Dal Salento, a Bologna per laurearsi in Medicina. I “ragazzi” di via Montenero a Bologna. Che cosa ricorda della sua esperienza universitaria?
Era un’Italia diversa. I giovani non possono immaginare. Per esempio, non c’erano i telefoni, e si scriveva ai genitori o alla fidanzata. E che gioia ricevere la posta! Il gettone telefonico rivoluziona la comunicazione. Le cabine della SIP diventano luoghi di desiderio. Nel mio paesino (Melpignano) c’era una sola cabina in un bar, e i miei genitori aspettavano la mia telefonata il sabato alle 17. Poi, nel 1977, dopo anni di lista d’attesa alla SIP (la TIM dell’epoca) finalmente arrivò il telefono a casa dei genitori. Da quel momento cambia la forma della comunicazione. Non tutto il nuovo è positivo, ma allora era un segno di modernità pazzesco. L’università segna una vita. Per esempio, con il mio collega e amico Lucio Catamo fin dal primo anno di Università ho condiviso il medesimo appartamento. Via Montenero, Bologna. Zona Saffi. La bella gioventù. Casa nostra era un porto di mare, la tavola sempre apparecchiata, sempre un materasso da sistemare da qualche parte per qualcuno/a di passaggio. Bologna era le osterie del Pratello, il cinema Roma d’Essai, Lucio Dalla, l’ubriacatura politica (qualcuno è ancora sbronzo!). Ma anche lo studio matto e disperatissimo. Nello stesso appartamento, due indimenticabili persone con le quali il destino è stato crudele, entrambi colleghi di studi: Antonio Avantaggiato strappato troppo, troppo giovane ai suoi cari e alla sua brillante carriera, e più recentemente l’altro storico amico, Giovanni Tommasi di Calimera.
La Medicina è una scienza, ma la rinoplastica è un’arte, dunque cosa l’ha spinta a questa specializzazione?
Non so se esista il destino. Certamente esiste il caso che ti fa trovare in un posto specifico in un momento specifico. La mia scelta nasce da un incontro casuale. Ero specializzando a Siena, ma il fine settimana tornavo a Bologna perché ci viveva la fidanzata dell’epoca. Un sabato mattina vado a trovare un mio ex-collega di corso specializzando al Policlinico Sant’Orsola. Per caso noto che c’è un congresso di chirurgia nasale. Entro. Solo curiosità, in attesa di incontrare il mio amico che stava visitando. A Siena la chirurgia nasale non mi interessava perché veniva all’epoca eseguita con tecniche “rustiche”. Come San Paolo sulla via di Damasco, rimango folgorato da una persona, che fa vedere filmati (VHS!!!), diapositive e risultati funzionali ed estetici che mi lasciano a bocca aperta. Capisco che è la mia strada. E che farò questo. Mi informo. Il relatore è il Prof. Giorgio Sulsenti, primario ORL in un piccolo ospedale subito fuori Bologna, Castel San Pietro Terme. Il lunedì dopo mi fiondo a Castel San Pietro. Con una gran faccia da tolla, mi presento e dico al Prof. che ero rimasto affascinato dalla sua presentazione. Da siciliano “vero” con parlata siciliana, mi chiede di descrivermi in 5 minuti, mi squadra e chiama la sua segretaria. “Angela, dia un camice al dottore”. Pazzesco, non mi era mai successo prima. A Siena mi dovevo portare il camice da casa! Nel pomeriggio mi dice ”Senti, Rino. Dovrei fare una ricerca bibliografica. L’ho detto ai miei, ma non ne viene fuori nulla. Da mesi”. Dopo 3 giorni gli porto un borsone pieno di articoli, e lui quasi piange. Da allora comincia il viaggio in comune, io un figlio per lui (che non aveva figli), lui un secondo padre per me. Mi ha insegnato tantissimo. Mi manca ogni giorno, la nostra foto è sul tavolo del mio studio.
Perché la rinoplastica?
Non esiste nessun intervento così intrigante come la rinoplastica. Viene considerata la “regina” della chirurgia plastica facciale perché è tecnicamente complessa. Esistono centinaia di tecniche che bisogna conoscere e aver praticato per poi scegliere quelle che funzionano meglio nelle proprie mani. La rinoplastica è un intervento speciale. Mai solo completamente estetico, mai solo completamente funzionale. Nessun altro intervento ha, per il paziente, il medesimo impatto estetico, funzionale, psicologico di una rinoplastica. Nessun altro intervento ha, per il chirurgo facciale, una curva di apprendimento così lunga e complessa, un percorso professionale scandito da una continua, umile ricerca di applicazione di tecniche sicure e sperimentate per raggiungere una finezza di risultati che soddisfi desideri e aspettative dei nostri pazienti così particolari. Ho imparato che ogni rinoplastica non può che essere unica. Semplicemente perché ogni paziente è unico. Viso, naso, desideri, aspettative. Ho imparato che naturalezza di risultati è il vero, autentico obiettivo. C’è chi confonde naturalezza dei risultati con semplicità di tecnica. È esattamente l’opposto. Ogni dettaglio, dal progetto chirurgico all’esecuzione, è pensato e ripensato. E poi ancora ripensato. Perché nessun dettaglio è solo un dettaglio. Ecco perché la rinoplastica non può essere uno dei tanti interventi che un chirurgo ha nel proprio repertorio. La rinoplastica non è un passaggio intermedio, è la destinazione finale. Siamo in pochi noi chirurghi che decidiamo che la rinoplastica sarà la nostra missione professionale esclusiva. Lo dico sempre ai miei ragazzi: è difficile sopravvivere con una sola merce sugli scaffali. Per farcela, quella merce deve essere veramente speciale. Dopo quasi 30 anni di rinoplastica, ogni intervento continua ad affascinarmi e sfidarmi, perché è sempre nuovo, e perché si ha nelle mani un intervento che cambia la vita alle persone.
Quanti interventi ha fatto e quali sono stati quelli che ricorda maggiormente?
Sono oltre 4000, semplici, complessi, estremi. Ho una cartella con lettere, cartoline, mail dei miei pazienti. Quando arrivano quelle sere un po’ così che tutti abbiamo, mi ci tuffo ed è rassicurante vedere di avere lasciato buone tracce del proprio passaggio. Forse perché recente, è particolarmente emozionante il feedback con una paziente americana, una cantante. Molto bella, più appariscente non si può. Già operata a Beverly Hills, e non dall’ultimo arrivato, non era contenta del risultato. Per anni vede decine di chirurghi, fa surfing su Internet finché non atterra sul mio sito. Mi scrive una mail e dice che sente di aver trovato il chirurgo “giusto”. Lontano, ma le sembra quello giusto. Gli americani lo chiamano “gut feeling”, noi istinto. L’ho operata a fine luglio dell’anno scorso. Felicissima lei, felicissimo il marito. Lei decide di scrivere per me una recensione pazzescamente positiva, sul più importante portale americano di chirurgia plastica realself.com (lo possono consultare tutti). Questa recensione diventa un magnete che mi porta pazienti da tutto il mondo.
Quali sono le sue emozioni?
L’emozione si ripete ogni volta che si tolgono i cerotti dal naso dopo l’operazione e il paziente si vede allo specchio per la prima volta con un “nuovo” naso, un nuovo viso. È sempre un tuffo al cuore, un’onda di calore. È una chirurgia che mi dà adrenalina. Non posso dimenticare l’emozione di chirurgo e di padre, l’anno scorso. Opero una ragazza di 16 anni con un naso veramente grande e deforme. Bullizzata, chiusa a casa, senza amici, trasandata. I genitori sono in sofferenza acuta. L’ho rivista in primavera. Irriconoscibile. Sorridente. Truccata. Bella. Finalmente si notavano i bellissimi occhi verdi. Uscendo dallo studio, il padre mi stringe il braccio e mi sussurra: <<Le sarò grato per tutta la vita. Da padre lo può capire>>. Ci siamo guardati negli occhi. Senza parole.
Quali sono le proposte più innovative nella rinoplastica?
Dopo le automobili, il concetto di ‘ibrido’ si estende anche alla chirurgia nasale. Si chiama infatti ‘rinoplastica ibrida®, un mio approccio che ho pubblicato e registrato ormai da qualche anno, la tecnica che combina i vantaggi delle metodiche più tradizionali: quella aperta (con incisione della cute esterna per consentire una visione a cielo aperto dello scheletro del naso) e quella chiusa (con incisioni interne al naso, dunque senza alcuna cicatrice esterna evidente). Nella mia esperienza, i vantaggi sono evidenti: riduzione del 30% dei rimodellamenti successivi ad un primo intervento, risultato finale più fine, un miglioramento del 15% rispetto alla chirurgia chiusa. Rispetto alla classica tecnica aperta, azzeramento delle cicatrici della columella (il pilastro centrale che separa le due narici), riduzione dell’edema e meno rigidità post-operatoria.
Quali sono le esigenze dei pazienti che invece non condivide?
La stragrande maggioranza dei pazienti che vedo sono persone equilibrate, con desideri e aspettative realistiche. Il chirurgo rinoplastico sviluppa, nel corso degli anni, abilità di diagnosi psicologica, anche nell’interpretazione dei segni non verbali. È importante vedere il paziente almeno una seconda o anche una terza volta per stabilire un flusso circolare di empatia che è parte fondamentale del percorso terapeutico.
Ci sono casi che decide di non operare?
Sì, circa il 2% dei pazienti che giungono al mio studio. Lo faccio per il loro bene, perché ci sono altissime probabilità che rimangano scontenti anche se l’intervento è obiettivamente riuscito. Per esempio, esiste una tipologia di pazienti per i quali la rinoplastica è una missione impossibile. Sono le situazioni in cui un difetto obiettivamente minimo diventa soggettivamente motivo di grande sofferenza interiore. Bisogna proteggere i pazienti da loro stessi. Lo dico sempre ai giovani: le persone che si rivolgono a noi non sono “clienti”, sono pazienti. Bisogna evitare di “vendere” l’intervento, ma questa è un’altra storia. Il marketing aggressivo sui social ha effetti a volte veramente deleteri.
Come vede questo Progetto di Promuovere la Puglia valorizzando le ricchezze del territorio ma anche le eccellenze della sanità, del luogo e originari del Salento?
Questo è un sogno di Lucio. Io credo che ci sia una logica. Il turismo sanitario in Italia è una realtà, ed è la grande fuga dal Sud. Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2018: circa 736mila pazienti (una media di circa il 9% dei ricoveri) sono stati curati in Regioni diverse da quelle dove sono residenti. Questa mobilità vale economicamente più di 4,6 miliardi di rimborsi tra le regioni. In testa c’è la Lombardia dove vanno a farsi curare oltre 100mila persone provenienti da altre aree d’Italia. A seguire, ma a grande distanza, troviamo Emilia Romagna e Toscana. Al contrario i saldi maggiormente negativi sono quelli della Campania, Calabria e Sicilia. Ma ci sono torme di Italiani che si muovono anche fuori d’Italia per interventi estetici o dentari, attratti dal low-cost di paesi quali Turchia, Marocco, Croazia, Bulgaria. E. più recentemente, anche le nazioni dell’Europa centrale e balcanica. È possibile intercettare questo flusso e garantire livelli di cura a costi sostenibili? È possibile creare le condizioni per il turismo della chirurgia estetica che possa attrarre al Sud non solo pazienti italiani ma europei? La mia idea è che sarebbe possibile. Ma ci sarebbe bisogno di una rivoluzione copernicana. La classe politica che ci governa è all’altezza? Ha questa capacità di visione? Lascio la risposta a ogni lettore.
Questa pandemia ha fatto passare in secondo piano tutti gli altri interventi. Si intravede il superamento di questa immane tragedia nella sua attività specialistica?
La pandemia ha sconvolto il sistema ospedaliero del Nord Italia, soprattutto qui in Lombardia. Gli sforzi effettuati sono stati immani e, nei momenti di massima pressione, si sono dovute fronteggiare situazioni inimmaginabili. Nessun sistema può sostenere questa onda. Lo si è visto in Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna. Quasi ovunque. Non è questa la sede per fare analisi sulle modalità con cui si è gestita la pandemia. Certamente tutta la chirurgia elettiva ha dovuto fermarsi. Molti di noi lo hanno fatto anche prima dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Io ho ripreso i primi di giugno con percorsi di ingresso in clinica molto rigidi, che prevedono tampone e TC torace a basso dosaggio per tutti gli operandi il giorno prima dell’intervento.
Posso dire un’ultima cosa? Riaprendo lo studio, temevo di avere una drastica riduzione del numero di pazienti che richiedono una rinoplastica. Tutto l’opposto. Dopo il lockdown, le persone hanno necessità di positività, di sentirsi bene. Cosa c’è di meglio che investire su se stessi, sul proprio viso, e sul centro del proprio viso?
Nasce a Lecce, studia al Liceo Classico “Capece” di Maglie.
Laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna. Specializzazione a pieni voti in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale presso l’Università di Siena. Da inizio anni ’90 si dedica esclusivamente alla chirurgia nasale, e alla rinoplastica in particolare, sotto la guida del suo indimenticato maestro a Bologna, il Prof. Giorgio Sulsenti. A metà anni ‘90 si trasferisce a Milano. È stato Dirigente Medico presso la Clinica ORL & Chirurgia Testa-Collo, Università dell’Insubria, Ospedale di Circolo e Fondazione “Macchi”, Varese (Direttore: Prof. Paolo Castelnuovo). Ha rivestito ruoli accademici, nel corso degli anni, presso la Clinica ORL & Chirurgia Testa-Collo delle Università di Padova, Brescia e Varese. Autore di 200 pubblicazioni scientifiche, quasi tutte inerenti la chirurgia nasale, e la rinoplastica in particolare. È autore di svariati capitoli sulla rinoplastica apparsi su trattati internazionali di rinoplastica e chirurgia plastica. È relatore e operatore in chirurgia in diretta in meeting, corsi e congressi di rinoplastica in tutto il mondo. È Fellow dell’American College of Surgeons. Ha svolto ruoli di leadership di primissimo piano in società scientifiche nazionali e internazionali: Presidente della Federazione Internazionale delle Società di Chirurgia Plastica Facciale, Presidente dell’Accademia Europea di Chirurgia Plastica Facciale, Presidente dell’Associazione Italiana ORL di Chirurgia Plastica Facciale.
a cura di Gioia Catamo