Chi non conosce il Vocabolario della Lingua Italiana “Zingarelli”? Fu pubblicato per la prima volta nel 1917 ed ha superato i 100 anni d’età: continuamente aggiornato registra, nell’ultima edizione del 2019, 145.000 voci e custodisce il patrimonio linguistico nazionale. Nel suo genere è ormai un classico ed ha un pubblico di fedelissimi che non lo cambierebbero con nessuno dei più moderni, pure affermatissimi, Devoto-Oli e De Mauro.
Comincia da qui il nostro itinerario dantesco in Puglia perché l’autore, Nicola Zingarelli (1860 – 1935), era nato a Cerignola e fu uno dei maggiori studiosi di Dante del tempo: basti ricordare che nel 1897 il suo Dante fu incluso nella Storia letteraria d’Italia Vallardi per anni adottata nelle principali Università italiane. Ma ciò che colpisce è questa sua totale dedizione al poeta fiorentino anche nel Vocabolario: tanto che l’edizione del 1954 – apprezzabile anche per le immagini che affiancano i vocaboli e ne fanno una sorta di enciclopedia illustrata – presenta, quando possibile, rinvii alla Commedia (in,Roma, Veronica,etc.) e persino la voce Dante. Zingarelli mise insieme una biblioteca di circa 10.000 volumi, dei quali 1800 di interesse dantesco, comprendente vere e proprie rarità come il commento degli Accademici della Crusca, uno dei più stimati dalla critica, datato 1595 (cioè una “cinquecentina”) ed altri gioielli tipografici di storia letteraria: una vita dedicata a Dante insomma è in questa raccolta, che oggi costituisce uno dei tesori della biblioteca “La Magna Capitana” di Foggia.
Due soste ci riserva la provincia di Bari: a Gioia del Colle nacque Ricciotto Canudo (1877 – 1923) soprannominato le barisien (giocando sull’assonanza con parisien) figura poliedrica di intellettuale: musicologo, pioniere della cinematografia, drammaturgo, vissuto quasi sempre in Francia, si adoperò per promuovere all’estero la conoscenza di Dante ed inaugurò a partire dal 1908 alla Sorbonne una serie di Lecturae Dantis che rimasero celebri. Sul Mercure de France la più nota rivista letteraria francese ricordò nel 1921 il centenario della morte e l’anno successivo raccolse saggi danteschi di impostazione principalmente estetico-filosofica in un suo libro che intitolò L’ame dantesque.
Mentre a Gravina di Puglia, nella biblioteca Capitolare Finia, una delle più antiche della nostra regione, istituita nel 1633, è conservata un’altra rarità, cioè l’edizione della Commedia con il commento di Cristoforo Landino: si tratta di un incunabolo, cioè un libro stampato tra l’invenzione di Gutenberg ed il 1499, notevole per la bellezza delle tavole che lo accompagnano, fra le prime a rendere “visibile” il poema di Dante. Il libro fu realizzato a Brescia ad opera del tipografo Bonino de Boninis nel 1487. Se ne conosce in Puglia solo un altro esemplare posseduto da una collezionista di Bari.
Per il brindisino – non si dimentichi che Dante, a proposito di Virgilio, ricorda che morì a Brindisi (Brandizio, Purg.III, 27) e fu sepolto a Napoli – dobbiamo purtroppo ricorrere alla fantasia per immaginare quella biblioteca “Dante Alighieri” che risulta fondata in Francavilla Fontana nei primi del ‘900 e di cui abbiamo anche il catalogo a stampa curato da Giuseppe Sardiello nel 1914: ne parlò nostalgicamente Rosario Iurlaro come di una di quelle biblioteche che si dissolvono e spariscono misteriosamente lasciando un grande vuoto nella cultura. In positivo invece è possibile dare notizia di un cimelio bibliografico conservato gelosamente nella Biblioteca “Marco Gatti” di Manduria: lo aveva ritrovato Michele Greco, suo direttore emerito, in un deposito abbandonato nei pressi di Gorizia, dove si trovava nel 1916 durante la prima guerra mondiale e poi lo donò alla sua città natale. È un foglio di pergamena di cm. 49 x 69, che contiene l’intero poema, 14.233 versi: si presenta diviso in tre rettangoli circondati da un ricco fregio calligrafico con al centro, in alto, oltre al titolo, un ritratto dell’Alighieri. Il primo esemplare fu interamente fatto a mano in microscrittura, da cui poi si trasse un clichè che fu stampato in un numero limitatissimo di copie: autore dell’impresa datata 1888 Francesco Cossovel tipografo attivo in Gorizia. È anche il caso di ricordare il nome di A. Gualberto De Marzo, colto sacerdote e docente, nato a Oria, che operò soprattutto in Toscana e poi si trasferì a Firenze dove morì nel 1897: il suo dottissimo commento della Commedia, tre volumi di circa 2760 pagine, ebbe una travagliata storia editoriale durata dal 1864 al 1881 fra Prato e Firenze, e malgrado ciò fu tenacemente portato a termine e rappresentò lo scopo di un’intera vita.
‘E’en in like manner Adam’s evil brood cast themselves, one by one, down from the shore’. Charon the ferryman beats the stragglers on the shores of Acheron. An engraving by Gustave Dore, illustrating Canto III of Dante’s Inferno, written circa 1310. (Photo by Hulton Archive/Getty Images)Per Lecce è bene ricordare la targa di bronzo affissa su palazzo Carafa: non credo che molti leccesi ne conoscano l’esistenza e l’ubicazione, eppure essa rappresenta l’omaggio corale da parte della città al Poeta. Fu inaugurata il 15 gennaio 1922, sindaco Romeo De Magistris, e reca la dicitura “Lecce nel VI centenario”: in forma di gonfalone e con un superbo ritratto dell’Alighieri di profilo, fu realizzata dal Bortone, il maggior scultore salentino, “mago dello scalpello”, nato a Ruffano. Allo stesso artista si deve il bel busto scolpito due anni prima, di cui è smarrito l’originale, ma si può osservare una copia presso l’Archivio di Stato di Lecce. Sono essi espressione non solo dell’interesse, ma di una vera e propria devozione popolare, quasi di un culto, nei confronti di colui che fu detto “padre della nazione italiana”. La grande diffusione del poema attraverso le letture di attori come Roberto Benigni ed il nostro Carmelo Bene, per citarne solo due, ha contribuito fortemente a radicare l’amore per la lingua e per la poesia nell’immaginario collettivo ed ha giovato ad una tradizione che approda felicemente quest’anno al VII centenario.Passando dalla scultura alla pittura, un mio ricordo personale: Gino Rizzo, al quale è intestata la biblioteca di Cavallino, intendeva acquistare una copia del dipinto di H. Holiday che ripropone l’ incontro di Dante con Beatrice. Le trattative fallirono ma l’episodio resta a testimonianza di un collezionismo colto e raffinato che non si limita alla sola bibliofilia.
Tornando ai libri sono due le figure che dominano il panorama dei nostri tempi: mi riferisco ad Enzo Esposito (1926-2001) e ad Aldo Vallone (1916-2002), entrambi di Galatina. Il primo, fondatore del Centro Bibliografico Dantesco, raccolse in 4 volumi poco più di 9.000 schede che costituiscono la Bibliografia analitica degli scritti su Dante 1950-1970, pubblicata da Olschki nel 1990: un’opera monumentale, frutto di paziente e certosino lavoro, ritenuta degna di essere inserita in catalogo da un editore che non solo è il più importante di Firenze, ma che ha una lunga tradizione europea. Purtroppo non più proseguita dopo la morte di Esposito, onora Dante e al tempo stesso la regione Puglia, in quanto punto di riferimento ineludibile degli studi di settore.
Che dire di Aldo Vallone? I titoli dei suoi libri dedicati a Dante sono tanti e meriterebbero forse una ristampa o almeno una bibliografia ragionata per consentire soprattutto ai ricercatori di avvicinarsi a questo indiscusso protagonista della critica letteraria. Ma non posso chiudere senza dare notizia della sua biblioteca privata, ricca di circa 25.000 volumi, specializzata negli studi sul poeta di Firenze e giustamente da lui intitolata “Casa di Dante”. Sorge nel centro storico di Galatina, è riservata a chi si occupa di italianistica, senza però trascurare gli studi giuridici, la mitologia classica, la storia locale, e conserva un centinaio di volumi antichi rari e di pregio oltre ad una interessante raccolta di edizioni, commenti, saggi e opuscoli su Dante, la Divina Commedia, e le opere minori. Fra le cose notevoli, due curiosità: il piccolo Dante della casa editrice Hoepli (cm. 13 x 8) e la sua metà, l’ancora più piccolo della Barbera (cm. 6,5 x 4,5). Inaugurata nel 1974 segue l’esempio della maggiore “Casa di Dante” fondata a Roma nel 1920 con il cospicuo nucleo dantesco donato dal ministro Sidney Sonnino, al quale poi se ne sono aggiunti altri.
Durante la sua visita in Puglia nel gennaio 1991 Giovanni Spadolini, allora Presidente del Senato, al quale si deve l’istituzione del Ministero dei Beni Culturali – ricordiamolo ogni tanto – volle incontrare Vallone e con lui si trattenne a lungo nella biblioteca. Dei tanti libri del Professore ne cito uno solo, il Dante di oltre 600 pagine per l’editore Vallardi di Milano, uscito per la prima volta nel 1971, che fa il paio e rinnova l’altro di Nicola Zingarelli da me ricordato in apertura. È dunque come una parentesi che si chiude nel nome della nostra regione e degli studi danteschi: da Foggia a Lecce, anzi da Cerignola a Galatina, attraverso un secolo, in Puglia, in compagnia di Dante.
A cura di Alessandro Laporta