaccinazioni, ma tutte le altre patologie non sono andate in vacanza. Abbiamo una serie di prestazioni sanitarie da affrontare, sia di natura chirurgica che medica, di prevenzione e di screening che non sono state purtroppo effettuate, sia per il lockdown, sia perché la gente ha paura di muoversi da casa e di andare negli ospedali. C’è un piano straordinario, il PNRR che è una grande opportunità e che ci darà una mano. Speriamo di fare le scelte più opportune e di uscire dalla pandemia quanto prima, di attuare un piano di rilancio e di realizzazione proposto dal PNRR che è il rafforzamento della medicina per assistenza territoriale. L’obiettivo è quello di realizzare in maniera funzionale la medicina di prossimità, la medicina territoriale e quella dell’alta specialità, quindi la medicina di precisione, personalizzata e preventiva. Questo è il programma».

 –La situazione generale richiede un immenso sforzo da parte di tutti. Come pensa di conciliare la sua posizione “diversa” politicamente con lo sforzo unitario per una sanità pugliese all’altezza del momento?

«Io non ho mai immaginato in qualsiasi contesto politico abbia operato, sia da studente sia durante la specializzazione all’Università, sia nel mio impegno politico, che la visione della Sanità possa essere di destra o di sinistra. La Sanità è tutelata dalla Costituzione, la fonte primaria è l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale che prevede una cosa straordinaria: l’accesso universalistico alle prestazioni. Queste sono le stelle polari che noi dobbiamo seguire, non quella delle appartenenze politiche. Quindi io non ho nessuna difficoltà ad affrontare il mio nuovo impegno in Regione».

-E guardando al futuro?

«Nella post-pandemia prevedo che occorrerà un grande sforzo, così come c’è stato per combattere il virus, siamo chiamati a ricostruire un nuovo modello di Sanità, così come previsto dalla missione 6 del PNRR: dobbiamo aumentare il contesto della cura negli ospedali degli acuti con la domotica, la digitalizzazione, l’innovazione delle grandi macchine, la risonanza magnetica, la tac in un sistema di emergenza urgenza ancora più efficiente, con la costruzione poi di tutta la medicina territoriale, con l’ istituzione degli ospedali di comunità, delle case di comunità, delle centrali operative territoriali, di una nuova medicina generale, di prossimità. Questo è il post-pandemia cui siamo chiamati e speriamo di fare bene e subito, facendo scelte qualificate in base ai vincoli e ai parametri, rispettando ciò che l’Europa ci ha dato».

-I medici “eroi” all’inizio della pandemia, con tanti caduti sul lavoro, ora vengono spesso additati e colpevolizzati per una gestione inadeguata. E tante sono le demotivazioni. Gli ospedali si svuotano. La medicina territoriale è insufficiente. Da medico, come vive questo scoramento? Quali le possibili forme di tutela?

«Qui bisogna stimolare la memoria e spostare le lancette. I medici sono stati in prima linea insieme a tutti gli operatori sanitari: infermieri e Oss. Noi abbiamo avuto 150.000 morti. Abbiamo avuto tanti colleghi che hanno preso il covid, tanti che sono morti a seguito di questa infezione e che non ce l’hanno fatta, quindi penso che, in linea con il Capo dello Stato, quando si tratta questo argomento si deve riconoscere la grande opera e il grande valore eroico che i medici hanno avuto in questa vera e propria guerra. Le forme di tutela sono quelle previste dalla legge, quelle assicurative, ma soprattutto le forme di rispetto dell’organizzazione. I vari sistemi sanitari devono prevedere forme di tutela e garanzia, norme di sicurezza generale, ma c’è una protezione di natura generale e culturale: i medici rimangono gli eroi, assieme ai tanti operatori, stremati, grazie ai quali abbiamo potuto fronteggiare quest’emergenza. Io ho vissuto in trincea, dalle 8 del mattino alle 11 di sera, per le somministrazioni di vaccino, anche a domicilio, nei reparti di rianimazione, assistendo a scene da un punto di vista umano anche atroci, alla sofferenza di persone che purtroppo non ce l’hanno fatta».

Quale consiglio si sente di dare alle giovani generazioni che vogliono intraprendere questa attività a difesa della salute, medici e infermieri, una volta mitizzata e oggi bistrattata?

Il consiglio che do è questo: la professione del medico non è come tutte le altre professioni. Si deve sentire la passione. È una missione. Non è solo laurearsi e raggiungere degli obiettivi con degli sforzi. Ci si deve impegnare, si deve studiare tantissimo, ma ci deve essere una grande passione nell’assistere i pazienti, soprattutto con un tratto umano. Molte volte una parola, un sorriso in più, vicino al letto del malato, valgono più di qualsiasi medicina».

Assessore, c’era tanto da fare. Oggi ancor di più. Tanto. Avrà poco tempo per riposare.

L’unica cosa che posso assicurare è mettere a disposizione tutta la mia esperienza amministrativa e di medico. Spero di fare del mio meglio, non ho bacchette magiche e non sono immune dagli errori. C’è bisogno del contributo di tutti, di un grande, enorme sforzo. Anche e soprattutto per l’attuazione del PNRR, che è una nuova sfida a cui siamo chiamati a dare il massimo impegno. Mai come in questa situazione occorre un grande senso di responsabilità e un grande sforzo, senza risparmiarsi. Serve dare il massimo per poter uscire da questa situazione e poter vincere questa guerra contro un avversario imprevisto, ma soprattutto invisibile.

Pubblicato il 4 aprile alle ore 10.30

 

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