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giovedì, Novembre 21, 2024

Assunta “Titti” Tornesello (Salute e Turismo nel Salento)

Assunta “Titti” Tornesello

Medico, originaria di Alezio, specialista in Pediatria, Ematologia ed Oncologia pediatrica, Neonatologia e Patologia neonatale. Ricercatrice dal 1995 al 2017 presso l’Università Cattolica e Dirigente Medico presso la Clinica Pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma,  la dottoressa Tornesello è dal maggio 2017 Direttrice dell’Unità operativa complessa di Oncoematologia Pediatrica del Presidio Ospedaliero“Vito Fazzi” di Lecce. Docente di Oncologia ed Ematologia pediatrica presso la Scuola di specializzazione Università cattolica di Roma e l’Università di Chieti fino al 2017, è autrice di numerosissime pubblicazioni scientifiche e comunicazioni a congressi nazionali ed internazionali. È Presidente della  “Associazione Italiana Donne Medico” sezione di Lecce (AIDM), Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Membro del Direttivo dell’Ass. TRIA CORDA Onlus per il Polo Pediatrico del Salento, Presidente Lions Club Gallipoli, Past President Fidapa Gallipoli (Federazione Italiana delle Donne nelle Arti, Professioni e Affari) Gallipoli, Consigliere nazionale Associazione Culturale Pediatri, Consigliera Segretaria dell’Ordine dei medici di Lecce dal 2017.



  1. Tanti riconoscimenti, frutto di tanti impegni e di tanto tempo dedicato a questi. Cosa le resta per il privato?

«Ho sempre avuto difficoltà a distinguere il privato dal mio lavoro fin dai tempi in cui studiavo. Probabilmente ho sempre considerato lavoro e privato strettamente interconnessi, interdipendenti e in simbiosi. Sicuramente ho avuto vicino a me persone che hanno rispettato il mio ‘pubblico’ a tal punto da non farmelo pesare e da farmelo considerare parte integrante della mia giornata. Non mi è costato rinunce, se è questa la domanda: le definirei piuttosto scelte, il più delle volte condivise».

  1. Per la sua formazione ha dovuto varcare i confini regionali e nazionali, ma poi è tornata nel Salento. Quali esperienze si è portato dietro?

«Sono andata via dal Salento subito dopo il completamento degli studi superiori e per tanto tempo, come spesso succede, ho visto i grandi vantaggi del nuovo, del più Grande, della possibilità di conoscere tante realtà e tante persone, di progredire, studiare, sviluppare competenze. Ho cominciato poi da un certo tempo in poi a porre più attenzione a chi veniva dal Salento perché non trovava risposte alle proprie domande di salute. E mi sono ritrovata a raccogliere le loro difficoltà, i disagi, la tristezza di dover lasciare affetti e punti di riferimento per trovare queste risposte. Mi sono chiesta come mai non fosse possibile invertire la rotta, garantire a tutti di potersi curare nella propria terra, con i propri affetti intorno. Così sostenuta dalla mia famiglia e dai genitori dei bambini che avevo in cura, ho cominciato ad accarezzare l’idea di tornare. Mi sono portata dietro la ricerca del sapere, di un’organizzazione del lavoro funzionale al benessere delle persone malate, l’esigenza di una risposta forte e chiara alle richieste di salute, ma ho anche continuato a coltivare la curiosità, la volontà di progredire e di coinvolgere la società civile nella gestione della sanità pubblica. Mi sono però lasciata dietro l’Università e tutto ciò che significa vivere all’interno di una Università, e questa rinuncia ancora mi pesa molto. Una volta qualcuno mi ha detto: «l’amore si misura dai sacrifici che si è disposti a fare per esso». Probabilmente l’amore per la mia terra è molto forte».

  1. Il Polo Pediatrico del Salento: cosa si propone e quali sono i risultati raggiunti?

Il Polo pediatrico del Salento è un progetto che nasce nel 2012 da un sogno di un medico salentino, Carlo Corchia, anch’esso con una lunga esperienza in importanti Centri Pediatrici Nazionali e tuttavia innamorato della propria terra al punto di dedicare le proprie energie a gettare le basi del progetto del quale sono onorata di far parte e sostenuto fortemente sin dalle origini dall’Associazione Triacorda.  La proposta si pone all’interno della linea di tendenza, presente ormai anche nel nostro Paese, di progressiva valorizzazione del concetto di “area pediatrica territoriale ed ospedaliera integrate” rispondente alla necessità di centralità dei bisogni del bambino in tutti gli ambiti di assistenza sanitaria. L’area pediatrica ospedaliera è costituita dalle strutture e dal personale medico ed infermieristico dedicato esclusivamente al bambino e all’adolescente e in essa si realizza l’attività multidisciplinare interspecialistica. Questo modello non è più legato alla logica che vede separati reparti o sezioni diverse, ma risponde ad una organizzazione dipartimentale al cui centro c’è il paziente, in questo caso il minore dalla nascita e per tutta l’età evolutiva, e l’organizzazione si realizza in un percorso per intensità di cura. L’obiettivo finale è garantire il rispetto della Carte dei Diritti dei bambini e degli adolescenti in ospedale, la valorizzazione della pediatria territoriale e l’integrazione dell’assistenza per garantire sempre le migliori cure possibili. Se poi consideriamo le importanti opportunità che l’apertura della Scuola di Medicina nell’ambito dell’Università del Salento a Lecce offre oggi, allora è veramente il tempo di pensare di realizzare il progetto comprendendo in esso anche la ricerca e la formazione».

  1. La pandemia ha segnato tutti. Quali sono state le maggiori difficoltà per i suoi piccoli pazienti? Come si è organizzata per superarle? Quale è la situazione oggi?

«Ha detto bene: la pandemia ha segnato tutti, anche i nostri pazienti che paradossalmente erano già abituati alle restrizioni, all’isolamento, alle mascherine, alle rinunce. Ha tolto loro però la convivialità della vita nel nostro reparto di degenza: niente giochi, niente scuola, niente incontri ludici, niente chiacchierate con i nostri volontari. Sono rimasti soli, come ormai non succedeva più. Ma i nostri bambini hanno grandi risorse ed i nostri volontari dell’Associazione Genitori “Per un sorriso in più” non sono da meno: tablet a tutti e via con i collegamenti; spettacoli sul piazzale dell’ospedale e bambini dietro ai vetri per seguirli; supereroi che si calano dai tetti; appetitose colazioni super servite in monopacchetti personali. Piccoli rimedi di fronte ad grande problema: in realtà siamo rimasti uniti, senza perdere di vista i nostri obiettivi.

Oggi si riprende piano piano la vecchia organizzazione, ancora in maniera molto cauta, si ricomincia a sentire odore di primavera».

  1. Presidente della Associazione Italiana Donne Medico. Quali consigli si sente di dare alle ragazze che vogliono intraprendere questa professione?

L’Associazione Italiana Donne Medico, che quest’anno celebra i 100 anni di attività, ha come obiettivo principale la promozione dell’approccio multidisciplinare tra le diverse aree mediche che tenga conto anche delle differenze di genere, per garantire l’appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura ma promuove e sostiene anche l’equità di genere in ambito lavorativo evitando ogni forma di discriminazione. Sono onorata di essere Presidente della Sezione di Lecce.

Quali consigli mi sento di dare? Quelli che darei a chiunque me ne chiedesse prima di intraprendere questo meraviglioso lavoro che è quello del medico: studiare, studiare e ancora studiare. Cercare con passione e curiosità la risposta alle proprie domande, imparare a porsi e porre domande ogni volta che se ne sente la necessità. Esercitarsi ad ascoltare e a comunicare. Mettersi al servizio degli altri e della conoscenza, imparare ed insegnare il rispetto. E saper integrare il proprio lavoro nel privato, senza togliere niente né all’uno né all’altro.

 

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