Il primo giorno d’inverno coincide con il punto più basso del sole sull’orizzonte. Già il seguente guadagna una minima frazione di luce.
Risento del buio anticipato della sera, della lampadina accesa già alle cinque. La ritardo col fuoco del camino, la sua fiamma che illumina e scalda.
Mi piace invece il lungo buio del mattino, l’avvio della giornata ancora avvolto nell’oscurità. Mi dà più tempo, prima di uscire allo scoperto.
L’inverno è buttafuori della luce, la solleva ogni giorno un po’ più in alto, la fa ricadere più lontano. Dopo i sei mesi declino lento, dal 21 giugno, inizia la risalita del 21 di dicembre.
Il mio natale, capodanno, epifania, senza le maiuscole, è festa di natura. Sono grato all’inverno che fa ripartire il sole, come lo sono state le generazioni antiche prima di darsi un calendario.
L’anno nuovo inizia il 21 dicembre, attraversa l’equinozio del 21 marzo, parità di luce tra le due parti del giorno e s’innalza fino al 21 giugno, cima del sole a picco a mezzogiorno, massima minoranza della notte.
Il corpo risente l’andamento di questo ritmo eterno. Con l’aumento degli anni me ne accorgo di più. È questa la cronaca dei giorni che più mi riguarda. Da anziano solitario trascuro le ricorrenze festive un tempo familiari.
Inizia per me la metà dell’anno in cui l’alta marea della luce riparte dal suo punto più basso.
Chi nasce in questi giorni è stato concepito a fine inverno, frutto maturato nella parabola dell’anno. Inizia la sua vita crescendo insieme al sole che si solleva ogni giorno un po’ di più.
Erri De Luca
Pubblicato il 6 dicembre 2022 alle ore 09:38