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sabato, Novembre 23, 2024

La bellezza dell’attesa profuma di Natale

Enogastronomia natalizia

«L’attesa del piacere è essa stessa piacere» scrive il filosofo scrittore tedesco Gotthold Ephraim Lessing. Condivido pienamente e in molti concorderete con me che l’attesa più lunga, quindi un piacere più lungo, che cresce di mese in mese, è quello per il Natale. Possiamo anche prescindere dalla religione, perché ci sono cose che fanno parte della tradizione. Bisogna custodire e tramandare questi tesori, bisogna educare alla bellezza dell’attesa.

E il mese di dicembre la porta con sé. Profumi che fanno parte dell’anima perché con essi si è formata, aria fatta di agrumi scaldati nell’olio con le spezie dolci come la vaniglia e piccanti come i chiodi di garofano, e poi cannella, pepe, liquore che profuma di anice. Mai è stato così profumato l’odore del fritto. Una nota stonata in questo tripudio di felicità esiste, ma solo per i bambini: l’odore dello stoccafisso ammollato nell’acqua, per giorni e giorni per essere pronto per la preparazione del piatto principe della vigilia di Natale, i vermiceddi con il sugo di quel pesce che ci ha avvelenato l’aria durante il cambio dell’acqua che doveva avvenire frequentemente, ma si fa perdonare per la sua bontà nel piatto e anche nel profumo. I vermiceddi sono piccoli pezzetti di pasta fresca di sola farina di semola e acqua, fatti rullare tra pollice e indice, la loro grandezza è paragonabile al grano di pepe, ma allungato. Ne servono tanti per fare un piatto e per questo motivo la loro preparazione impegna tutta la famiglia, riunita dal pomeriggio fino a sera per produrre questi grani preziosissimi. Favole, ricordi e confidenze rallegrano il lavoro lungo e noioso.

Pittule salentine

Ogni momento del mese ha il suo profumo: si comincia con l’8 dicembre con le pittule, la settimana successiva si preparano i porcedduzzi, le cartellate e il tronchetto di Natale di pasta di mandorle con ripieni golosi al cioccolato e crema faldacchiera. Coroncine fatte con le cartellate o collinette fatte con i porcedduzzi avvolti da un succulento miele rigorosamente millefiori, e ricoperte di codette colorate, mandorle a pezzetti, fanno la loro comparsa nelle dispense. Vista meravigliosa e profumo che ci accompagna per tutto il mese.

Quando potrò sentire il rincorrersi dei sapori, il dolce, la vaniglia, la cannella, l’agrumato, il miele che avvolge tutto e rilascia lentamente i sapori? La vigilia del Natale apre tutte le dispense. Mai attesa fu così dolce.

Il menu tradizionale di Natale vede appunto sul podio i porcedduzzi con le cartellate, le pittule, i vermiceddi con il sugo di baccalà o stoccafisso.

Il cibo più buono, come testimoniano molti alimenti che dalla povertà sono arrivati a essere considerati eccellenze, arriva dalla tradizione contadina. Così i porcedduzzi sono nati dall’ingegno di una mamma che con i soli prodotti che aveva in dispensa si inventò un dolce per i suoi bambini per il Natale: farina, arance, spezie, vino hanno prodotto un impasto che suddiviso a tocchetti, poi fritti, ha dato vita ai porcedduzzi. Ai giorni nostri la ricetta si è arricchita di miele e altri ingredienti che caratterizzano la versione di ogni famiglia. Con lo stesso impasto si formano le cartellate, strisce di pasta arrotolate che ricordano l’aureola del Bambin Gesù, fritte e inondate di miele o vincotto. Il tutto rallegrato con zuccherini colorati chiamati anisetti.

Questo piatto è talmente radicato nel territorio e nell’anima pugliese che il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali lo ha inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali e nell’Atlante dei prodotti tipici alimentari pugliesi.

Accompagniamo queste delizie con un vino Salento IGT passito della cantina di Severino Garofalo: Briciole, un blend al 50% di chardonnay e malvasia bianca, il colore richiama quello del miele e dei porcedduzzi dorati. Le uve raccolte a mano e surmature subiscono un ulteriore appassimento su graticci, segue una soffice pigiatura e una fermentazione controllata in serbatoi di acciaio inox.

Il risultato è un vino piacevolmente vellutato, morbido con una elegante freschezza, note di spezie, miele e fiori bianchi ci accolgono al naso. Temperatura di servizio 11-12 gradi.


RICETTE

di Maria Rita Pio

Pubblicato il 12 dicembre 2022 alle ore 11:08

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