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lunedì, Settembre 23, 2024
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C’è B&B e b&b. Meglio se “puntu scusu, vale pe ddoi”.

“Ma tu, luna, le incognite finestre illumini del Nord, mentre noi qui parliamo, nel fondo di quest’esule provincia ove di te solo la nuca appare” da Foglie di tabacco (Vittorio Bodini)


Nella multiforme offerta turistica della Puglia, passi da gigante negli ultimi anni ha fatto quel tipo di ricettività, che va sotto il nome di B&B, agriturismo, villaggio diffuso. Tutte forme di ospitalità che potremmo definire di tipo esperenziale, cioè che coinvolge i turisti in una serie di attività legate alla cultura del territorio con un forte impatto personale.

C’è chi, come il Signore Claudio Benetti di origini emiliane ma una vita trascorsa a Padova per motivi di lavoro, è arrivato a pensare di aprire una piccola attività turistica, in quel profondo Sud, che Vittorio Bodini chiamava “Finibusterrae” la fine della terra, proprio a significare quanto fosse sconfinato, lontano, quasi irraggiungibile.

“Sono arrivato nel Salento, ci racconta, 25 anni fa per venire a trovare un amico conosciuto a Padova e sono rimasto da subito rapito per il carattere ancora abbastanza selvaggio di questa terra, sufficientemente lontana dal divertimentificio gallipolino e dal modello turistico tipo riviera adriatica. Io sono amante della natura, quando ho visto i muretti a secco mi sono letteralmente innamorato, il mio pensiero è naturalmente andato alla tremenda e ingegnosa fatica di quei contadini, uomini e donne che liberavano la terra dai sassi che poi utilizzavano per costruire muri e umili magazzini o rifugi agricoli che voi chiamate pajare o furnieddhi, per non parlare del mare, del cibo e della natura incontaminata. Ho subito pensato che questo è il posto dove voglio stare, allora lavoravo ancora ed era solo un proposito, un pensiero che non mi ha più abbandonato. Ho iniziato a lavorarci a ridosso dell’età pensionabile per farci una casa dove venire a passare le mie vacanze, ma da sette anni ho trasformato questo posto in B&B che ho chiamato Arthas in onore del capo dei messapi, la popolazione da cui provengono i salentini ed ora che di anni ne ho settantacinque sono diventato per metà salentino dividendomi tra Capilungo, (marina di Alliste) e Padova per circa sei mesi all’anno.

Quello che ci aiuta moltissimo è la passione che come sapete toglie la fatica. Curiamo tutto io e mia moglie con qualche piccolo sacrificio, ma abbiamo le nostre ore di libertà e ci piace divertirci con i nostri ospiti. Li coinvolgiamo passando insieme le serate a fare grigliate, spaghettate, impastare e sfornare pizze, un po’ come se fossero a casa loro.

Tornando a Capilungo c’è da dire che i salentini sono brava gente, affettuosi e accoglienti, fin da piccolo, avrò avuto tredici anni quando ci sono arrivato per la prima volta in vacanza con mio padre, fu amore a prima vista colpito da questo mare, la gente, la natura, gli odori, i profumi, i colori mi hanno riempito il cuore e mi è rimasta fissa l’idea di voler investire un giorno qui giù. Col tempo l’ho fatto e ne sono super contento.

Il nostro tipo di clientela è di provenienza napoletana, romana e del Nord Italia, ma negli ultimi anni stiamo lavorando moltissimo con gli stranieri, francesi, svizzeri, inglesi, olandesi, belgi e spagnoli, soprattutto a maggio ed a settembre, che privilegiano un tipo di turismo legato alle attività fisiche, ciclismo soprattutto, una clientela particolarmente attenta al turismo sostenibile e immerso nella natura. Quello che più ci dispiace è che la nostra piccola struttura, al pieno ospitiamo quattordici persone, non è in grado di soddisfare tutte le richieste e ci duole il cuore essere costretti troppo spesso a dire no, non possiamo ospitarvi, anche perché nel nostro piccolo abbiamo lavorato sulla fidelizzazione, si è creato un tale rapporto di fiducia tra noi e nostri clienti che molto spesso tornano.

La scorsa settimana sono ripartiti una famiglia di svizzeri di Losanna e quando ci siamo salutati la signora ha pianto e anch’io e mia moglie ci siamo commossi. In tredici giorni di permanenza si era creato una sorta di rapporto famigliare, qualcosa di più che una semplice amicizia.”

Alla fine del racconto del Signor Benetti ho pensato che nel suo piccolo, l’essenza di questa esperienza ricettiva, seppure dentro le articolazioni del turismo esperenziale, sta proprio nell’aver solcato una importante traccia per quello che può divenire un riferimento di accoglienza salentina, il “turismo emozionale”.

di Mario Blasi


Il B&B ARTHAS ai suoi ospiti offre una piscina, un salo- ne in comune, un giardino e WiFi gratuito.
L’alloggio è dotato di aria condizionata, cucina completamente attrezzata con zona pranzo, TV e bagno privato con vasca idromassaggio, asciuga-capelli e set di cortesia. Avrete a disposizione anche un frigorifero, un forno, un minibar, un bollitore e una macchina da caffè.

Dotato anche di una vasca idromassaggio, il B&B ARTHAS mette a vostra disposizione anche una terrazza solarium.

B&B – A R T H A S
Via Pilella, 33 CAPILUNGO –

TEL. 335.244341 – 348.5274550

Mesagne, Capitale Pugliese della Cultura

Un riconoscimento che arriva dopo un lungo lavoro di rigenerazione e che profuma di riscatto

In Puglia quest’anno è d’obbligo visitare Mesagne, cittadina di 26mila persone in provincia di Brindisi, un tempo conosciuta solo per fatti di cronaca nera, diventata nel 2023 prima Capitale della cultura di Puglia. Una storia di riscatto che ha coinvolto cittadini ed aziende locali, oltre a sollecitare l’interesse di diversi osservatori nazionali. La città dei Messapi ha espresso una vitalità culturale capace di generare negli ultimi anni proposte di alto profilo come le mostre di artisti del calibro di Picasso, Modigliani, Andy Warhol e, dal prossimo 16 luglio fino all’8 dicembre, quella di “Caravaggio e gli autori del suo tempo”. Mesagne lo scorso anno ha avuto l’ardire di candidarsi a Capitale della Cultura Italiana per il 2024 senza riuscire a traguardare l’obiettivo. Giunta nella top ten delle finaliste ha dovuto soccombere alla proposta presentata dall’Amministrazione di Pesaro valutata dalla commissione del Ministero della Cultura più convincente. Un sogno accarezzato da molti mesagnesi che vedevano in quel titolo un attrattore di un flusso turistico anche internazionale. Una speranza non del tutto accantonata vista la scelta del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e di tutto il Consiglio regionale che nell’ultimo bilancio di previsione, all’articolo 38, hanno stabilito che “la Regione Puglia istituisce il titolo di Capitale cultura di Puglia, conferito alla città che sia stata riconosciuta, dal ministero della Cultura, Capitale italiana della cultura o che sia arrivata in finale per il conseguimento del suddetto titolo”. Un riconoscimento decretato subito alla città messapica, capace di concretizzare un processo di rigenerazione umana iniziato alla fine degli anni ‘90.  Un cammino duro, costellato da sudore e sangue dei mesagnesi, sostenuto dalla cultura della legalità radicata in un passato millenario facilmente rintracciabile in tanti monumenti, ritrovamenti archeologici, storie di uomini che hanno affermato il senso di comunità forte. Mesagne fino a poco tempo fa era “capitale della S.C.U.” (Sacra Corona Unita), oggi quell’acronimo si potrebbe esplicitare come “Siamo CUltura”, una città capace di diventare un modello di riscatto anche per altre comunità. “L’obiettivo – ha sempre sostenuto il sindaco Toni Matarrelli – è quello di sottrarre umano alla barbarie e condurlo verso la sua piena realizzazione, attraverso un progetto culturale, sociale, economico che sia trasversale e inclusivo e parta dal luogo in cui viviamo, appoggiandoci proprio sulle qualità specifiche dei suoi abitanti. Il “modello Mesagne” può diventare una rappresentazione speciale di questa visione, per comprendere che, paradossalmente, l’umanità è “condannata a essere felice” e che qualunque ostacolo a questo compimento può ritardare sì il risultato ma non può fermarlo”.

Prima di giungere al titolo di Capitale pugliese della Cultura ci sono stati decenni di sofferenza per i mesagnesi che hanno dovuto subire le angherie perpetrate da parte di una piccola fetta della popolazione che voleva imporre il terrore. Anni in cui si sparava per strada, agguati in ospedale, rapine, sequestri di persone a fini ricattatori e di sera calava un coprifuoco che non permetteva a nessuno di vivere la città. Un clima di prostrazione che cozzava con la bellezza di un centro storico a forma di cuore con all’interno esempi straordinari di barocco leccese (la facciata della chiesa di Sant’Anna), scavi archeologici
(vico Quercia con le stratificazioni degli insediamenti dall’età del ferro fino al medioevo) e una umanità frizzante tipica dei paesi del Salento. Facendo leva su queste ricchezze culturali hanno investito le amministrazioni comunali che si sono alternate dall’inizio degli anni ’90 ad oggi. Tutte caratterizzate da un rispetto delle regole esemplare tanto da non aver avuto mai un politico destinatario di avviso di garanzia. I mesagnesi si riappropriarono della loro città dopo il recupero dei monumenti, gli investimenti pubblici per ristrutturare le case private e la spinta del Gruppo di Azione Locale “Terra dei Messapi” per la creazione di decine di B&B nel centro storico per un nuovo senso di ospitalità. Oggi d’estate le stradine del centro sono prese d’assalto da famiglie di turisti provenienti dalle marine del circondario e dai comuni vicini, consapevoli di trovare ogni sera uno spettacolo o un intrattenimento. Turisti che approfittano anche dei tanti i ristoranti, pub e street food presenti nei vicoli del cuore antico della città che offrono la possibilità di assaporare la cucina locale preparata da giovani talentuosi che hanno investito tempo e denaro in questa forma di accoglienza. Quest’anno Mesagne vuol fare bella figura con tutti ed ha messo in campo già diverse proposte culturali di livello.


LA MOSTRA

Organizzata dalla rete di imprese “Micexperience”, rappresentata dall’imprenditore Pierangelo Argentieri, la mostra si svolgerà dal 16 luglio all’8 dicembre prossimi nel Castello di Mesagne. Si tratta di una organizzazione tutta pugliese nata dopo l’esperienza delle mostre “Picasso e l’Altra metà del Cielo” nel 2018 e “Andy Warhol l’alchimista degli anni 60” nel 2019 per stimolare un turismo culturale nella regione offrendo una possibilità che va oltre alla proposta del paesaggio incantevole della Puglia. Gli organizzatori hanno annunciato l’esposizione di 35 opere provenienti da grosse collezioni private italiane, Fondazioni, enti religiosi e qualche museo. La location è quella delle sale a primo piano del Castello Normanno-Svevo. Tra le opere della mostra solo per citare due titoli di Caravaggio basterà ricordare i celeberrimi “Ragazzo con vaso di rose” e “Fanciullo morso da una lucertola”, versioni di classici del Merisi e capolavori che guideranno la collezione prettamente caravaggesca. Altrettanto interessanti sono gli altri grandi nomi di questa esposizione curata dai professori Pierluigi Carofano, tra i più importanti specialisti dell’arte seicentesca e caravaggesca, in collaborazione con Tamara Cini. Tra gli altri titoli e protagonisti presenti compaiono: “Studio di Testa” di Guido Reni, “Teste di vecchio” di Annibale Carracci, “La Conversione di Saulo” di Ludovico Carracci, “Annunciazione” di Simone Peterzano, “Maddalena penitente” di Artemisia Gentileschi, “Santa Maria Maddalena” di Orazio Gentileschi, “San Carlo Borromeo” di Carlo Saraceni detto il Veneziano, “Maddalena penitente” di Mattia Preti, “Maddalena penitente” di Giovanni Baglione, “Santa Cecilia” di Giuseppe Cesari detto Cavalier d’Arpino, “La Giustizia e la Pace” di Antiveduto Gramatica, “Natura morta” di Panfilo Nuvolone, e tanto altro.


STAGIONE CONCERTISTICA

L’Amministrazione comunale in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese organizza nel Comunale di Mesagne, dal 3 marzo al 5 maggio, la stagione concertistica con quattro appuntamenti in programma. “La stagione concertistica rappresenta un progetto che attesta l’attenzione concreta per un genere che arricchisce l’offerta culturale della Città”, dichiara Marco Calò, consulente comunale alle Politiche Culturali e Scolastiche. “Quattro significativi appuntamenti, che riportano nella città la musica colta occidentale, muovendo dalla tradizione classica europea verso i nuovi linguaggi che da essa ne sono scaturiti. Una stagione – dice il maestro Andrea Crastolla, direttore artistico della rassegna – che mette insieme l’attenzione verso eccellenze pugliesi con un respiro nazionale ed internazionale”. Si parte il 3 marzo con il primo appuntamento dal titolo “Primavera in classica” con Nevila Kalaja, violino, e Merita Rexha Tershana, pianoforte, che si esibiranno su musiche di Mozart, Beethoven, Zadeja e Kogoj. Il secondo concerto è invece in programma per il 24 marzo. Ad esibirsi il Voxsonus Duo composto da Maurizio Cadossi, violino, e Claudio Gilio, viola, in “Salotto musicale nell’Europa del Settecento” con musiche di Bruni, Cambini e Mozart. Per il terzo appuntamento si va ad aprile. Il 14 ci sarà l’Orchestra della Magna Grecia diretta dal Maestro Giuseppe Salatino con “Note da Oscar” su musiche tratte dalle più celebri colonne sonore per film. La rassegna si chiude il 5 maggio con “Echi dall’America Latina” del Duo RiGa composto da Riccardo Calogiuri e Gabriella Lubello, entrambi alla chitarra, con musiche di Cardoso, Piazzolla, Nazareth, Assad e Vasquez.

di Cosimo Saracino

Bari in festa per San Nicola

L’aria frizzante della primavera la bellezza di una città che accoglie e si riunisce  intorno al proprio santo Patrono.


Antonio Decaro, Sindaco di Bari foto: Gino Sasselli

O glorioso San Nicola, eccoci devotamente raccolti innanzi a te”, così inizia la novena di preparazione della Felice Bari  alla festa della traslazione delle ossa del vescovo di Myra.  Da quando sono sindaco spesso mi capita di pensare a Matteo Sparro e agli altri 61 componenti di quel fantastico equipaggio che, attraversando il Mediterraneo orientale, ha realizzato la mirabile impresa sulla quale è stato costruito il segno identitario più importante della città. Da questo viaggio nasce una delle narrazioni religiose e storiche più suggestive di tutti i tempi e il nostro San Nicola, oggi,  è il santo più venerato al mondo, emblema del dialogo tra Oriente ed Occidente. Per questo la nostra città è diventata non solo luogo d’eccellenza per l’ecumenismo religioso ma anche simbolo di accoglienza, tolleranza, solidarietà e rispetto delle diversità. Penso sempre che l’ingresso della statua di San Nicola nel cortile di Palazzo di Città rappresenti simbolicamente sia l’apertura delle porte di casa di tutti i baresi che accolgono il Santo patrono nell’intimità delle loro mura domestiche, sia l’apertura della nostra città alle tante persone che arrivano dal mare, in fuga dalla guerra o dalla fame. In nome di questi valori vorrei che i baresi, nonostante le difficoltà che vivono ogni giorno, si ricordassero di essere  un popolo nato e cresciuto sul mare e che dal mare ha ricevuto le sue più grandi ricchezze, comprese le reliquie del nostro santo patrono in quel lontano 1087.

Voglio ringraziare padre Ciro e l’intera comunità dei Domenicani, custodi scrupolosi e attenti delle reliquie, che dallo scorso anno mi hanno accolto con grande affetto, permettendomi di condividere con loro le emozioni, le sensazioni e la spiritualità  che pervadono le celebrazioni e i festeggiamenti in onore del Santo patrono. Mi capita spesso di dire anche a rappresentanti istituzionali illustri in visita a Bari che, durante i tre giorni di San Nicola, consegno idealmente le chiavi della città ai Domenicani!

Ma la festa di San Nicola è anche divertimento e,  visto che anche quest’anno i giorni di festa incrociano il fine settimana, le occasioni per festeggiare saranno ancora più numerose. Si partirà come di consueto con la giornata che annuncia lo sbarco, il 6 maggio, per “celebrare” una sorta di vigilia della festa, con la rievocazione storica dello sbarco delle ossa di San Nicola presso il Molo San Nicola e una processione che si snoda tra i vicoli della città vecchia coinvolgendo adulti e bambini in attesa del tradizionale corteo previsto del 7 maggio e delle celebrazione eucaristiche di domenica 8.

foto: Gino Sasselli

Impossibile non partecipare alla festa dei baresi, lunedì 9 maggio, quando anche da sindaco come ogni anno mi concederò una delle prelibatezze tipiche della festa nicolaiana, dal panino con la carne arrosto, alla frutta secca, proprio come facevo quando ero bambino, perché non c’è San Nicola senza una passeggiata sul lungomare, da San Giorgio all’arco della Basilica passando per piazza del Ferrarese, che certamente sarà illuminata dalla magia delle nostre luminarie tradizionali.

Certamente quello che ormai ho imparato in questi anni e che consiglio a tutti in vista delle giornate di San Nicola, è la scelta della scarpa comoda per vivere a pieno tutti i momenti della festa e spostarsi da una parte all’altra della città.

Anche se sono pronto alle lunghe camminate, non  mi abituerò mai, invece, all’emozione che mi accompagna ogni volta che partecipo ai festeggiamenti sin da quando ero bambino. Mi emoziona sempre vedere la grande festa collettiva che richiama in piazza tanta gente che sta insieme, senza conoscersi, e si riconosce invece nella celebrazione di un rito e di una tradizione che hanno radici lontane. In fondo, la festa di san Nicola è così speciale perché racchiude in sé un intreccio indistricabile di fede e folklore, con momenti di grande spiritualità e altri di grande euforia popolare.

foto: Gino Sasselli

Mi piace sentire l’affetto e la passione viscerale che la gente ha nei confronti del nostro Santo Patrono, un sentimento contagioso che attira migliaia di fedeli e di curiosi. Durante questi tre giorni i baresi, i pellegrini e i tanti cittadini che arrivano da altre regioni d’Italia, vivono insieme in una dimensione sospesa: sono uniti nella fede e nella tradizione che si esplicano nei gesti e nei riti comuni. In quei giorni non ci sono differenze, siamo tutti per strada, partecipiamo tutti alle celebrazioni religiose, aspettiamo tutti i fuochi pirotecnici mangiando lupini e bevendo una birra ghiacciata sul lungomare. San Nicola ci rende tutti uguali dinanzi alla sua forza che tiene unita da quasi mille anni un’intera comunità.

Impossibile non ricordare anche in questa occasione, mentre ci prepariamo a vivere e partecipare ai festeggiamenti, i tempi duri della pandemia, nei quali abbiamo dovuto rinunciare, seppur momentaneamente, a tutto, con la paura di perdere la comunità che con il tempo e a fatica avevamo costruito. Lì, in quei mesi e in quella Basilica vuota forse abbiamo compreso ancora di più il senso e lo spirito della festa dedicata a San Nicola che ci fa sentire una città solida e unità. E ancora quest’anno da quell’altare in Basilica dove San Nicola dimora tra una processione e l’altra chiederemo la sua intercessione e una preghiera speciale per i nostri fratelli ucraini che purtroppo vedono il loro Paese in guerra ormai da più di un anno. A loro va il nostro pensiero, ancora più forte nei giorni di San Nicola, santo in nome del quale noi chiederemo nelle nostre preghiere che finalmente si cessi il fuoco.

Mi auguro che i baresi, e i tanti turisti che apprezzano la nostra città e che la frequentano pure in occasione delle celebrazioni del Santo, anche quest’anno possano vivere una splendida festa, che sappiano cogliere lo spirito e i valori che la nostra tradizione e la nostra cultura ci tramandano di generazione in generazione. Sono molto orgoglioso di essere il sindaco della città di San Nicola e vorrei che i baresi in queste giornate, ancora più che durante tutto l’anno, amassero la nostra città, la rispettassero, se ne prendessero cura:  perché Bari, come recita il Canto del  “Responsorio”, è  “terra prediletta, le sacre ossa avute in pegno  per tutti i popoli custodisci, che da lontano a te vengono, o felice Bari!”. Buon San Nicola!

di Antonio Decaro, sindaco di Bari

Manifesto VERDE

In principio era l’Eden.

Oggi viviamo la crisi del rapporto tra l’uomo e l’ambiente.

La mercificazione della Terra sta esaurendo ogni risorsa.

Il superamento dei limiti naturali ha saturato anche la risposta del nostro organismo compromettendo salute mentale e fisica.

Vediamo il genere umano spinto dalla propria ambizione e dal desiderio di controllo, e allo stesso tempo dalla paura dell’altro percepito come minaccia nell’accaparramento delle risorse.

Siamo di fronte ad una crisi sistemica del nostro corpo e dei sistemi ad esso collegati.

Le connessioni casuali stanno diventando sempre piu chiare. Anche il nostro stato fisiologico e’ una reazione ai fattori sociali ed ambientali.

Guardando indietro, grazie all’archeologia, possiamo vedere come a partire dalla nascita delle prime citta’, l’uomo abbia esaurito intorno a sè ogni risorsa e quello che ancora oggi resta, in taluni casi, sono desolate distese senza vegetazione. Un tempo era facile arrivare al completo sfruttamento delle risorse perche’ ancora c’erano spazi da conquistare, in un moto perpetuo di esaurimento di risorse e nuove conquiste. Ma oggi avendo colonizzato ogni luogo disponibile su questo pianeta, si guarda oltre e si apre la caccia ai nuovi territori.

Ecco che avanza la narrazione di una nuova conquista: quella di un altro pianeta. L’attitudine umana, unica nel suo genere, pare non trovare eguali nel mondo naturale, abbandonando questo a se stesso. Mai una specie aveva imposto in modo cosi’ netto il suo dominio, senza trovare alcun equilibrio con gli organismi che vivono questo pianeta. Una attitudine quasi “innaturale”, come se le regole assegnate a questo mondo non fossero valide per l’uomo, quasi fosse un ospite venuto da altrove.

Il rapporto tra l’uomo e l’ambiente si e’ danneggiato e lo vediamo anche al livello cellulare.

Per una guarigione del sistema immunitario e’ necessario un piano di riparazione ambientale che interrompe un ciclo di abitudini sociali non corretto e far retrocedere gli effetti epigenetici.

Le malattie infiammatorie che vediamo oggi non sono la causa delle reazioni disfunzionali del corpo. Sono le corrette risposte del corpo a un mondo patologico.

La risposta e’ un piano di guarigione che parte dalle nostre strutture spaziali, dall’amore per il nostro contesto di vita: la Natura.

Occorre guarire gli ecosistemi da cui dipende la nostra vita.

Il dualismo mente e corpo non ha basi organiche.

Il ripristino di un rapporto con i nostri contesti e’ doveroso.

La riumanizzazione degli spazi e’ il primo passo.

L’ambiente naturale non e’ una risorsa da sfruttare. E’ un sistema complesso e interconnesso, che richiede rispetto, cura e armonia per poterci sopravvivere e prosperare. Bisogna esplorare la relazione tra l’uomo e l’ambiente naturale in termini di amore, rispetto e armonia.

Per fare questo passo abbiamo deciso di lanciare una scrittura collettiva che si concretizzerà in un documento che battezziamo Manifesto Verde. Tramite una piattaforma web lanceremo questo messaggio e chiunque voglia aderire potrà iscrivere la sua visione. Tutti i contributi saranno vagliati e messi in connessione mediante tecniche di mapping mentale.

Manifesto Verde vogliamo che si riferisca alle sfumature di verde che rappresentano la purezza, la natura, la forza, l’evoluzione e simboleggiano una nuova cultura estetica ambientale.

Il Manifesto ha l’ambizione di costruire una comunità che rispetti l’animalità della vita stessa.

Stimolando un’ecologia sociale, economica, politica e ambientale e quindi della mente.

E’ una dichiarazione di intenti di un nuovo movimento ecologico che richiede un ritorno con forza alle ragioni del diritto alla bellezza: un patto terapuetico per una corretta pratica ecologica.

Il Manifesto verde espirme la visione dell’arte e della cultura, abbracciando il dinamismo della natura, la tecnologia, la modernita e il ritrovamento dei valori di un senso civico ambientale.

Stimola la creazione di un dibattito internazionale coinvolgendo i segmenti piu creativi della società insieme ai giovani, al sapere artistico, umanistico e scientifico.

E’ un Manifesto che parte dal significato semantico di dinamismo della natura, che ne rispetta i tempi, programmandone la crescita con modelli tecnologici. La storia dell’evoluzione naturale è un concetto che valorizza la crescita e lo sviluppo della natura donandone continuità culturale.

Il Manifesto Verde e’ una guida per le opere ambientali, arti visive e creativita’ che diventano uno strumento di riattivazione della coesione nei territori, promuovendo la biodiversita’ e utilizzando il rimodellamento dell’orizzonte che ci circonda in termini estetitci ed ecologici.

Esprime il dinamismo naturale, l’estetica ambientale e l’evoluzione naturale attraverso l’arte e la cultura. L’arte ambientale contribuisce a sensibilizzare il pubblico sull’importanza della conservazione dell’ambiente naturale, promuovendo l’adozione di pratiche sostenibili e il rispetto della biodiversità.

Il Manifesto Verde esplora il concetto di evoluzione inteso come movimento naturale ed armonia naturale. Una nuova eco-terapia a favore della saute dell’individuo e del pianeta.

Nella nostra societa tecnologica ogni passo avanti rende l’uomo insieme più potente e più forte, ed ogni potere acquisito sulla natura sembra essere un potere sull’uomo stesso. Ma non e’ cosi; l’uomo ha perso di vista le sue origini. Il Manifesto verde vuole essere una guida per un  concreto orientamento al ritorno dei ritmi biologici.

Il Manifesto Verde sarà un progetto collettivo. Una scrittura comunitaria.

E’ giunto il tempo.


MOVIMENTO VERDE

La Chiesetta di San Pietro dei Samari eletto luogo del cuore

La Chiesetta di San Pietro dei Samari a Gallipoli (LE) vince l’undicesima edizione del Censimento nazionale FAI “I Luoghi del Cuore” votato da 51.443 persone, più del doppio degli abitanti della cittadina pugliese. Il censimento è stato chiuso lo scorso 15 dicembre, registrando un’affluenza molto ampia: 1.500.638 voti raccolti nel 2022 per più di 38.800 luoghi. La vittoria permetterà di beneficiare di un premio di 50.000 euro a fronte di progetti di recupero.

Grazie a “I Luoghi del Cuore” dal 2003, anno in cui si è dato il via a quella che si può definire la più importante campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio, sono stati sostenuti interventi per 138 luoghi in 19 regioni d’Italia. Luoghi dimenticati, abbandonati o poco valorizzati, ma amati dalle loro comunità, che votandoli li hanno salvati.

@Silvio Zecca

Chiesetta di San Pietro dei Samari

@Silvio Zecca

Situata fuori dalla città di Gallipoli, in un’area di campagna a ridosso della Statale 274 per Leuca, nel Parco Regionale Litorale di Punta Pizzo – Isola di Sant’Andrea, a poco più di un chilometro dal mare, si trova la Chiesetta di San Pietro dei Samari. Il suo nome, così come quello del vicino Fosso dei Samari, corso d’acqua che scorre tra le colline dell’entroterra e le dune costiere delle spiagge, si lega a un episodio narrato nell’iscrizione che corre sulla cornice dell’avancorpo della chiesa, aggiunto nel XIX secolo come abitazione del sacerdote. L’iscrizione attribuisce la fondazione dell’edificio sacro a Ugo di Lusignano, condottiero dei Crociati, ritornato dalla Palestina nel 1148 e sbarcato a Gallipoli. La stessa iscrizione racconta che il militare fondò la chiesetta nel luogo in cui San Pietro, reduce dalla Samaria, avrebbe celebrato una Messa. Caratterizzata da cupole emisferiche databili tra XII e XIII secolo d.C. e formata da due ambienti a pianta quadrata, la Chiesa dei Samari è l’unico esempio nella provincia di Lecce del fenomeno architettonico delle chiese a cupole in asse, che compare in Puglia, derivato da modelli orientali, tra X e XII secolo. Spoglia e priva di decorazioni, è un luogo rimasto per decenni in stato di abbandono, ha già subito dei crolli ed è attualmente inagibile; il Comune, che l’ha acquisita in comodato d’uso ventennale dai proprietari privati, sta lavorando a un progetto per i primi, urgenti restauri. Proprio per auspicarne il recupero il comitato “Amici del Parco naturale Isola S. Andrea – Litorale Punta Pizzo” ne ha promosso la raccolta voti al censimento del FAI 2022. L’attrice Stefania Rocca sostiene la chiesetta dei Samari come suo “Luogo del Cuore”.


La Chiesetta di San Pietro dei Samari a Gallipoli (LE) vince l’undicesima edizione del Censimento nazionale

FAI “I Luoghi del Cuore”

votato da 51.443 persone, più del doppio degli abitan- ti della cittadina pugliese. Il censimento è stato chiuso lo scorso 15 dicembre, registran- do un’affluenza molto ampia: 1.500.638 voti raccolti nel 2022 per più di 38.800 luoghi. La vittoria permetterà di beneficiare di un premio di 50.000 euro a fron- te di progetti di recupero.

Grazie a “I Luoghi del Cuo- re” dal 2003, anno in cui si è dato il via a quella che si può definire la più importante campagna italiana di sensibi- lizzazione dei cittadini sul va- lore del patrimonio, sono stati sostenuti interventi per 138 luoghi in 19 regioni d’Italia. Luoghi dimenticati, abban- donati o poco valorizzati, ma amati dalle loro comunità, che votandoli li hanno salvati.

@Silvio Zecca

La Redazione

Medici pugliesi scrittori, Marcello Costantini

Marcello Costantini. Classe 55, di Calimera. Laureato presso l’Università di Pavia, specializzato in Cardiologia nel medesimo Ateneo. Ha diretto il reparto di Cardiologia dell’Ospedale Santa Caterina Novella  di Galatina  dal 1997 al 2015. Ricercatore del CNR a Lecce e Professore a contratto presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia.


Ancora protagonista in questa rubrica l’eclettico cardiologo Marcello Costantini che ci propone un’altra opera frutto della sua passione letteraria: “Anatomia di una Umana Commedia”. Di cosa si tratta?

Scrivere un romanzo è una sfida non facile: sei circondato dalla tua vita e da quella degli altri, devi avere in mente un’idea, hai in mano una tavolozza con infiniti colori ,  il passato ti frulla nella testa e l’istinto ti guida;  devi testimoniare, immaginare,  fornire uno strumento ottico magico attraverso il quale chiunque possa vedere se stesso. Tutto deve poi collimare in un’armonia  che dia  vita alla tua creatura  , facendole battere un cuore dentro. Con tutto questo mi sono misurato e spero di essere riuscito a dare ritmo e respiro alla vicenda del protagonista, dall’ infanzia stravagante  nel Salento, a tutte le   battaglie con i suoi fantasmi , combattute  nel  nord Italia e poi  ancora nel  sud , in una specie  di pendolarismo che è  forse un  destino comune  a tanti.

2) Già autore di altre opere divulgative, fra cui “La teoria del vuoto”, “Mediterroneo”, “Il rientro dell’impulso”, e anche di numerose opere scientifiche. Come concilia questa passione con l’impegno professionale?

Ho sempre cercato di svolgere  la mia professione secondo un metodo che coniuga la clinica, posta al centro , con la didattica e la ricerca. Questa “triade” ha sempre guidato e guida i miei passi: la scrittura di libri scientifici discende in modo quasi naturale dalla mia passione didattica, dalle esperienze di insegnamento   nelle Scuole di Specialità. Quanto alla  letteratura “narrativa”, essa  si ciba di esperienze di vita e penso che il lavoro  stesso del medico sia una fonte inesauribile di nutrimento per la letteratura, una grande opportunità di testimonianza.

3) Ha diretto per quasi 20 anni il reparto di Cardiologia di Galatina. Cosa ha lasciato in quell’ospedale e cosa quell’ospedale ha lasciato in lei?

 Quando parlo di questo argomento   non posso  nascondere  un velo di stupore, per non dire di tristezza. Nella   Cardiologia-UTIC di Galatina per circa vent’anni abbiamo gestito un migliaio di  acuti all’anno , mettendo in campo ogni energia per risolvere ogni singolo caso senza tralasciare un percorso  ambulatoriale successivo all’acuzie . C’era anche  una grossa attività di impianto di dispositivi cardiaci. L’attività  diagnostica al servizio del territorio e dell’ospedale era vertiginosa…Ci siamo occupati della città, inventando un progetto di defibrillazione precoce sul territorio. Abbiamo  firmato  articoli comparsi su riviste cardiologiche di prestigio.  Per più volte sono stati raggiunti   i primi posti nelle classifiche nazionali AGENAS concernenti le  performance delle UTIC.  Esisteva un gruppo formidabile   di medici ed infermieri che non mi ha fatto   rimpiangere le esperienze passate vissute al nord e che dimostra una volta di più quanto forti siano le risorse umane e intellettive di  questo territorio quando vengono valorizzate. Tutto questo patrimonio si è  in gran parte  dissolto  nelle logiche recenti dei tagli e del  depotenziamento , sulle quali non sta a me esprimermi in questa sede.  Quanto a me medesimo, l’esperienza di Galatina mi ha sicuramente  reso migliore   e sarò sempre grato a tutti coloro che mi hanno aiutato nel difficile compito.

4)  Eccellente la Sanità in Puglia. E tanti i medici pugliesi eccellenti nel mondo. Ma ancora tanti i viaggi della speranza verso Centri spesso diretti da medici pugliesi. Come invertire tale tendenza?

Non spetta a me affrontare un tema così delicato e allo stesso tempo paludoso…Ritengo tuttavia , da medico e da cittadino, che nel sud in generale e nella Puglia in particolare esistano tutte le premesse per superare il gap che purtroppo ancora esiste con il nord: parlo della qualità  dei giacimenti intellettivi ,  del talento professionale,    che ove valorizzati e guidati bene possono dare frutti sorprendenti.

La ricerca è fondamentale: servono progetti, grande organizzazione, ma serve anche scrutare il singolo caso traendone acquisizioni da condividere con la comunità scientifica. E’ altrettanto importante che la società abbracci sempre di più la logica del merito, attraendo le risorse umane migliori.

6) …il prossimo romanzo? 

Fortunatamente non sono uno scrittore di professione o seriale….Mi occupo abitualmente di altro e l’ispirazione narrativa irrompe in modo intermittente nella mia vita come bisogno di testimonianza , come sfogo all’immaginazione,  del tutto avulso dal bisogno di protagonismo. Ho scritto quattro romanzi, di ognuno dei quali sono soddisfatto . Vedremo cos’altro potrà saltare fuori.

di Gioia Catamo

Pubblicato il 6 marzo 2023 alle ore 14:31

Non abbiamo un piano B!

Il mio punto di partenza è il richiamo al concetto di SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO: una proposta promossa e sostenuta da Franco Frabboni – pedagogista emiliano che, già negli anni ottanta, per rispondere alle sfide della contemporaneità, identificava la strategia vincente in una forte alleanza educativa tra 1) Scuola, 2) Famiglia, 3) Enti locali e 4) Associazionismo.

Sara Bottazzo

Lui auspicava la stipula di un vero e proprio PATTO DI FERRO tra i soggetti istituzionali su richiamati (il quadrilatero delle agenzie formative) e a me sembra che ora, alla luce delle sempre nuove e sempre più incalzanti emergenze ambientali, quel patto di ferro si imponga con estrema urgenza.

Le ragioni sono rintracciabili nella minaccia estrema rappresentata dal degrado ambientale, i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità, il riscaldamento globale, le crisi energetiche, le varie forme di inquinamento e… altro ancora.

Questi “nuovi mostri” sono alle porte e anzi… sono già al di qua delle porte.

Sono entrati nelle nostre case senza chiedere permesso e ora vi spadroneggiano avvelenando le nostre esistenze. Si impongono come ospiti indesiderati e ingombranti che, nel corso degli anni, cibandosi della nostra indifferenza e del nostro opportunismo, sono cresciuti a dismisura pervadendo spazi, tempi e sogni.

Si mimetizzano nell’aria che respiriamo, si annidano nei cibi che ingeriamo e colorano di improbabili trasparenze l’acqua che beviamo.

Mi sembra allora di poter dire che in questo scenario non abbiamo più i tempi tecnici per ulteriori elaborazioni teoriche, né per astratte dichiarazioni di principio.

Quel patto di ferro cui facevo riferimento, adesso, non può più essere solo auspicato: va preso in carico e stipulato senza alcuna esitazione e senza ulteriori ritardi perché nonostante le numerose iniziative finalizzate alla promozione di una possibile coscienza ecologica, gli apprezzabili progetti attuati dalle scuole, le oceaniche manifestazioni a favore dell’ambiente con cui i ragazzi di tutto il mondo animano le piazze, nonché le continue sollecitazioni che vengono dai Ministeri e dalle Organizzazioni sovrannazionali, gli obiettivi raggiunti sono pochi e insufficienti.

Anche i percorsi migliori si rivelano fragili e a me pare che le cause che ne determinano la poca incisività risiedano nella frammentarietà degli interventi, nel sostanziale isolamento dei soggetti che a vario titolo se ne fanno carico e nell’assenza di coordinamento da parte di coloro che sono istituzionalmente preposti a garantirlo.

Le politiche educative in materia di educazione ambientale non possono procedere in ordine sparso perché in questa fase storica così incerta, turbolenta e quasi ingovernabile, non c’è spazio per un’educazione ambientale di tipo “romantico” che inneggia al contatto con la natura, alla bellezza dei luoghi (pochi a dire il vero) incontaminati e alla fuga dalle città come rimedio contro il “logorio della vita moderna”.

Richiamando il titolo di un libro di M. Mazzantini, possiamo gridare che “Nessuno si salva da solo” e che perciò dobbiamo orientarci verso forme di collaborazione interistituzionale e livelli di partecipazione intergenerazionali.

L’occasione per rigenerare le coscienze individuali e collettive e indurci a costruire sistemi, fare rete e praticare l’integrazione delle azioni ci è stata offerta dalla scossa emotiva provocata dal movimento “Fridays For Future”.

Non possiamo perdere questa occasione. E non possiamo ignorarla o banalizzarla.

Dobbiamo invece orientare singoli, famiglie e intere comunità verso un cambio di prospettiva che si configura come passaggio dall’educazione ambientale all’educazione allo sviluppo sostenibile.

Con tale espressione ci riferiamo a quella forma di sviluppo in grado di soddisfare le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la possibilità di quelle future di soddisfare le proprie (Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU, 1987).

E qui si apre un universo complesso che chiama in causa comportamenti individuali e collettivi, scelte contingenti e progetti di vita, modalità di produzione e distribuzione di beni e servizi, abitudini quotidiane e modelli di consumo, interdipendenze funzionali (e disfunzionali) tra il sistema ambientale, il sistema economico e il sistema politico.

Ed è per tutto questo che il concetto di sviluppo sostenibile non può che tradursi in decisionalità politica, progettualità strategica, scelte di qualità, investimenti efficaci e concretezza operativa.

Evitare gli “errori ecologici” non basta più. Per dare slancio allo sviluppo sostenibile arginando in misura significativa i fenomeni che si stanno verificando, occorre promuovere la complementarità delle azioni e l’integrazione delle pratiche a tutti i livelli del sistema. Occorrono, pertanto, consapevolezze forti e percorsi di apprendimento diffuso che non si limitino al coinvolgimento delle scuole perché… le scuole ci sono, sono sempre presenti e sono sempre in prima linea nella gestione delle emergenze educative.

MA NON BASTA!

È necessario anche il coinvolgimento attivo delle famiglie poiché la famiglia rappresenta il primo, ineludibile e insostituibile anello educativo, capace di conferire continuità e forza alle azioni e ai contenuti proposti nelle scuole.

MA NON BASTA!

È necessaria la partecipazione-azione delle imprese, delle aziende e delle associazioni, intese come soggetti aperti, disponibili a dare vita ad una integrazione sistemica degli impegni che caratterizzano i propri settori d’intervento.

MA NON BASTA!

Più di ogni altra cosa, oggi,  si impone come necessaria e indelegabile una decisa e robusta azione di coordinamento da parte delle autorità locali e delle amministrazioni regionali. Il loro protagonismo in materia di sviluppo sostenibile non può esaurirsi nel finanziamento di qualche progetto a tema o nella organizzazione di qualche incontro informativo.

Adesso occorre che gli Enti locali, nella loro doppia valenza di soggetti politici e amministrativi, all’interno dell’attuale cornice normativa nazionale (Cfr. Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile) e sovrannazionale (Cfr. Agenda 2030 Sustainable Development Goals – SDGs), rispettino il loro mandato informando in modo capillare, indicando la direzione, stabilendo risultati attesi, verificando l’efficacia degli investimenti e valutandone l’impatto.

Solo in questo modo ciascuno di noi può dare il proprio contributo per la definizione-realizzazione di un grande disegno strategico proiettato nel futuro, che venga condiviso a 1) livello micro dalle singole comunità e a 2) livello macro dai Paesi e dai Popoli dell’intero pianeta.

E considerando il fatto che le agende politiche stanno attraversando una fase fortunata fino a diventare molto fashion, è forse il caso di cominciare a definire un’agenda della Regione Puglia, in cui inserire, in ordine di priorità, le azioni da mettere in campo a partire da oggi. E anzi, a partire da questo momento.

Non possiamo non farlo perché… NON ABBIAMO UN PIANO B!

Sara Bottazzo

 Ambiente: uno sguardo gianico tra il dire e il fare

I nostri ragazzi sembrano oggi molto più sensibili ai problemi ambientali di quanto non lo fossero un po’ di tempo fa.

Leggendo le tracce che periodicamente i nostri docenti assegnano ai propri alunni, osservando i prodotti realizzati, PowerPoint, video, cartelloni, mostre di lavori con materiali riciclati, conferenze, prove di Debate, olimpiadi di hackathon, veramente restiamo stupiti da tanto fervore e da tanto interesse.  Consideriamo poi l’impegno,la creatività  dei docenti nel fare propri i goal più significativi dell’Agenda 2030 quali i cambiamenti climatici, il degrado dell’ambiente. Organizzano eventi, dibattiti, interviste per promuovere nei piccoli e grandi studenti una sensibilizzazione adeguata al problema e per assumere comportamenti responsabili e coerenti.  SI sforzano per rendere attraenti le lezioni, coinvolgenti i laboratori per sviluppare le capacità di tipo operativo ed euristico, per portare tutti al raggiungimento delle competenze, delle famose life skills come siamo ormai abituati a denominarle su indicazione dell’OMS, delle nostre Indicazioni Nazionali, del consiglio d’Europa con le Raccomandazioni del 2006 e del 2018. E i dirigenti scolastici non sono da meno! Quanto lavoro di negoziazione, di persuasione per stringere patti di corresponsabilità, accordi di programma, convenzioni con enti di ricerca, Università, associazioni di volontariato, accordi con gli Enti locali, un capillare lavoro di reti dalle piccole alle max che inglobano anche paesi della comunità europea ed oltre. Uno sforzo immane.

E le famiglie? chiedono di tutto e di Tutto di più: edifici innovativi, sicuri, riscaldati, raffreddati a seconda delle stagioni; “istruzione di qualità” connotandola di sport, danza, cinese, arabo, giapponese, si, ma senza esagerare nell’impegno! meglio l’aerobica, le attività antistress; tempo pieno, no meglio il tempo lungo, anzi il tempo corto. Classi con compagni bravi e ben educati, lontano per carità da   bulletti e perditempo ……Partecipano alle manifestazioni scolastiche dei figli che sfilano con tanto di slogan: No allo smog, No al degrado, No ai cambiamenti climatici, No alla desertificazione delle nostre campagne incolte, abbandonate.

 È un paese maturo il nostro dove ognuno fa la sua parte? Che succede realmente? Qual è il rovescio della medaglia?

Forma e sostanza non vanno di pari passo; teoria e pratica parlano linguaggi diversi, contrapposti, il dire diverge completamente dal fare. Ipocrisia oppure cambio di prospettiva tra vecchie e nuove generazioni. Contraddizioni nei processi comunicativi o più semplicemente nei significati di buona parte del lessico in uso.

I termini di scuola, cultura, impegno, istruzione, inclusione hanno assunto tra le generazioni significati diversi! Abbiamo accennato all’istruzione.

Prendiamo per esempio il termine cultura.

Per tradizione cultura è studio, conoscenza, comprensione, analisi delle opere rappresentative del genio artistico e culturale e ancora ricerca, dura ricerca, sperimentazione, disciplina, rigore metodologico, “pensiero complesso”, impegno, passione.

Per i nostri giovani, viceversa, cultura è vita, sentimento, conoscenza diretta di posti e luoghi, persone e cose, esperienze da non rimandare a domani, ma da vivere oggi; scoprire il mondo, trovare da sé le risposte ai grandi problemi esistenziali.

Ora e subito, senza averne gli strumenti, oppure vivendo il mondo virtuale dei social, dove tutto diventa possibile e immediato, senza progettualità, senza capacità di rimandare al fine di acquisire una formazione cognitiva, affettiva, emozionale adeguata a prevedere, organizzare, valutare pensieri e comportamenti.

Di conseguenza la scuola diventa noia, insofferenza, impegno immotivato senza senso, fatica inutile.

Il nostro paese sempre più vecchio e stanco non trova giovani disponibili a spendersi nel mondo del lavoro, delle professioni che richiedono apprendistato vero e responsabile nei diversi settori di produzione a partire dalla vocazione del nostro straordinario territorio. Si anela un’istruzione che ci tenga lontano da fatiche e sudori, una

istruzione “riflettore” epidermica, copia e incolla, compatibile con una vita irreale e virtuale.

Le famiglie fanno fatica ad indossare l’abito scomodo degli educatori e quello ancora più scomodo di genitori. Delegano disorientati e sfiduciati e quando le risposte li trovano impreparati a guardare al di là dei reali   e sovente sconosciuti bisogni educativi dei figli, e si fermano al voto, alla promozione, cambiano strada: scuola diversa, privata o la nuova moda dell’“istruzione domiciliare”.

Manca il senso di appartenenza ad una storia, la condivisione ad un progetto di vita e del mondo per cui valga la pena di lottare insieme. Manca la coerenza tra ciò che conosciamo come necessario per la nostra stessa sopravvivenza e i privilegi di comodità acquisiti a cui non sappiamo e non vogliamo più rinunciare. Individualismo e irrazionalismo sembrano dominare buona parte dell’umanità.

Preg.mo assessore Sebastiano Leo , lei che riveste ormai da tanti anni il difficile ruolo  di amministratore, impegnato a valorizzare scuola e territorio come si può oggi, uscendo dall’ipocrisia tra il dire (tanto! ) e il fare (poco!)aiutare  i giovani, la scuola e le famiglie a contrastare questo cammino gianico, bifronte, contraddittorio, per condividere la strada dell’impegno, delle scelte oculate, della “razionalità riflessiva” per salvaguardare il nostro Pianeta a cominciare da ciò che è dietro l’angolo delle  nostre aule, delle nostre famiglie, del nostro bellissimo ma tormentato territorio .

Prof.ssa Filomena Giannelli

Prisco Piscitelli, Medico Epidemiologo, Vicepresidente nazionale SIMA

Prisco Piscitelli, Medico Epidemiologo, Vicepresidente nazionale della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA). Ricercatore della Cattedra UNESCO per l’educazione alla salute e sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli e presso l’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM). È professore a contratto presso l’Università del Salento al neonato Corso di Laurea in Infermieristica ed esercita come specialista presso la Direzione Medica dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce, dove collabora alle attività del DREAM (Laboratorio Diffuso di Ricerca Applicata alla Medicina) per potenziare le sinergie tra ASL Lecce e Università del Salento in tema di Ricerca, Assistenza e Formazione.


Prisco Piscitelli

1) Come descriverebbe la situazione attuale in Puglia dal punto di vista ambientale?

Da un lato una situazione di grandi potenzialità legate all’implementazioni di fonti energetiche rinnovabili veramente in grado di sostituire i combustibili fossili (non dimentichiamo che a Brindisi abbiamo una delle centrali termo-elettriche più grandi d’Europa, ancora alimentata a carbone in seguito alla crisi Russo-Ucraina). Dall’altro persistono criticità di rilievo nazionale come il caso di Taranto e quelle più localizzate, legate all’impatto di cementifici molto prossimi a centri urbani o al rischio amianto e radon.

2) E’ membro della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Lecce. Come si è concluso il 2022 e cosa prevede l’agenda 2023?

L’Ordine del Medici salentino ha provato a dare un esempio a livello nazionale finanziando con proprie risorse un dottorato di ricerca aggiuntivo all’Università del Salento e – potendo quindi scegliere il tema dello studio – ha identificato quello dell’autismo. La ricerca si è conclusa con una pubblicazione in cui è stata validata una metodologia per calcolare l’incidenza e la prevalenza dei disturbi dello spettro autistico, mentre è ancora in corso un’analisi relativa al peso di diversi fattori di rischio per lo sviluppo di questa condizione del neurosviluppo, anche legati alle esposizioni paterne e materne. La Commissione ordinistica sta promuovendo un piano di riforestazione del Salento insieme alla Provincia e alle associazioni civiche, ma è impegnata anche sui temi dell’inquinamento atmosferico e delle acque (sostenendo il Progetto DEDALO di Unisalento, che fa seguito al Progetto MINORE promosso dalla ASL Lecce con cui sono stati condotti monitoraggi di parametri non obbligatori a tutela della falda acquifera salentina).

3) Lo studio sui quartieri di Taranto ha rivelato una grave situazione a discapito della salute dei cittadini, è un caso isolato in Puglia?

Lo studio condotto dall’Università di Bari, dal Comune di Taranto e dalla nostra Società Italiana di Medicina Ambientale lo scorso anno a Taranto ha riscontrato un eccesso di mortalità in alcuni quartieri della città di Taranto fotografando una situazione forse già nota ma che, con ogni studio, si arricchisce di particolari che si prestano ad essere utilizzati per valutazioni successive e complessive, come quella in essere da parte dell’OMS congiuntamente alle articolazioni e agenzie regionali della Puglia. Certamente il caso Taranto è un unicum in Puglia almeno per la quantità e tipologia di studi che sono stati effettuati. A parte alcuni studi condotti su Brindisi, non abbiamo abbastanza dati su criticità che interessano altre realtà locali. Inoltre, oggi sappiamo, grazie a diversi studi condotti da istituzioni europee (come l’ISGlobal di Barcellona) che molte città del Nord Italia vivono situazioni di grande impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana, senza assurgere alla notorietà del caso Taranto. E anche questo deve farci riflettere.

4) Nel 2018 è stato membro dello Staff del Presidente della Regione Puglia per il Supporto Scientifico presso la sede Europea di Bruxelles della Regione Puglia in materia di riduzione delle emissioni di carbonio, qual era la situazione allora? Quali proposte erano state avanzate? Hanno avuto esito positivo?

Si trattava di un momento in cui era necessario richiamare l’attenzione delle istituzioni europee e nazionali sulla situazione ambientale e sanitaria di Taranto, con l’obiettivo di adottare un approccio scientifico per trovare le soluzioni tecnologiche innovative più idonee. La Regione Puglia aveva predisposto una proposta basato su un piano di “decarbonizzazione” con la graduale attivazione di forni elettrici alimentati a idrogeno, sulla scorta delle più avanzate innovazioni a livello europeo ed internazionale. La Regione Puglia richiamò l’attenzione sul problema e sulle possibili soluzioni coinvolgendo l’OMS e il mondo scientifico, riuscendo a presentare le proprie proposte su Lancet, con una conferenza al Parlamento Europeo e con una proposta di parere al Comitato Europeo delle Regioni. È interessante notare che a distanza di quasi 5 anni, le proposte di soluzione più adeguate ancora oggi al vaglio dei decisori siano proprio quelle avanzate in tali sedi.

1) Ha origini campane ma il suo curriculum vanta una vasta formazione tra Roma, l’Europa e gli USA, per poi approdare in Salento con il Dottorato di Ricerca. La formazione in Puglia è stata una scelta per passione o opportunità?

Il trasferimento in Puglia da Roma a 27 anni è stata una scelta di qualità di vita e al contempo di consapevole volontà di voler contribuire alla crescita del Mezzogiorno. Qui ho incontrato l’ISBEM, un piccolo incubatore di ricerca e innovazione sociale in ambito biomedico, voluto dal compianto Rettore salentino Gino Rizzo (di cui ricorre il ventennale della scomparsa) e affidato a un cardiologo di grande fama come il Prof. Alessandro Distante, divenuto il mio maestro e che mi ha avviato al percorso della Ricerca perseguita per passione e professione, in cui si è inserita anche la tappa del Dottorato in Unisalento. Oggi la scuola di Medicina a Lecce rappresenta una grande opportunità per tutto il territorio.

di Gioia Catamo

Pubblicato il 6 marzo 2023 alle ore 09:24