Dopo una vasta e apprezzata esperienza nell’ambito del cortometraggio, del videoclip, del documentario e della comunicazione pubblicitaria, il regista salentino Gianni De Blasi approda al lungometraggio. L’ultima settimana di settembre, tratto dal romanzo omonimo di Lorenzo Licalzi. racconta di legami familiari complessi, di perdita e di guarigione, attraverso una narrazione che oscilla tra dramma e road movie, in una visione atmosferica del Sud come luogo di attraversamento che consente tanto di perdersi quanto di ritrovarsi.
Pietro Rinaldi (Diego Abatantuono) scrittore ormai in pieno declino, vedovo da qualche anno e disilluso dalla vita decide di tentare il suicidio fissando una data ben precisa, il 20 Settembre 2017, ovvero il giorno del suo compleanno. Proprio quel giorno la figlia Roberta e suo marito vengono coinvolti in un incidente stradale che costerà loro la vita. Da qui in poi l’affranto scrittore dovrà prendersi cura del nipote sedicenne Mattia, figlio della coppia scomparsa.
Inizialmente Pietro è restio nell’adempiere il ruolo di protettore e di guida, conseguente anche alla distanza emotiva di Mattia che erge dei muri pur di non soffrire nuovamente nel creare dei nuovi legami.
Tutto ciò porterà all’inizio di un viaggio da Lecce verso Roma con l’obiettivo di affidare il ragazzo ai suoi zii. Come nella tradizione del racconto di viaggio, ciò che conta non è la meta ma il percorso che si fa per raggiungerla.
La rappresentazione dello spazio in movimento è uno dei punti di forza del film; oltre alla relazione che si crea tranonno e nipote, il film si concentra sul mondo inquadrato dal finestrino, l’esperienza estetico-geografica di ogni automobilista capace di concedersi l’atto contemplativo. In questo senso De Blasi mette in valore tutta la ricchezza cromatica, luministica, geometrica del paesaggio salentino (le riprese sono state realizzate a Lecce, Gallipoli e Nardò), come pochi altri cineasti hanno saputo fare, lavorando su una tensione creativa tra figura e sfondo. Il film predilige inquadrature fisse o movimenti di camera lenti ed una luce naturale riuscendo nell’intento di restituire una realtà libera da vari artifici, mostrando paesaggi di pura bellezza mediterranea in sintonia con lo stato d’animo dei personaggi, ognuno alla scoperta dell’altro. Questa ricerca di autenticità è un chiaro tentativo di rendere sincero anche il rapporto tra i due personaggi, ponendo l’attenzione sulle gestualità, sul linguaggio non verbale, sui silenzi e sugli sguardi, realizzando un cinema capace di mostrare e far sentire questa realtà così profondamente umana.
Sia Pietro che Mattia condividono un travolgente senso di solitudine, pur vivendo in contesti molto diversi. Entrambi sono consapevoli di dover seguire una direzione di vita incerta, con l’unica eccezione, ovvero la certezza della meta finale del loro spostamento: un punto che appare lontano e difficile da raggiungere, complici la loro graziosa macchina d’epoca o la scelta di percorrere strade secondarie per evitare i camionisti, poco simpatici al nonno.
Le conversazioni e i momenti di silenzio condivisi in auto e durante le soste lungo il tragitto danno spazio a riflessioni su questioni irrisolte, come il senso di abbandono di Mattia e il dolore represso di Pietro. In questo processo, Pietro si accorge di non essere l’unico a soffrire, e inizia a vedere il proprio nipote non solo come un “problema” da risolvere, ma come una persona a cui può offrire un supporto reale. Mattia, dal canto suo, passa dal vedere suo nonno come una figura estranea e invadente al riconoscere in lui una figura che, pur con le sue difficoltà, cerca sinceramente di aiutarlo.
Queste prese di coscienza verranno intensificate dagli incontri che i protagonisti faranno lungo il viaggio, entrando in contatto con personaggi che si riveleranno sia alleati che ostacoli. Tra questi, una coppia di vecchi amici di Pietro farà riflettere il burbero nonno sulle scelte di vita passate, aiutandolo a riconoscere quanto spesso sia stato infelice a causa della sua rigidità. Grazie a questa consapevolezza, il nonno inizia a comprendere che non è mai troppo tardi per cambiare il proprio approccio verso sé stessi e diventare più flessibili.
Un altro incontro fondamentale è quello con due autostoppisti, tra cui una ragazza che farà vivere a Mattia nuove esperienze, pervase da un senso di avventura e rinascita. La ragazza rappresenta per lui un’opportunità di connessione, segnando un momento chiave nel suo percorso di crescita e autoscoperta. Questa relazione affettiva aiuterà Mattia a comprendere che aprirsi emotivamente è la scelta migliore, non solo per il suo benessere personale, ma anche per quello delle persone a lui vicine, incluso naturalmente suo nonno.
Giunti alla meta, i personaggi hanno trovato se stessi e costruito una relazione. La separazione tra nonno e nipote sarà solo temporanea e breve, poiché entrambi riconosceranno il valore del legame costruito durante il viaggio e la necessità di sostenersi a vicenda. In particolare, per Pietro, emergerà la consapevolezza che, nonostante l’età, non è mai troppo tardi per aprirsi al cambiamento.
di Enrico Greco – studente DAMS (Università del Salento) e componente del Cineclub Universitario