In un mondo che va a mille, la lettura, la scrittura, la produzione orale hanno bisogno di concentrazione e di tempo
Hic et nunc! ‘qui ed ora!’, subito, senza indugi. Il tempo è tiranno! Chi ha tempo non aspetti tempo. Tutti motti, modi di dire che spronano, sollecitano una già irrefrenabile accelerazione che connota la società moderna, vessata com’è, costantemente, da sempre nuove sfide.
Così, Festina lente ‘affrettati lentamente’, il motto probabilmente attribuibile all’imperatore Augusto (nella forma greca: σπεῦδε βραδέως),- almeno da quanto ci riferisce Svetonio in De vita Caesarum, Divus Augustus, II, 25, 4 – mai come nel contesto contemporaneo assume ruolo più dirompente: l’invito è quello di essere veloci, ma con cautela. L’espressione ossimorica, che contiene cioè due concetti contrapposti, fu utilizzata anche da chi è considerato, in Europa, il primo editore in senso moderno, cioè Pio Aldo Manuzio (Bassiano, tra 1449 e 1452–Venezia 1515), che la impresse nel simbolo della sua tipografia aperta nel 1494 nella contrada di Sant’Agostino a Venezia. E, oggi, il detto – diventato caro a Cosimo I de’ Medici – si può leggere nelle sale di Palazzo Vecchio, a Firenze, perché ricorre nelle numerose decorazioni che ritraggono, in una mirabile sintesi figurativa, una piccola tartaruga con una vela sul carapace.
Festìna lente è un invito alla cautela, a rallentare, ad abbandonare i ritmi frenetici di una società ipertecnologica di gente iper-connessa, galvanizzata, inghiottita nella spirale della rapidità convulsa che in tanti ambiti disprezza la qualità a favore di un’apparente vantaggiosa quantità.
L’esaltazione della velocità non è, tuttavia, nuova. Era cara anche, per esempio, per fare una citazione letteraria, al Futurismo. Alla velocità, Filippo Tommaso Marinetti, nel suo Manifesto dell’11 maggio 1916 La nuova religione-morale della velocità, aveva attribuito un valore morale oltre che estetico: «La velocità, avendo per essenza la sintesi intuitiva di tutte le forze in movimento è naturalmente pura» e l’aveva contrapposta alla lentezza che «avendo per essenza l’analisi razionale di tutte le stanchezze in riposo è naturalmente immonda. Dopo la distruzione dell’antico bene e dell’antico male noi creiamo un nuovo bene la velocità e un nuovo male la lentezza».
Purtroppo, oggi, forse, si è andati oltre anche quei limiti estremi nell’esaltazione della velocità. Le nostre scelte sono estemporanee, il nostro agire, in tutti gli ambiti – dalle relazioni familiari, amicali, professionali – sono governate da ritmi frenetici, inesorabilmente accelerati. Un tempo si diceva in un fiat (dalla frase della Genesi, 1,3, fiat lux ‘sia fatta luce’), oggi basta un clic per tutto: il concetto è sempre quello dell’immediatezza.
Pensiamo a ciò che accade anche in ambito linguistico, alla lettura e alla scrittura: per quest’ultima il motto Festina lente era stato utilizzato da Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (1988) per riflettere sul mestiere dello scrittore, la cui riuscita «sta nella felicità dell’espressione verbale, che in qualche caso potrà realizzarsi per folgorazione improvvisa, ma che di regola vuol dire una paziente ricerca del mot juste, della frase in cui ogni parola è insostituibile, dell’accostamento di suoni e di concetti più efficace e denso di significato» (p. 47). Oggi, in tutti i settori, sono “fuori moda” le analisi lunghe ed articolate, che richiedono concentrazione ed attenzione. E così convinti che è “meglio bruciare i tempi”, si scrivono testi sciatti, sgrammaticati, privi di coerenza e di coesione, orfani di punteggiatura, sintatticamente disarticolati, poveri a livello lessicale, sovrabbondanti di parole generiche lontane da quel gusto ricercato e dalle sfumature semantiche che impreziosivano il nostro bell’italiano. Mancano la riflessione, l’elaborazione dei concetti e la revisione, operazioni complesse per le quali è richiesta notevole applicazione e sono – dovrebbero essere – le fasi più importanti del processo alla base della realizzazione di un testo.
Anche la comunicazione orale risulta spesso zoppicante, trascurata, sconnessa: frasi smozzicate lasciate in sospeso, riformulazioni, esitazioni sono indizi di scarsa pianificazione delle idee.
La lettura, la scrittura, la produzione orale, l’ascolto sono abilità che richiedono concentrazione, progettazione, selezione, riflessione: tutte operazioni che hanno bisogno di tempo per attivare l’intelligenza critica. Purtroppo ormai si mira al prodotto e si trascurano i processi, ci si accontenta della memoria a breve termine e si sedimenta poco in quella a lungo termine. La semplicità, la chiarezza, la precisione, che dovrebbero plasmare e modellare le vite di ogni individuo, spesso vengono messe al bando per essere sostituite sbrigativamente dalla caoticità, dalla nebulosità e dall’imprecisione, tipiche di una quotidianità episodica, frammentaria, bulimica che il famoso sociologo polacco, Zygmunt Bauman (1925-2017), avrebbe definito liquida.
Ma il nostro cervello è una macchina lenta, come ha ricordato il neurobiologo Lamberto Maffei che, nel suo saggio Elogio alla lentezza (2015), invita a ritornare al pensiero lento che è caratteristica «propria degli animali superiori ed è particolarmente sviluppata nell’uomo» (p. 57).
Sempre nel suo testo Maffei riferisce dell’azione di un «falchetto che rotea lentamente ed elegantemente nel cielo, sembra esplorare il suolo col suo occhio acutissimo, e vaga, vaga con infinita pazienza, poi improvvisamente si precipita verso terra a grande velocità…risale lentamente con una preda. Ha pensato, ripensato, analizzato e poi con rapidità ha dato seguito alla decisione presa con pazienza efficiente, come se festina lente fosse la sua strategia di pensiero!» (p. 7) e il neurobiologo conclude «La biologia è una grande maestra per l’attento osservatore» (p. 18).
Le strategie del pensiero lento forse danno la sensazione di perdere tempo. In realtà, non è affatto così, perché aiutano ad affinare lo spirito critico e, come ha dimostrato il falchetto, si rivelano, non di rado, vincenti. Con questo non si deve pensare, tuttavia, che la velocità vada messa al bando a favore di un mondo “al rallentatore”, ma che è necessario coniugarla con la cautela, il rigore della meditazione. In altre parole: festina lente!
Bibliografia
Calvino I. (1988), Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Garzanti.
Maffei L. (2014), Elogio della lentezza, il Mulino.
Marinetti F.T. (1916), La nuova religione-morale della velocità. Manifesto futurista pubblicato nel 1° numero de «L’Italia Futurista».
Ramondetti P. (a c. di), (2008), Svetonio. Le vite dei Cesari, UTET.
di Anna Rita Miglietta