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giovedì, Novembre 21, 2024

Mauro Buonocore, Fondazione CMCC

Mauro Buonocore, dirige le attività di comunicazione e i rapporti con i media della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Al CMCC cura Foresight – the CMCC Observatory on Climate Policies and Futures, sito di approfondimento su una visione del futuro caratterizzata dall’interazione di fattori quali l’innovazione tecnologica, la questione energetica, il mondo del lavoro, la crescita demografica, la distribuzione della ricchezza, i cambiamenti climatici. L’11 novembre scorso ha coordinato alla COP 27 di Sharm el-Sheikh, in Egitto l’evento “Deep into the Future Planet: Journalism, Media and Narratives of the Climate Crisis”, organizzato dalla Fondazione CMCC.

La recente Cop 27, a cui lei ha partecipato, ha ulteriormente sottolineato come i cambiamenti climatici non interessano solo l’ambiente, ma le persone, l’economia, la qualità della vita, la stessa sopravvivenza. Qual è il grado di consapevolezza e quali sono le preoccupazioni più urgenti che sono emerse?

Ogni anno la COP (Conferenza delle Parti) è convocata dalle Nazioni Unite per far evolvere i negoziati internazionali che hanno l’obiettivo di far sì che i governi dei Paesi che afferiscono alle Nazioni Unite facciano passi avanti nella definizione di soluzioni e strategie per affrontare i cambiamenti climatici. Si tratta di eventi molto complessi che, da una parte hanno come protagonista assoluto il processo negoziale che conclude la COP con la sottoscrizione di un accordo da parte dei governi. Il processo ha come protagonisti i decisori politici, quindi i rappresentanti dei governi, ma il negoziato ha come base la scienza. La delegazione di ciascun paese è composta da scienziate e scienziati che lavorano in maniera molto concreta alla definizione dei contenuti. La conferenza di quest’anno si è conclusa con un documento che ha il nome di Sharm el-Sheikh Implementation Plan che è stato siglato domenica 20 novembre. I temi del trattato che sono emersi maggiormente sui media e all’attenzione dell’opinione pubblica sono stati in particolare due tutti sugli altri: il tema della decarbonizzazione, ossia della diminuzione fino all’azzeramento di utilizzo di fonti fossili come carbone e petrolio ma anche metano e gas naturale, e il tema che gli esperti chiamano loss-and-damage (perdite e danni), ossia tutti gli strumenti che sono finalizzati a fare in modo che i paesi più poveri e che sono maggiormente colpiti dagli impatti negativi dei cambiamenti climatici, abbiano i fondi necessari per essere risarciti di quei danni e per implementare una transizione concreta verso lo sviluppo sostenibile e una società resiliente. Si tratta di un tema abbastanza difficile da affrontare a livello negoziale perché i paesi più ricchi sono quelli che producono la maggior parte di emissioni di gas a effetto serra e che quindi sono quelli che alimentano le cause dei cambiamenti climatici. Su questo secondo aspetto, loss-and-damage, l’esito della COP è considerato come un passo avanti rispetto al passato perché sottoscrive un accordo per la realizzazione di un fondo mondiale a questo scopo. Il tema della decarbonizzazione è considerato invece la grande delusione della COP di quest’anno perché non si sono fatti passi avanti verso regole chiare che garantiscano la di-smissione delle fonti fossili a livello globale.

A fianco al processo negoziale, però, c’è anche una serie di iniziative, incontri, eventi che sono molto importanti. Potremmo dire che la COP è anche un’occasione di networking a livello internazionale. Un’opportunità per fare rete tra gli enti di ricerca, la società civile, le associazioni, gli esperti, i media. Ed è anche un’occasione di approfondimento. Nel corso dei side event, gli eventi collaterali, si affrontano molteplici aspetti dei cambiamenti climatici che, come sappiamo, sono un tema altamente multidisciplinare.  Nello specifico, l’ufficio comunicazione e media del CMCC ha organizzato un incontro che è stato ospitato dal padiglione del Governo italiano, in cui si è parlato delle criticità della comunicazione della crisi climatica. L’evento è stato anche l’occasione per lanciare la seconda edizione del premio che organizza CMCC sulle iniziative di comunicazione sul clima.

Mauro Buonocore

I cambiamenti climatici, se non altro per i frequenti fenomeni che interessano tutto il pianeta, non possono essere confinati nei trattati scientifici, ma devono trovare spazio nella comunicazione quotidiana.

Qual è la narrazione più idonea per coinvolgere l’interesse, suscitare consapevolezza e impegno non solo delle nuove generazioni?

Probabilmente non esiste un solo tipo di narrazione che possa essere efficace per raccontare i cambiamenti climatici. Ma per rispondere a questa domanda dovremmo forse chiarire che cosa intendiamo con la parola “efficace” quando parliamo della comunicazione dei cambiamenti climatici. Il CMCC è un centro di ricerca scientifica, il nostro obiettivo dal punto di vista della comunicazione e della divulgazione scientifica è quello di migliorare la consapevolezza delle persone su quella che è considerata la sfida più importante per il genere umano ai nostri tempi. Quello che cerchiamo di fare con le nostre attività di comunicazione è finalizzato a far conoscere meglio che cosa sono i cambiamenti climatici, in che modo interessano la vita delle persone, delle comunità, in che modo fanno parte delle decisioni che i politici e le aziende sono chiamati a prendere e, infine, quali sono le soluzioni possibili per limitare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul benessere delle persone.

Questo si può fare in molti modi: quello che cerchiamo di fare noi è cercare di raccontare nella maniera più chiara possibile come sta cambiando il clima, in che modo questo cambiamento si traduce in effetti per le nostre società, in che modo il futuro è definito dalle scelte che facciamo oggi e quali sono le soluzioni che possiamo concretamente. E proviamo a farlo utilizzando molti strumenti diversi: parlando e supportando i giornalisti che devono portare le storie di cambiamento climatico sui giornali e sui media, lo facciamo con i nostri social media, mettendo in relazione – e questo è l’obiettivo del nostro premio internazionale – le migliori iniziative a livello globale sulla comunicazione del clima, pubblicando un magazine digitale https://www.climateforesight.eu/ con il quale cerchiamo le voci degli esperti a livello internazionale, abbiamo un podcast su questi temi che è disponibile su tutte le piattaforme e si chiama ForesightDeep into the Future Planet (https://open.spotify.com/show/02nqtMDfZOLOmCXjzrTcl2?si=d1b055c98ed24dd7), eventi che organizziamo anche nelle scuole, o eventi di formazione per giornalisti, ad esempio uno avrà luogo il 20 dicembre nella sede del CMCC e sarà un incontro di formazione che fornirà crediti dell’Ordine. Una comunicazione efficace, come la intendiamo noi, non può che cercare di essere varia e cercare diversi linguaggi per i diversi interlocutori.

I media italiani, riguardo a questa narrazione, sono efficaci? Quali strategie bisognerebbe usare?

Il modo in cui il clima entra nei media italiani vive un certo ritardo rispetto al panorama interessante, ma le cose si stanno muovendo molto rapidamente, credo in conseguenza di una serie di motivi tra cui il fatto che gli eventi estremi che sono connessi ai cambiamenti climatici sono sempre più frequenti e poi che ci sono molte risorse pubbliche che sono destinate a questi ambiti. La frontiera della comunicazione del clima è fare uscire il tema dall’ambito della comunicazione ambientale e far emergere la dimensione socioeconomica dei fenomeni. Un altro limite consiste nel fatto che molti giornalisti non hanno una preparazione specifica per temi che sono particolarmente complessi ed affrontarli con i tempi e le modalità di lavoro che sono imposti dalle redazioni rende il lavoro giornalistico molto difficile.

La Cop 27 si è confrontata con il mondo.

Restringiamo l’orizzonte e guardiamo alla nostra Puglia: quali sarebbero gli interventi più urgenti per suscitare maggiore coinvolgimento e impegno di tutti, organizzazioni e cittadini?

Sappiamo che gli impatti dei cambiamenti climatici hanno una dimensione locale molto importante. In particolare per la Puglia stiamo lavorando su molteplici aspetti, tra questi ne possiamo citare qui almeno due che sono molto interessati per tutto il tessuto socioeconomico regionale. Da una parte abbiamo il tema della siccità, per cui un aumento di periodi con giorni consecutivi molto caldi associato a lunghi periodi di assenza di precipitazioni ha ripercussioni molto importanti su molti settori come la gestione delle risorse idriche e di conseguenza sull’agricoltura, salute delle persone e turismo, solo per citare alcuni settori. Un altro aspetto molto rilevante per la Puglia è l’innalzamento del livello del mare e la definizione di strategie di adattamento a queste mutate situazioni.

La ricerca del CMCC, a questo riguardo, mette a disposizione i risultati della modellistica costiera che è in grado di produrre dati e informazioni utili sugli impatti in ambiente costiero, che è l’area dove si svolge la maggior parte delle attività umane che hanno a che fare con il mare. Su questi temi i nostri ricercatori e i nostri esperti stanno lavorando con i decisori, gli amministratori, le aziende per condividere conoscenze e rispettive esigenze in modo da individuare in maniera condivisa le migliori soluzioni e le strategie più efficaci.

Un ultimo settore che credo sia interessante da menzionare per la Puglia è l’agricoltura.

Si tratta di un settore che rappresenta una frontiera interessante del rapporto tra natura e innovazione tecnologica, un settore in cui il dialogo tra la terra e la tecnologia è la base di una rigenerazione agricola che, di fronte agli scenari di cambiamento climatico, dovrà trovare nuovi innovativi metodi e strumenti di produzione.

di Gioia Catamo

Pubblicato il 9 dicembre 2022 alle ore 16:48

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