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giovedì, Novembre 21, 2024

I principali “rami” pugliesi. Radici e sviluppo delle associazioni femminili

 di Ilenia Orsi


Puglia: madre di storie, madre di donne. Più di una mela, un frutteto. Il passo del tempo trasla silenziosamente i confini fra “vecchio” e “nuovo”. Tanto più nella nostra epoca, in cui la globalizzazione e le iperconnessioni accelerano il cambiamento. Questa mutazione ha portato il senso comune contemporaneo a interpretare come “vecchie” quelle etichette rivoluzionarie attribuite ai discorsi sulla tematica muliebre. Nel XXI secolo, la trattazione della condizione femminile, la ricostruzione e l’analisi della sua storia sono capisaldi della ricerca antropologica, sociale, economica. Una materia che in un passato relativamente prossimo veniva avvertita come sovversiva, è oggi compresa come tradizionale. La Puglia, scrigno per eccellenza di tradizioni, l‘accoglie nel suo grembo, insieme alle storie di tutte le donne che l’hanno attraversata. La disciplina che mette al centro la materia muliebre segue i medesimi binari che, prima di lei, hanno solcato tutte le altre: la matematica, la teologia, la medicina, la sociologia, etc. Se provassimo a immaginare ogni disciplina come un essere vivente, potremmo identificare nel suo ciclo vitale (potenzialmente infinito) tre momenti cruciali. Il primo è la nascita, il cui seme generatore è la realizzazione, da parte della coscienza umana, dell’esistenza della disciplina stessa, degli spettri di realtà che include, delle cose che ha il potere di indagare. Il secondo momento è la mossa dei primi passi: la disciplina inizia a irrobustire il suo scheletro, la sua struttura, i suoi possibili campi di studio e di intervento. Il terzo momento, potremmo chiamarlo metaforicamente “età adulta della disciplina”: i suoi rami discorsivi, le sue aree e i suoi metodi d’analisi sono diventati diversificati, specifici e universalmente riconosciuti.

Franca Viola

Proprio i rami della “Disciplina Donna” hanno dato, anche in Italia in Puglia, frutti buoni, diversi, maturi, eccellenti. Partiamo all’esplorazione di questo frutteto. Il ramo che si è interessato dell’affermazione sociale della donna, che vuole considerarsi libera da criteri di oggettificazione e violenza, fiorì in Italia nel 1966, quando Franca Viola rifiutò per prima il matrimonio riparatore col proprio violentatore, che secondo l’articolo 544 del codice penale avrebbe ripristinato il suo onore ed estinto il reato dell’aggressore. Tre anni dopo il suo no, la Cassazione condannò il suo stupratore. Sedici anni più tardi, l’articolo 544 fu abrogato con la legge 442, che riconosceva lo stupro in quanto reato contro la persona. «Io non sono proprietà di nessuno», diceva Franca.

La stessa dichiarazione sembra riecheggiare nel nome dell’associazione di promozione sociale “Io sono Mia”. Nata nel 2013 a Bitonto, si impegna nella lotta contro ogni forma di violenza di genere. Dal 2015, il suo sportello informativo è aperto alle donne che subiscono violenze. L’associazione ha fatto parlare di sé oltre i confini regionali per l’approccio innovativo dei suoi progetti di prevenzione che contemplano il ricorso a strumenti di espressione artistico-culturale come flash e slow-mob, spettacoli teatrali e su strada, manifestazioni, laboratori e corsi di formazione, rassegne.

Anche la Casa Delle Donne di Lecce ribadisce gli insegnamenti di Franca Viola, riaffermandoli nel presente. Si tratta di una Federazione di nove associazioni e gruppi informali, tutti operanti nel territorio pugliese con il comune desiderio di supportare la libertà delle donne indipendentemente dal livello d’istruzione, orientamento sessuale e politico, classe sociale, cultura e religione. La Casa ha aperto le sue porte alla realizzazione di una biblioteca/mediateca/archivio delle donne, a corsi di formazione artigianale, artistica e professionale, all’organizzazione di gruppi di discussione, dibattiti, convegni, a cineforum e mostre, alla presentazione di libri, a discussioni attorno a maternità, parto e gravidanza, e ad uno sportello di consulenza contro le discriminazioni.

Addentrandoci in questo frutteto al femminile, ci imbattiamo nel rigoglioso ramo della Giurisprudenza. In quest’angolo di giardino, a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento italiano, Lidia Poët sparse preziosissimi semi. Lidia si laureò in giurisprudenza nel 1881, e chiese di entrare nell’Ordine degli Avvocati di Torino, divenendo la prima donna iscritta all’ordine. Nel 1883, però, la Corte di Appello accolse la richiesta del procuratore del Regno per la sua cancellazione dall’albo, in quanto esercitare la professione forense implicava l’ammissione della donna ad un ufficio pubblico, faccenda sulla quale la legge non forniva esplicito consenso. Con la legge n.1179 del 1919 (nota come legge Sacchi) le donne vennero finalmente autorizzate a entrare nei pubblici uffici, tranne che nella magistratura, nella politica e nei ruoli militari. Così, dopo aver praticato per anni la professione forense solo di fatto, la sessantacinquenne Lidia Poët entrò finalmente nell’Ordine, divenendo ufficialmente avvocata. «I miei avversari hanno un concetto assai strano delle loro mogli, delle loro sorelle, delle loro madri. Essi parlano sempre della donna come di cosa essenzialmente fragile. […] Capacità scientifica, intelletto civile, fortezza, longanimità, interesse, versatilità e libertà d’azione. Tutte virtù che secondo loro sono interamente negate alla donna».

Così raccontava Lidia in un’intervista al Corriere della Sera nel 1883. Le sezioni di Bari, Foggia, Lecce e Trani dell’ADGI (Associazione Donne Giuriste Italia) concretizzano gli sforzi della Poët in un progetto volto alla diffusione dei principi d’uguaglianza sanciti dalla Costituzione e dalla Carta delle Nazioni Unite. Con lo scopo di favorire l’abolizione di ogni discriminazione muliebre e di supportare l’empowerment femminile, l’ADGI si impegna nella trattazione di materie di rilevanza giuridica e d’attualità, tra cui l’introduzione di nuove disposizioni contro la violenza alle donne e la promozione della partecipazione paritaria della donna alla vita sociale, politica e lavorativa in tutta la penisola italiana.

Lidia Poet

Sui sentieri pugliesi del frutteto, nasce da un uomo di Gioia del Colle la portentosa dirigente d’azienda Marisa Bellisario. Dopo la laurea in economia e commercio nel 1959, Marisa si recò a Milano, entrando in divisione elettronica dell’Olivetti fino a diventarne, nel 1971, responsabile della direzione pianificazione operativa. Nel 1979 divenne presidente della “Olivetti Corporation of America”, risanandone in breve il pessimo bilancio. Due anni dopo, rientrò in Italia per assumere la dirigenza di Italtel, grande gruppo industriale parastatale allora nella morsa di una crisi, che Marisa riuscì a debellare trasformando Italtel in un’azienda moderna. Quando le fu negato il consenso del gruppo Fiat alla nomina ad amministratore delegato della Telit, azienda che sarebbe dovuta diventare riferimento del settore delle telecomunicazioni, Maria Luisa (ferma sostenitrice della meritocrazia) si ritenne oggetto di discriminazione femminile. Nel 1984 entrò, come presidente della sezione per le nuove tecnologie, nella Commissione Nazionale per l’instaurazione della parità, istituita da Bettino Craxi. «Per una donna esiste il problema della credibilità, bisogna dimostrare che si è brave. Alla donna manca il diritto alla mediocrità, si arriva ad occupare posti importanti solo se si è bravissime. Ma quando ci saranno anche le mediocri, come avviene per gli uomini, vorrà dire che esiste la parità. Occorre quindi dimostrare che a uguali opportunità corrispondono uguali meriti» professava Marisa.

Oggi, il suo esempio vive nell’operato di FIDAPA BPW Italy. L’associazione conta 10.000 socie sul suolo nazionale, e aderisce alla IFBPW (International Federation of Business and Professional Women). Articolate in sette distretti, le sue sezioni si snodano su tutto lo stivale, e il tacco pugliese accoglie quelle raggruppate nel distretto Sud-Est. Lo scopo della federazione è il coordinamento, la promozione e il supporto di iniziative al femminile in campo artistico, d’associazione, professionale e d’affari. Maria Castellani, prima Presidente nazionale di Fidapa, muovendosi nell’ambito della Previdenza Sociale, ha portato avanti ambiziosi progetti in scala internazionale. Oggi, l’associazione si propone di supportare le donne ad ampliare il network professionale, a realizzare i loro progetti, a sviluppare nuove competenze, a presenziare ad eventi e seminari anche esteri, a ottenere formazione in ambito business, ad aumentare i livelli di self-confidence, a raggiungere il successo, e a godere della gioia di stare insieme ad altre donne.

Marisa Bellisario

Sotto i rami rigogliosi di un’altra parte del frutteto, quando soffia il vento, si sentono echeggiare queste parole: «Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata». Così Oriana Fallaci scriveva nella sua “Lettera ad un bambino mai nato”. La brillante carriera giornalistica della Fallaci, prima donna italiana ad andare al fronte in qualità di inviata speciale, è storia nota, che continua ad essere scritta dalle donne giornaliste.

Il progetto Forum delle Giornaliste del Mediterraneo si svolge a cadenza annuale a ridosso della Giornata Internazionale Contro la violenza sulle Donne. Dalla prima edizione del 2016, il Forum ha sede in Puglia, crocevia per eccellenza di culture e d’identità. Richiama a sé dai Paesi mediterranei giornaliste, reporter, attiviste, scienziate e ricercatrici universitarie. Ciascuna di loro rivolge il proprio impegno ai gender studies e alla materia dei diritti umani. Il Forum vuole scaturire riflessioni sullo stesso giornalismo, da intendersi come presidio di democrazia e quindi di pace. Nato per volontà della giornalista d’inchiesta Marilù Mastrogiovanni, punta inoltre ad esaudire numerose missioni, come il conferimento di visibilità ai lavori d’inchiesta svolti dalle donne, la costruzione positiva dell’immagine della giornalista, la messa in luce del suo lavoro per contrastare le fake news, la lotta agli hate speech e agli stereotipi, la pulitura del linguaggio dai sessismi, l’incentivazione dei networking tra giornaliste.


 

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