9.9 C
Lecce
giovedì, Gennaio 30, 2025

Il Castello di Parabita

Uno dei patrimoni culturali più ricchi e più apprezzati del nostro Paese è costituito dai castelli, che in 1200 anni di storia raccontano le architetture più affascinanti del Medioevo, epoca in cui il paesaggio di tutta Europa fu caratterizzato dalla presenza di fortificazioni, sia semplici, sia complesse, costruite in luoghi che offrivano una posizione strategica dal punto di vista della difesa.

Fu così che nei pressi di fiumi, sulle alture, a volte nelle vicinanze di paludi, si cominciarono a edificare castelli in pietra o in legno; costruire un castello a scopo difensivo divenne una azione molto comune tra i signori locali, desiderosi di opporsi agli attacchi provenienti sia dal territorio che da popoli stranieri, mostrando al contempo, con un segno concreto quale un baluardo fortificato, il proprio potere.

Il meraviglioso fascino dei castelli medievali è qualcosa che incanta ogni viaggiatore: dagli appassionati di storia a chi vuole avvicinarsi alle fantasie fiabesche con le quali si è cresciuti e che si vedono concretizzarsi in queste architetture maestose.

Un’atmosfera magica regna tra le imponenti mura di edifici risalenti a molti secoli fa, dove ancora sembrano echeggiare le voci di illustri ospiti o di prigionieri rinchiusi nelle segrete.

E avvolta dalla suggestione particolarissima tipica di un borgo con castello appare anche la cittadina di Parabita, che vanta la presenza, nella parte più alta del centro storico, di quello che l’archivista reale D.A. Sabatino descrisse nel 1678 come “un bel castillo al cabo alto de la tierra, fuerte y de buena habitacion” nell’ Apprezzo della Terra di Parabita.

Già esistente, nel 1500, il castello, che aveva fino ad allora conservato lo stile angioino, venne ristrutturato per volere di Pirro Castriota, sul modello del castello di Copertino, appartenente allo zio di Pirro, Alfonso Castriota.

Nei primi decenni del XVI secolo, durante il conflitto tra l’imperatore Carlo V e le truppe francesi di Francesco I, il proprietario era il Conte di Ugento Francesco del Balzo Orsini, che avviò la trasformazione del castello in una signorile residenza di caccia e in una corte ricercata e colta, di cui entrò a far parte Antonino Lenio, autore de L’Oronte Gigante e a Bradamante gelosa di S. Tarentini, opera che Benedetto Croce definì “il più importante contributo dell’Italia meridionale alla letteratura cavalleresca del tempo”.

Successive battaglie e dominazioni portarono nel castello nuovi inquilini e proprietari, nonché modifiche strutturali che lo resero nel tempo più vicino a residenza che a baluardo fortificato.

Gli ultimi interventi al castello sono abbastanza recenti e risalgono al 1911 ad opera degli architetti Avena di Napoli e Napoleone Pagliarulo di Parabita che, su incarico dell’allora proprietario Raffaele Elia, hanno provveduto a renderlo esteticamente più gradevole, aggiungendo nuove merlature, dedicando cura agli ambienti di rappresentanza, facendo perdere l’iniziale aspetto tozzo ma al contempo funzionale alla sicurezza in tempo di battaglia.

Attualmente la struttura, abitata dalle famiglie Villani e Ravenna, discendenti degli Elia, si presenta a pianta quadrangolare trapezoidale con quattro bastioni agli angoli, il tutto arricchito da archi e volte che conferiscono un aspetto prezioso, con l’aggiunta anche di una piccola cappella dedicata a San Francesco d’Assisi, arricchita dai reliquari contenenti i vari doni fatti ai signori di Parabita.

Il castello fa assumere un carattere arabesco alla piazza Umberto I, per via del tipo di vegetazione che la circonda, composta da palme, cedri e piante esotiche, nonché dal tipo di elementi architettonici che l’adornano.

Ma come per ogni castello che si rispetti, anche il castello di Parabita è stato teatro di vicende intriganti ed intricate, come la tormentata storia d’amore tra un giovane nobiluomo di Parabita e la sua dolcissima serva, narrata nei registri di matrimonio della Chiesa Matrice del paese (Chiesa S. Giovanni Battista) in cui si è imbattuto nel 1977 lo studioso Mario Cala.

Non vide mai riconoscimento ufficiale l’unione tra don Francesco Saverio, figlio di don Giuseppe Ferrari, primo duca di Parabita, e la giovane popolana Rosaria Cataldo, nonostante la nascita di due figli e le formule di matrimonio pronunciate dai due innamorati nel cuore della notte alla presenza dell’arciprete Don Vincenzo Maria Ferrari, che si rifiutò di legittimare siffatto matrimonio clandestino.

Ad accrescere la pena per il mancato coronamento del loro sogno, giunse lapidario il decreto del 9 giugno 1780 con cui fu sancita la reclusione di Rosaria nel Conservatorio delle Pentite di Lecce e il divieto di accedervi per don Francesco Saverio, che morì per il dolore appena un anno dopo.

La storia dei Promessi Sposi di Parabita – così nota per la stretta affinità con la famosa narrazione di Alessandro Manzoni, straordinariamente amico di Don Antonio Ferrari, Duca di Lecco, cugino dell’allora duca di Parabita – incarna una vicenda passionale e dal triste ed infausto epilogo che non fa che accrescere quell’aura di mistero, di romanticismo, di tempi perduti ma ancora vibranti da cui si è permeati alla vista del Castello, che imponente si staglia a dominare ancora il suo feudo.


Bibliografia e Sitografia

D’Antico Aldo, Lineamenti di storia parabitana, Edizioni Il Laboratorio, 2001

Spedicato Mario, Vincenti Paolo, Tra scuola, ricerca e memoria. Aldo de Bernart dieci anni dopo (2013-2023), Grafiche Giorgiani, 2023, pagg.173-291

https://www.comune.parabita.le.it/it


di Cosimo Preite, dirigente scolastico

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

diciotto − nove =

Ultimi Articoli