San Marzano di San Giuseppe è l’unico casale della provincia di Taranto che conserva ancora inalterata nel tempo la storia del suo territorio attraverso l’antica lingua arbëreshe.
Il termine arbëreshe indica sia l’antica lingua albanese sia i discendenti dei profughi che, per fuggire alla dominazione ottomana e conservare la loro fede cristiana, tra il XIV ed il XVIII secolo, si stabilirono nell’Italia meridionale. Giorgio Castriota Scanderbeg è l’ eroe nazionale albanese che testimonia una delle pagine più importanti della storia del popolo balcanico, veniva chiamato “atleta di Cristo” e viene ricordato per la sua grandezza la sua scaltrezza e per la sua forza, esaltata dall’amore per la sua terra e per i suoi ideali religiosi e civili. Dopo la sua morte (1468), inizia il grande esodo del popolo albanese verso le coste italiane.
L’esistenza del casale di San Marzano è certa già nel XIII secolo anche se sono state riscontrate tracce di insediamenti medioevali più antichi in grotte vicine al Santuario della Madonna delle Grazie. La storia documentata ci racconta di come Il fondatore dell’odierno Casale di S. Marzano sia il Capitano albanese Demetrio Capuzzimati che acquistò nel 1530 sia il feudo S. Marzano sia il vicino Feudo denominato “Li Rizzi”.
La festa di San Giuseppe
L’origine della nostra festa è da ricercare in tempi lontani, quando nel 1866 la comunità sammarzanese, decise di non offrire gli annuali fuochi propiziatori al Santo. Durante la notte fra il 17 e 18 Marzo un violento nubifragio si abbatté su San Marzano distruggendo vegetazione, campi e colture. Il mattino seguente si iniziò a pensare che San Giuseppe avesse voluto, con quel gesto, punire i propri fedeli per aver trascurato la propria ricorrenza. A quel punto si decise di offrire un solo fuoco, questa volta più grande, proprio nel centro del paese. Tutta la cittadinanza accorse portando con se legna e fascine è da questo momento in poi ha origine la tradizione della processione delle fascine per accensione del tradizionale “fucarazzu” o “zjarrë i madhë”. Sempre nello stesso anno il 7 settembre con delibera comunale si decretò che a San Marzano fosse aggiunto il suffisso di San Giuseppe per suggellare il proprio legame al Santo. Da allora la festa patronale è vissuta ancora oggi come un appuntamento corale importantissimo che si esprime essenzialmente con i riti devozionali della processione delle legna e dell’accensione di un falò alla periferia del paese, il giorno della vigilia. È sicuramente difficile spiegare a parole a chi non è di San Marzano il significato profondo della festa di San Giuseppe, le emozioni e le sensazioni che da ormai 150 anni coinvolgono la comunità locale. Questa parte della tradizione è tanto importante quando l’identità arbëreshe: seppure siano due tratti distinti della nostra storia, in questa particolare ricorrenza diventano l’una parte dell’altra, regalando a chi osserva l’immagine della nostra identità.
Le azioni della festa si ripetono di anno in anno da allora, in un appuntamento a cui nessun sammarzanese vuole mancare osservando cadenze e tempi rigidi e stabiliti. La cittadinanza organizza con settimane di anticipo l’allestimento e la preparazione dei pani tradizionali, dei tredici piatti e delle cosiddette “mattre”. Al mattino del 18 marzo, si radunano le ceste ricolme di pani all’interno delle Chiesa Madre per la tradizionale benedizione, il pane poi viene distribuito alla popolazione che lo dividerà con i propri cari recitando il Padre Nostro. Nel pomeriggio, invece, intorno alle 15, prende vita la più bella e caratteristica fase della festa: la processione delle fascine. Tutti ne prendono parte, con piccoli fasci, con carretti, con trattori e naturalmente con i carri trainati dai cavalli. Sfilano per le vie del paese, attorniati da turisti e concittadini, e si dirigono verso la contrada Principe, luogo destinato all’accensione. È una processione interminabile che si snoda per le vie del paese e vede la partecipazione di uomini, donne, anziani. Ognuno con il proprio carico mentre i bambini sono con le carrozzelle rumorose, ripiene anch’esse di legna. Infine, i carrettieri, con i grandi protagonisti della processione: i cavalli addobbati per l’occasione con eleganti finimenti e con il loro traino carico di fascine. A sera inoltrata poi, terminata la processione, la cittadinanza si riunisce finché “lu facarazzu” non viene acceso e lì come una grande famiglia dopo una lunga giornata di lavoro, si ritrova quel senso di condivisione e appartenenza, che riporta tutti verso l’amato San Giuseppe. Il fuoco poi, arde per tutta la notte.
La mattina del 19, fra le vie stracolme di gente vengono allestite le tradizionali tavole di San Giuseppe le cosiddette Mattre, (tavolieri di legno contenente piatti tipici della tradizione culinaria locale: orecchiette, “braciole” al ragù, pane, vino, polpette, carteddate e zeppole) piatti semplici e gustosi, preparati con amore dalle donne del posto che vengono destinate a tutti coloro che ne fanno richiesta, spesso gente “forastiera”. Terminate le tappe salienti delle giornate, la festa può dirsi chiusa, la processione religiosa del pomeriggio e lo spettacolo di fuochi pirotecnici concludono i festeggiamenti, lasciando nei sammarzanesi un senso di abbandono e la consapevolezza che poi, dopo un anno, tutto ricomincerà di nuovo. Un programma che nel suo significato primario è innanzitutto religioso. Una Festa, quella del 18 e 19 Marzo, dedicata al Santo Patrono dal quale grandi sono i significati e gli insegnamenti religiosi che tutti noi traiamo.
dott.ssa Marisa MARGHERITA – Comune di San Marzano di San Giuseppe
PROVERBI E FILASTROCCHE ARBËRESH
GLUKA NËNG KA ESHTRËT PERO ÇIAN ESHTRËT !
LA LINGUA NON HA LE OSSA MA ROMPE LE OSSA!
KUR ZOGU VETE E VIEN BËN FOLE’
QUANDO L’UCCELLO VA E VIENE FA IL NIDO!
GJAKU NËNG BËN MAI UJË
IL SANGUE NON DIVENTA MAI ACQUA!
BJERRËT NË NJË QIERQ UJË
SI PERDE IN UN BICCHIERE D’ACQUA
DO TË HAI ME DI LUGË
VUOLE MANGIARE CON DUE CUCCHIAI
KUR BJE SHI ME DIELL , MARTOHËT DHELPRA ME LIEPRI
QUANDO PIOVE MA C’E’ IL SOLE, SI SPOSA LA VOLPE CON LA LEPRE
BJE SHI BJE BORË
BJE SHI BJE BORË
TAVA VATA KA NJË HERË
TAVA VATA NDË KATUND
BJE SHI BJE BORË
TAVA VATA SHËN MARCANI
PIOVE NEVICA
PIOVE NEVICA
PAPA è ANDATO COME UNA VOLTA
PAPA è ANDATO AL PAESE
PIOVE NEVICA
PAPA è ANDATO A SAN MARZANO
KY DO NJAJ BUKA
KY THOTË SE NUK E KIMI
KY THOTË: E VEMI E BLEMI
KY THOTË: NËNG E KIMI SURDË
I VONGËL THOTË: PIRI PIRI PIRI
E FARE BUKË SHPIMI JASHT?
QUESTO (POLLICE) VUOLE UN PO DI PANE
QUESTO (INDICE) DICE :NON NE ABBIAMO
QUESTO (MEDIO) DICE : ANDIAMO A COMPRARLO
QUESTO (ANULARE )DICE :NON ABBIAMO SOLDI
IL Più PICCOLO ( MIGNOLO) DICE: PIRI PIRI PIRI
NEANCHE UN PEZZO DI PANE DOBBIAMO PORTARE IN CAMPAGNA?
NINA NANA SHPIRT IM
SE SHTËPJA U KATË LAJ
SHIK NAJA ÇË TË ZËN GJIUM
PERÇ VET NËNG TË PËT LENJ
NINA NANA SHPIRT IM
BËJ NINA OH
NINNA NANNA ANIMA MIA
CHE LA CASA IO DEVO PULIRE
CERCA UN PO DI ADDORMANTARTI
PERCHE SOLO NON POSSO LASCIARTI
NINNA NANNA ANIMA MIA
FA LA NANNA