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giovedì, Novembre 21, 2024

La lentezza del tempo in educazione

Dialogo tra un vecchio professore di pedagogia e la sua allieva


“Professore tra i vari approcci educativi oggi in uso nelle scuole quale approccio è più adatto alla formazione dei nostri alunni? ”  Il professore non risponde, ma invita la sua tirocinante a seguirlo e ad osservare scene di ordinaria quotidianità  

Scuola dell’Infanzia   ore 16 

Dialogo tra due mamme, Alessia  e Caterina

“Alessia, portiamo i bambini al parco? Ho un po’ di tempo prima che inizi la mia lezione di aerobica”.  

 “Caterina sei impazzita? lo sai che ho tremila cose da fare… Devo ancora terminare la scheda per i nonni, la festa è domani e devo aiutare Francesco a terminare la poesia che sta imparando in cinese, altrimenti sai che figura! In inglese le parole le ha imparate alla perfezione, ma in cinese ancora no!  Le parole sono un po’ difficili, si imbroglia e piange, poi mi fa perdere tanto tempo, butta tutto all’aria, se la prende con il suo fratellino, lo picchia fino a fargli male. Proprio non lo capisco mio figlio… Pensa lo accontentiamo in tutto… Sai, bisogna avere così tanta pazienza.  Anche i disegni dei nonni li hanno realizzati a scuola con il computer, però dobbiamo colorarli…. Mia madre non lo sopporta più dice che è maleducato, che la picchia, che le risponde male. Non si rende conto che i tempi sono cambiati e che i bimbi sono diversi!

Scuola  primaria  ore 16,30 

Dialogo tra due papà,  Alessandro ed Edoardo

“Alessandro, anche tu qui? E tua moglie?”

“Lei è in viaggio a Praga per uno stage, il bambino è con me perché è il mio turno. Ecco qui la lista che devo rispettare altrimenti non me lo lascia per il prossimo weekend: ore 16 prendi il bimbo, portalo al calcio, riprendilo, vai in piscina, prepara la cena con il cibo di cui alla lista appesa, poi ripetete i compiti per domani; non dimenticare di fargli eseguire gli esercizi di chitarra, mi raccomando niente televisione, né videogiochi che rallentano il suo sviluppo e danneggiano il cervello. Fargli ripetere la storia che è un po’ indietro, anche la lettura. Le maestre mi hanno detto che nasconde i compiti, è un po’ bugiardo, proprio come te, e poi è svogliato e spesso distratto, chissà da chi ha preso, non certo da me che lavoro dalla mattina alla sera! A letto presto e mi raccomando i denti e il pannetto per dormire.

“Ancora il pannetto?. Ma non è autonomo – “No. Non è ancora pronto.  Tutto sommato, è più comodo così; arriverà il suo momento. Basta non mettergli fretta!”- “Ma ha 6 anni !”-  “ E che vuol dire? È sano, e così non dà fastidio”. 

Asilo Nido  ore 17, termine delle attività

 Valentina e Alessia due mamme in trepida attesa.  

“Valentina Vieni a prendere il tè da me?”

“Non posso Alessia, devo accompagnare la piccola in piscina, poi a casa, veloce a ripetere gli esercizi di inglese per domani, poi ci sono le schede da colorare, le palline da infilare, la filastrocca da memorizzare, poi la cena e poi a letto che domani si ricomincia.

“Compiti a casa?  ma non è piccolina?”  

“Scherzi, bisogna cominciare subito, il bilinguismo si apprende da subito, sin dal grembo materno, io raccontavo le fiabe al mio piccino prima che nascesse, in inglese. Cara mia sono le nuove tecniche, e anche a leggere e a scrivere, è un metodo sperimentale, mica per tutti. Certo mi costa un occhio! Non voglio far perdere a “mia” figlia queste opportunità. Se le troverà avanti”.

“Ok farò anche io così, scriverò mio figlio, due lingue sono meglio di una”.

 “Andiamo alle medie? È a pochi isolati da qui. I ragazzi stanno per uscire” 

“No prof. basta così, ho la testa un po’ confusa. Ma alle sue lezioni ho capito tutt’altro! La pedagogia contemporanea non rispetta la centralità del bambino? La scuola con la sua Riforma non è attenta a valorizzare tempi, talenti, attitudini, non promuove le competenze personalizzando i percorsi formativi, adeguandoli agli stili cognitivi, agli stili di apprendimento, in poche parole stando attenta ai processi di individualizzazione e ai processi di personalizzazione. La nuova scuola, dell’Autonomia, della flessibilità non è attenta a promuovere le relazionalità, la condivisione, la solidarietà indispensabili per una cittadinanza attiva e consapevole? Forse mi sono confusa con i tempi prof. sicuramente si riferiva a quella dei nostri genitori forse, al loro tempo. Mi sembra di capire che adesso bisogna correre, essere competitivi, vincere, e vince chi arriva prima, chi ha una marcia in più. Io pensavo che la scuola avesse raggiunto la maturità dell’inclusione, dove ognuno viene aiutato a realizzare il proprio progetto di vita e, secondo i meravigliosi insegnamenti del premio Nobel Amartya Sen, della filosofa statunitense Martha Nussbaum, addirittura la realizzazione del proprio progetto esistenziale, altro che solo progetto di vita! Pensavo che i tempi fossero maturi per queste finalità grazie anche alla tecnologia al servizio delle persone, pronta a sostenerle amplificandone sensi e facoltà, assistendole in maniera accorta e adeguata al fine di consentire loro non solo ciò che possono fare, ma ciò che “sognano” di fare. Io ho studiato tutto ciò in Bruner, Vigoskji, Montessori, Canevaro, Ianes. Pensavo addirittura che gli insegnamenti di Claparéde, Freinet, Freire, fossero superati da più moderne strategie, figlie anche esse della tecnologia, addirittura che il “bon sauvage “ fosse un ricordo mitico da conservare in soffitta … Ma forse non ho  capito male prof.

Il profilo di   questi ragazzi non è molto diverso da ciò che quotidianamente osservo nelle nostre scuole dove svolgo attività di supplenza, ma anche nelle nostre famiglie: un profilo di alunno alquanto “bizzarro”, per non dire altro! 

Perché è cosi silenzioso, cosa propone con la sua lunga esperienza professionale? C’è una possibilità per restituire ai nostri bimbi il loro tempo? Un tempo fatto di gioco, il gioco del pulcino, gattino, oppure della mamma,  papà,  maestra, dottore; la gioia di dialogare  con la forchetta, il cucchiaio, il far finta di stare sulla luna, o di essere un guerriero,  l’eroe pronto a salvare il mondo.  C’è un modo per restituire loro la relazione fatta di cura, d’amore, di fiducia, di rispetto. Un tempo per esplorare, per toccare, per sperimentare. Un tempo per ammirare le bellezze che, ancora ci circondano, prima che la velocità di cui l’esistenza si è appropriata trasformi tutto in una discarica globale.  O forse è questo ciò che stiamo apparecchiando per il loro futuro: abituarsi gradualmente al bello virtuale, al bello assemblato tecnologico, non accorgendosi di ciò che si ha intorno. 

Ha una ricetta prof?”

“In educazione non ci sono ricette. Serve il buon senso, serve l’intelligenza, anzi come ben sottolinea Gardner, servono le intelligenze, serve il pensiero complesso che ci aiuta a prevedere le conseguenze del nostro operato, serve il cuore, l’amore per l’umanità, non solo per i nostri cari, ma per tutte le persone che in ogni tempo, in ogni luogo si trovano ad affrontare l’avventura del vivere.

Ma concretamente cosa propone? 

Una rivoluzione al contrario, figliola, ritrovare il TEMPO, restituire ai nostri giovani il LORO TEMPO. Ritornare alla pedagogia della LENTEZZA, guardare il mondo con gli occhi curiosi, con lo stupore della scoperta: la fragranza di un frutto, la bellezza di un tramonto, l’estasi di un abbraccio, l’ascolto del mare, del vento, della natura; occhi attenti a tutto, ai dettagli, al particolare…. Fermarsi a pensare, a riflettere. A scuola privilegiare il momento dell’ascolto, il momento delle storie… Raccontiamoci, apprendiamo da ciò che diciamo… facciamo, per poter dire chi siamo. Partecipiamo all’incontro con l’altro liberi da pregiudizi e stereotipie. Il tempo non è di chi corre di più, ma di chi si appropria dei “pensieri lenti” che permettono la riflessività idonea a non fare sciocchezze che potrebbero rilevarsi fatali, pensieri lenti, una rinnovata pedagogia della lentezza aiuterebbe la nostra scuola a formare cittadini più consapevoli e capaci di autodeterminazione e di giudizio critico, più capaci di “perdere tempo” per cercare il “tempo”, il tempo per  vivere in pace, ripudiando la guerra.  

Ma dobbiamo diventare tutti lumache prof, in un mondo di predatori? 

Né lumache, né predatori, ma PERSONE, alla ricerca di un rinnovato Umanesimo, solidali con l’altro e con se stessi, nella piena consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. La vita è come un viaggio in un mare aperto, un po’ tranquillo un po’ periglioso: raggiungere un porto sicuro insieme si può.

di Lena Giannelli

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