di Ilaria Lia
Lo sviluppo del turismo nel Salento e poi in Puglia è il risultato degli sforzi e dell’impegno di chi ha voluto scommettere, di chi ha investito tutte le sue energie e si è speso per dare nuove idee. Nel corso degli anni sono stati in tanti, uomini e donne nei vari livelli e ruoli. Un lavoro importante e innovativo è stato avviato e portato avanti nei diversi ambiti da Stefania Mandurino, tra le prime imprenditrici nel turismo, commissaria di Apt per sei anni e poi ai vertici di Puglia Promozione. E tuttora è accanto a chi vuole fare impresa nel settore, grazie anche alla sua nuova carica nella Camera di Commercio di Lecce, in rappresentanza di Confindustria. «Sarò consigliera e continuerò la mia esperienza nel pubblico, augurandomi di dare il mio contributo per la crescita del sistema imprese e lo sviluppo economico e culturale del territorio, avviando e strutturando percorsi di partenariato e di sinergia con gli atri enti pubblici oltre che con il mondo associativo imprenditoriale».
Alla base di un successo così ampio c’è un lavoro che parte da lontano. Che Salento e Puglia c’erano nei primi anni del suo impegno e su cosa ha iniziato a lavorare per rendere il territorio appetibile per il turismo?
«Credo che il turismo salentino e poi pugliese, con le caratteristiche che ne hanno attestato il successo, abbia una data di origine negli anni ’90, quando un gruppo di amministratori della Grecìa salentina, giovani sindaci molto uniti e determinati a trovare una modalità diversa di sviluppo locale, compresero che essere in una terra periferica, per certi aspetti considerata un po’ arretrata, dalla quale si fuggiva per cercare lavoro altrove, doveva essere considerata più un’opportunità che un disvalore. Una terra di mezzo tra due mari che aveva però la caratteristica di essere stata nei secoli attraversata da culture, tradizioni e popolazioni che l’avevano arricchita di risorse culturali ed elementi identitari nei più ampi aspetti della vita, dalla cucina, alla musica, al teatro, dalle lingue all’artigianato. Una terra arricchita dalla storia e che, proprio per la sua marginalità, non aveva perso questo capitale. E proprio in quegli anni inizia il percorso sul recupero delle tradizioni, della lingua e degli elementi identitari; quegli amministratori con una voglia di riscatto incominciarono a far comprendere che quelli erano gli elementi sui quali lavorare per differenziare, rendere autentica e unica quella terra. Il turismo che ci piace nel Salento è partito in quel momento, grazie all’impegno di Luigino Sergio assessore provinciale e di Lorenzo Ria presidente della Provincia, e poi in contemporanea con il lavoro della sindaca Adriana Poli Bortone su Lecce, donna colta e lungimirante che capì come bisognava puntare sulla cultura e sulla valorizzazione del centro storico, utilizzando fondi Urban e risorse comunitarie. Ci siamo trovati negli anni 2000 con l’omologazione dominante a valorizzare il locale. Poi questo modello dal Salento è stato trasferito nel resto della Puglia. E su questo sono stati di grande aiuto il presidente della regione Nichi Vendola e la sua squadra di assessori, da Silvia Godelli ad Angela Barbanente a Massimo Ostilio e poi dopo Loredana Capone, persone estremamente colte e attente agli aspetti culturali, turistici e ambientali. Si è avuto quindi una marcia in più per far crescere il tutto a livello regionale».
È stato fondamentale il suo lavoro con l’Azienda di promozione turistica, di cui lei è stata Commissaria.
«In tutto questo io, giovane laureata in Economia alla Luiss, con una carriera promettente a livello internazionale, ho avuto l’ardire e il coraggio di lasciare tutto e di tornare nel Salento per occuparmi di turismo. Era l’86, parlare di turismo apparteneva a pochi e visionari imprenditori. E così mi sono trovata a vivere quegli anni accanto a quei giovani amministratori: con loro abbiamo portato avanti tanti progetti di valorizzazione sui più ampi aspetti, dalla gastronomia all’accoglienza. Sono poi approdata nel Cda dell’Azienda di Promozione Turistica, in rappresentanza della Provincia di Lecce, per poi ricoprire il ruolo di Commissaria per ben sei anni dal 2006 al 2011. Ho vissuto un’esperienza straordinaria: ero talmente innamorata e appassionata di quello che facevo, che mi sono dedicata a capofitto a discapito di tutto il resto; ritenevo che fosse il momento in cui si dovesse donare al massimo perché vedevamo in maniera plastica un percorso di crescita. Ho vissuto questa esperienza veramente straordinaria, momenti di grande sinergia tra gli enti, nell’interesse della crescita del turismo pugliese».
Il suo lavoro è proseguito anche dopo, in Regione, quali sono state, in quell’occasione, le mete da raggiungere?
«Quando la Giunta Regionale decise, dalla sintesi delle Apt, di creare un’agenzia regionale con l’obiettivo di valorizzare maggiormente il brand Puglia e affrontare la sfida all’internazionalizzazione, il lavoro fatto in Salento fu considerato ed iniziò la mia collaborazione con PugliaPromozione, braccio operativo dell’Assessorato Regionale. Anche in quell’occasione sono rimasta in squadra: per circa dieci anni mi sono occupata in particolare di progetti di valorizzazione territoriale, continuavo a seguire quelle realtà di imprenditori o di cooperative giovanili o di associazioni culturali o Comuni e altre realtà pubbliche che avessero come obiettivo cercare di costruire un’offerta turistica di qualità sul territorio e di costruire nuovi servizi turistici. Credo di poter dire che si è lavorato tanto e bene negli ambiti di promozione e internazionalizzazione, e che i risultati siano stati riconosciuti anche fuori regione».
Quali obiettivi, magari che sembravano irraggiungibili, sono stati conquistati?
«Non avrei immaginato che così in pochi anni la Puglia sarebbe diventata una terra molto amata e desiderata, appetibile dagli italiani e sempre di più dagli stranieri; ed i numeri hanno attestato tale sentiment, anche in periodi di bassa stagione ed in aree dell’entroterra.Il Covid ha bloccato tutto, ma allo stesso tempo ha dimostrato quanto desiderio c’è di scoprire la nostra regione da parte degli italiani, come è stato dimostrato dalle presenze italiane nelle estati del 2020 re del 2021. L’appeal della Puglia è sempre cresciuto negli anni, e valorizzazione delle identità territoriali e coinvolgimento delle comunità locali vocati all’accoglienza, hanno fatto la differenza».
Su quali invece c’è ancora da lavorare?
«Noi pugliesi ci occupiamo di turismo da poco tempo rispetto a tante altre regioni. All’inizio degli anni 2000, avevamo dei deficit molto evidenti, alcuni tuttora permangono seppur in forma minore. Famiglie di imprenditori hanno deciso di affiancare al loro core business principale anche quello turistico, e poi è nato un coinvolgimento da parte di tutta la popolazione salentina e pugliese quando si è compreso che potesse essere un settore trainante, fino a poco prima mai considerato. Nelle associazioni di categoria di Confindustria, per esempio, la sezione turismo è nata nel ’95, prima non veniva considerato un settore d’interesse. Solo da qualche anno ci sono grossi gruppi che hanno investito portando a una realtà più strutturata e meno approssimativa il settore turistico.
Il principale ostacolo attiene all’organizzazione dei trasporti locali, e non si riesce nemmeno a capire come non si riesca a sbloccare. Poi c’è un deficit strutturale, legato alla presenza di micro imprese nel settore turistico che creano problemi di qualificazione dell’offerta: la micro impresa può avere meno strumenti e meno capacità di operare in termini qualificati. Sono spesso gestite da famiglie che magari prima facevano altro e che non garantiscono quel percorso di crescita in cui cura delle persone e aspetti relazionali siano di qualità,investendo in formazione e innovazione. Di contro, però, la micro impresa ha consentito di valorizzare le peculiarità: essa è sicuramente la realtà giusta per poter cogliere quegli aspetti identitari e che possono fare la differenza e garantiscono quell’aspetto di unicità e identità che ha fatto la fortuna del turismo pugliese e che piace molto.
Altro deficit: l’incapacità di mettersi insieme. Per qualificare l’offerta turistica locale avremmo bisogno dello sviluppo delle destinazioni turistiche o di sistemi territoriali, magari pubblico-privati, con una strategia territoriale e una visione chiara e netta. Siamo stati bravi a promuovere la Puglia, a sviluppare una politica degli eventi unica: d’estate non c’è comune che non abbia una sua proposta spesso gratuita, ma ancora non siamo stati capaci di organizzare Distretti turistici e Sistemi turistici locali; ora si parla di Dmo Destination Management Organization, realtà di aggregazione pubblico privata che hanno l’obiettivo di avere una visione per lo sviluppo del turismo locale, e conseguenti obiettivi e strategie. Da questo punto di vista, c’è da lavorare».
A livello personale, cosa le ha dato tutto l’impegno profuso nel turismo?
«Io sono contentissima della mia esperienza lavorativa e professionale perché credo di aver avuto la possibilità di conoscere tantissime realtà. Dopo la laurea ho avuto 5 anni di percorso finanziario a livello nazionale, sono stata anche un anno all’estero, in Francia. A 27 anni avevo un posto interessante in Bnl con una carriera in ambito anche internazionale, ed ero la terza donna in Italia ad aver fatto questo percorso in banca. Poi ho deciso di cambiare strada, ho lasciato un percorso, improvvisamente, perché, lavorando nel sistema bancario, mi sono innamorata del fare impresa, e ho voluto scommettere nella mia terra. Sono imprenditrice e ho grande rispetto di chi sceglie di esserlo dando così il proprio contributo alla società. In quello che ho fatto ci ho messo del mio, volendo pensare a tutela, valorizzazione, sostenibilità e inclusione, valori e principi che la comunità europea ha al centro e che però stavamo rischiando di perdere a causa di una certa visione dell’industria e dell’impresa un po’ troppo spinta solo esclusivamente sulla logica del profitto. La scelta che ho fatto mi ha dato la possibilità di conoscere il mondo, ho viaggiato moltissimo (ho aperto un’agenzia di viaggio) e viaggiare se lo si fa con la mente aperta per coglier tutto ciò che ci circonda è una delle forme di formazione più ampia che ci possa essere. E poi negli ultimi 15 anni mi sono dedicata alla mia terra; adesso penso di avere una buona conoscenza della Puglia e penso che sia una terra bellissima, me ne sono innamorata e questo mi ha consentito di conoscere tante belle persone.
Nel settore è stata una pioniera, una donna impegnata nel turismo. Ha dovuto affrontare delle discriminazioni?
«Io sono femminista e lo dichiaro con orgoglio, dai tempi delle battaglie romane all’Università, all’impegno attuale nelle associazioni femminili per l’emancipazione della Donna nella società. Sono consapevole che, nonostante i passi in avanti, c’è ancora tantissimo da fare soprattutto per il raggiungimento dei ruoli apicali nella politica, nelle istituzioni e nell’impresa. Nella mia esperienza, spesso sono stata unica donna in tante realtà e tanti contesti, e quindi sono abbastanza abituata a muovermi in mondi al maschile, ho avuto sempre dei rapporti molto buoni con i miei colleghi, e, per quanto mi riguarda, quindi, parlare di discriminazione mi sembrerebbe eccessivo. Credo però di essere una donna capace di gestire le cose in una certa maniera. E so cogliere anche le forme di maschilismo latenti che sono tuttora molto presenti».
Cosa consiglia e augura alle donne imprenditrici?
«Tanto studio, lavoro, determinazione, tanto coraggio e passione. Sono convinta che se ci si dedica, con impegno e schiena dritta i risultati arrivano. Il percorso può essere più o meno lungo, a seconda di dove vivi e in che contesto ti trovi, ma sono un’inguaribile ottimista: le buone qualità, i giusti valori, l’impegno col tempo sono valorizzati. Mai scorciatoie, testa alta, lealtà e correttezza. Sono i valori fondanti della nostra cultura contadina, che hanno fatto forte il nostro Paese, ai quali riferirsi per poter continuare a crescere, credendo di essere costruttori di un mondo sempre migliore».