È dedicata al performer Antonio Rezza e all’artista, scenografa e scultrice Flavia Mastrella, Leoni D’oro alla Biennale di Venezia Teatro 2018, la due giorni in programma, martedì 21 e giovedì 23 alle 20, nei Cineporti di Bari e Lecce (ingresso libero fino a esaurimento posti). Il programma prevede la proiezione delle loro ultime tre opere cinematografiche: “Il Cristo in gola”, “Samp” e “La Legge”.
S’inizia, martedì 21 alle 20, dal Cineporto di Bari con la proiezione del film “Il Cristo in gola” di Antonio Rezza, opera girata interamente a Matera. Dopo la visione del film, il giornalista Michele Casella, condurrà il collegamento online con Antonio Rezza dal cinema Troisi di Roma. In contemporanea al Cineporto di Lecce, sarà proiettato il film “La Legge” di Flavia Mastrella. La visione del film, sarà introdotta dalla giornalista Sarah Helena Van Put.
Due giorni dopo, giovedì 23 alle 20, al Cineporto di Bari sarà proiettato “Samp” di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, film girato interamente in Puglia. Dopo la visione, il giornalista Michele Casella, condurrà l’incontro in collegamento on line con Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Nella stessa serata al Cineporto di Lecce alle ore 20.00, sarà proiettato “Samp” di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. A introdurre il film sarà Luca Bandirali, ricercatore di Cinema, Fotografia, Televisione – Corso laurea DAMS Università del Salento.
I due eventi sono realizzati da APS Spazio 44 e Apulia Film Commission, nell’ambito di “Promuovere il Cinema e i suoi luoghi”, intervento di Apulia Film Commission e Regione Puglia, Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio, a valere su risorse del Patto per la Puglia FSC 2014/2020.
Info: APS SPAZIO 44 – Tel: 3296498255
Trailer film e sinossi:
“IL CRISTO IN GOLA” di ANTONIO REZZA
www.youtube.com/watch?v=L_hFj7znG7c&t=1s&ab_channel=CinemaBeltrade
Faccio un Cristo che non dice una parola, si tappa la bocca e la tappa al suo autore pezzente. Mai sarò così meschino da raccontare con la mente malata ciò che il corpo alla mente ha sottratto, e cioè il significato: i miei gesti hanno tolto di mano il sapere al cervello imbroglione. Qui il problema non è il significare, qui la virtù sta nel fatto che quello che volevo dire non l’ho detto: l’azione si è ribellata alle suggestioni della mente incravattata. Ho scritto molte cose da mettere in bocca al figlio di Dio. Ma nell’esatto momento in cui il corpo si è staccato dal volere dell’autore gerarca per interpretare il sapere della carne, lì, con la pietra che scotta, la luce che acceca e con le membra indolenzite da posture innaturali, mi sono liberato dello stupido significato che il pensiero accattone voleva imporre al costato. Io, simile al Cristo nel dolore della pelle, ho iniziato a strillare per non fermarmi più. E l’autore ha chinato il capo a me stesso. Prima che parlassi tre volte avevo già urlato sei. Io il gallo me lo ficco nella gola. Il mio gallo, prima di cantare, mi buca la trachea. Il mio gallo aspetta l’alba per cantarmela nel collo. Io sono gallo con la gola intorno. La mia gola si nega al canto e si fa beffe della mente tiranna che bivacca tra deduzioni vane. Io il Cristo me lo faccio uscire dalla giugulare, ho un Cristo nell’esofago che fa miracoli con le vocali allungate, che fa dell’intendere un simulacro per poveri imbecilli, che non ha rispetto del padre suo, che poi è il mio intelletto in corruzione. Il mio corpo è il Cristo morto, la mia mente, rispetto al figlio della pena, si ingobbisce sotto il peso della decisione. Le urla che invadono il film possono dare il fianco a molteplici interpretazioni. Ma non è questo il caso, io non abbasso la carotide all’infimo livello che il volere le imporrebbe. Io sono fiato, io sono fiato con il buco in mezzo, e nel buco che vorrei su ogni fronte che pensa, ci pianto la vocale disperata che si fa strillo di dissenso. Ma non dissenso sociale che lascio a chi non ha inventiva, a chi non ha invettiva. Io con le urla faccio il culo alle orecchie, io le orecchie me le sfondo senza consonanti. Io, quando urlo, ammazzo il gallo che mi canta nella gola. È un punto ormai di non ritorno, è una comunicazione che non sollecita il pensiero. Il pensiero, così impiccato dall’intendere padrone. Con questo atteggiamento cerco a malapena di affrancare la pelle che mi dà la gioia, dalla malinconia cui la ragione mi costringe, tento di dimostrare che il significare è in mala fede. Quando il Cristo che ho nelle tonsille si è dissociato dal suo compito ramingo, limitato a razzolare l’anima di chi non ha le palle, quando il Cristo che ho nella faringe ha dichiarato che con me, autore infame perché razionale, non voleva nulla a che spartire, mi son sentito raggelare. Mentre il mio corpo se la dava a gambe, la riflessione, fatta di calcolo e miseria, si incaprettava con i fili del discorso ragionevole. Non so cosa sia questo Cristo di immagine forte, scortato dall’altrui Madonna che stavolta è anche la sua, inchiodato dalla sua Madonna che gira le spalle e si fa la Madonna del popolo. Non so cosa voglia da me questo corpo di Cristo che per privilegio estetico mi rassomiglia, questo ammasso di ossa e nervi con le papille in agonia. Ma se il Cristo di ogni religione ha inculcato la misericordia, il mio ha insegnato a me, autore del trabocchetto infernale, che se l’ansia è nella pelle anche il cervello più incallito fa la figura del maggiordomo servitore, del ministero incappellato con la lingua a propiziare. La lingua del Cristo che mi scivolerà nelle budella, non modula neppure il suono della corda. La lingua mia è lingua morta perché incapace a divenire biforcuta. Io con la lingua mi ci medico la voce. Io non ho rosario, ho vocali e me le sgrano nella gola fino a raschiarla nel suo fondo lercio. Il mio Cristo scava nel fondo dell’addome alla ricerca della vocale madre, genesi del lamento ineccepibile. Il film è filologico fin quando lo dirigo: Maria che partorisce, Giuseppe che sonnecchia, l’Arcangelo proclama, Erode manomette, Battista che sciacquetta. Il film è filologico fin quando lo dirigo. Ma quando mi dirigo mi scappa dalle mani perché io, oltre a quella di Dio, non riconosco neppure la parola mia.
SAMP di ANTONIO REZZA e FLAVIA MASTRELLA
www.youtube.com/watch?v=f51MAA-vT7A&t=1s&ab_channel=ReadingBloom
“Samp” è un killer che viene ingaggiato dal Presidente per eliminare i rappresentanti della tradizione. L’uomo ha problemi psicologici e una grande passione per la musica. Ha anche un’altra grande passione: quella per una donna che non ha mai visto né conosciuto ma ritiene possa essere la sua donna ideale. Dopo aver ucciso la madre si dedica al contempo agli omicidi commissionati e alla ricerca di colei che lo ha colpito con la sua assenza.
Mastrella e Rezza proseguono con questo film la loro ricerca sull’espressione corporea e verbale che hanno da sempre sviluppato sia sul versante teatrale che su quello cinematografico e che li ha portati ad ottenere prestigiosi riconoscimenti.
Dichiarano che le riprese sono iniziate 19 anni fa e terminate nel 2020 ma questo poco importa perché il loro sodalizio ha sempre agito sulla contemporaneità spesso anticipandone le apparenti aporie.
La Puglia, con le sue radici e tradizioni che risalgono alla notte dei tempi e con una modernità imposta, non fa solo da location al film ma ne diventa protagonista. Con la sua musica (si inizia con una taranta), con i suoi edifici e con i volti di persone che non sono attori e a cui non viene chiesto di essere tali. In un film in cui i dollari sono di un verde fosforescente e le pseudo armi producono suoni ma non ferite, Rezza costruisce un personaggio la cui esagitazione è frutto di una ricerca disperata di pacificazione con sé stesso e in cui la coazione a ripetere nasconde un bisogno di idealità che il mondo che lo circonda ha totalmente dimenticato. Al funerale del padre gli viene detto che non ha ottenuto la laurea perché ha scelto la facoltà sbagliata. Giurisprudenza è inutile perché la Legge è uguale per tutti. L’Economia no. È per questo motivo che i Presidenti per Mastrella e Rezza continuano a dominare la società. In attesa di qualcuno che li fermi.
“LA LEGGE” di FLAVIA MASTRELLA
www.youtube.com/watch?v=wLEEeX5bx_8&ab_channel=REZZAMASTRELLA
Video lettura a più voci, della Costituzione Italiana un’edizione per gli enti locali del 1972, da una pulsione di Flavia Mastrella che ha curato una regia sperimentale con Barbara Faonio al montaggio acrobatico Stefano Falcone Mix Audio il lavoro percorre il frammento.
Centonovanta persone hanno realizzato e interpretato con il cellulare la lettura di un articolo. È così che il cellulare, arma di sterminio della tensione emotiva in presenza, si è trasformato in mezzo creativo a distanza. Le disposizioni Transitorie e Finali raccontano lo stato d’animo degli umani durante il cambiamento epocale avvenuto dopo il 1945, strapazzati dal rovesciamento di potere, abbandonarono le parole e le usanze tradizionali per lasciarsi andare al sovvertimento.
Comunicato Stampa