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mercoledì, Febbraio 5, 2025

Matino. Il centro Storico

Un alone magico avvolge Matino. È come se il tempo avesse voluto per un attimo fermarsi per preservare un borgo di straordinaria bellezza, arrampicato sulla collina di sant’ Eleuterio, stretto da due canaloni che ne limitano la superficie, il canale di tramontana, Universo, selvaggio possente, pauroso con i suoi precipizi, e dall’altro il canale a scirocco denominato Reale, profonda spaccatura trasversale nella roccia, forse l’alveo di un fiume primordiale. Le sue candide casette scendono gradatamente lungo i costoni della collina tra vicoli stretti e tortuosi e stradine abbellite dall’edicole votive. Nel salire e scendere i vicoli, stretti l’uno all’altro quasi a voler proteggere gli abitanti dalle continue scorribande moresche e saracene provenienti in un tempo passato dalle vicine coste idruntine e gallipoline, a mo’ di labirinti, si intravedono le corti che allo sguardo ammirato del passante mostrano tutta la vivacità della vita di relazione di un tempo. Qui le madri allevavano la numerosa prole scambiandosi lu Ntrattieni primo esempio di “asilo sociale”. I numerosi frantoi ipogei disseminati tengono desta la memoria delle attività agricole svolte nel borgo. Le bianche casette, ad eccezione dei palazzi baronali, sono costituite da uno, due vani, un minuscolo cucinino e i servizi nella corte nello spazio comune.

Immergersi nel candore del centro storico di Matino è un’esperienza che non può mancare ad un visitatore amante della storia, delle tradizioni, dell’arte. Percorrendo i vicoli tortuosi tra le possenti muraglie di palazzi imponenti si arriva in Piazza San Giorgio, un grande salotto dalla forma quadrata, dove balconi gentilizi ai lati della piazza lasciano intravedere le stanze affrescate degli antichi signori feudatari; al lato opposto si ammira la facciata centrale della chiesa matrice, edificata in onore del protettore San Giorgio, di fronte il Palazzo Marchesale dei primi feudatari di Matino, i Del Tufo. All’interno del Palazzo si possono ammirare le splendide scuderie, famose per l’allevamento dei cavalli di razza araba, incrocio di cavalli di Martina Franca, bassi e veloci, perfetti per la caccia.

Le scuderie sono rappresentate da un ambiente lungo e stretto, sormontato da una volta quasi a botte accuratamente affrescato. Lungo uno dei muri si succedono 18 nicchie mangiatoie incassate nella parete, decorate con il motivo della conchiglia, ognuna dedicata ad un cavallo, il cui nome identificava una caratteristica: Velocipede, Diamante, Pegaso, Brigliadoro.

Sulla volta sono disposte tre grandi scene raffiguranti l’amore bucolico, il mito di Apollo e la famiglia del marchese Ascanio.

Sulla parete di fondo è raffigurato un cavallino selvaggio che, guarito miracolosamente per intercessione di Santo Eligio, Vescovo patrono dei cavalli, attesta riconoscenza e devozione.

Sui due lati sopra le mangiatoie sono rappresentati esemplari di animali, il cui dipinto testimonia la conoscenza dell’artista: quelli più vicini a noi sono rappresentati fedelmente perché noti; gli animali esotici, invece, probabilmente mai conosciuti dall’anonimo artista, se non dai fantastici racconti di intrepidi esploratori, sono rappresentati in maniera alquanto imprecisa: leoni, una scimmia legata ad un albero e poi struzzi, cinghiali, a differenza dei cavalli superbamente dipinti. L’opera di restauro delle scuderie ha avuto inizio negli anni 2000 ad opera dell’architetto Tobia Scarpa, figlio di Carlo Scarpa, architetto di origine veneta di fama mondiale.

Collocato nel piano inferiore del Palazzo Marchesale, sorto grazie alle donazioni di artisti di grande prestigio come il prof. Luigi Gabrieli, a cui è intitolato, ammiriamo il museo di arte moderna visiva di autori locali e non. Luigi Gabrieli aveva ricoperto il ruolo di preside dell’Istituto d’arte di Parabita, autore di dipinti illustranti paesaggi salentini di alta originalità. La prima donazione del prof. Gabrieli ha fatto da apri pista per altre importanti donazioni che hanno arricchito la collezione con opere di poesia visiva di Vittorio Balsebre, opere innovative di Enzo Miglietta e opere di una collezione privata, donate dalla nobildonna Mirella Bentivoglio. Il museo voluto fortemente dal consigliere Antonio Costantino, già assessore negli anni 2000, è un’iniziativa che testimonia l’amore incondizionato di Costantino per il suo paese, la sua storia, i suoi manufatti, il centro storico, che ha cercato di preservare e togliere dall’oblio del disinteresse per restituirgli luce e decoro. Costantino, curiosando qui e là per le intere contrade matinesi, ha scoperto e fatto scoprire il patrimonio sacro – artistico delle edicole votive recuperate come quelle di Santa Lucia da Erchie, in via Diaz, di San Vito in cartapesta, in via Vittorio Emanuele e gli affreschi di San Giorgio e di San Michele Arcangelo. Nella piazzetta Sant’ Antonio ammiriamo la scultura in cartapesta del santo restaurato da Carmelo Peschiulli insieme a tante altre statue del 700, e tardo 600, senza altra ricompensa se non la benevolenza dei santi, preziosa opera di restauro oggi continuata da Ludovico Accogli. Dobbiamo ancora al Costantino la scoperta e il recupero dell’affresco La fuga in Egitto di proprietà privata in via Puccini. Un ultimo sguardo alla casa natia del musicista Eriberto Scarlino vanto del comune di Matino non può mancare per gli appassionati di musica.

Degno di nota anche l’arco di Lazzarello, in contrada Lazzareddru, realizzato da Sanfelice Ferdinando di Napoli. Secondo una leggenda l’arco era l’entrata del giardino della residenza estiva dei marchesi Del Tufo, passato poi ai conti D’Ayala Valva, collegata tramite tunnel sotterranei per circa 4 km al Palazzo Marchesale. Il tunnel veniva utilizzato dai vari feudatari per mettere in salvo le proprie famiglie in caso di assedio. Nei periodi di pace invece veniva utilizzato per soddisfare le voglie dei vari marchesi per le fughe d’amore non sempre legate al legittimato ius primae noctis.

Altri luoghi da scoprire la Chiesa della Beata Vergine Maria Addolorata, la Chiesa del Carmine, la Chiesa della Pietà e l’ Arco della Pietà, nonché la Matino sotterranea, definita dal professor Paul Arthur dell’Università del Salento “i sassi di Matino”. Ma questa è un’altra storia.

di Filomena Giannelli, già dirigente scolastico.

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