Eleonora Porcu, già Responsabile del Dipartimento di Infertilità e Procreazione Medicalmente Assistita, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola di Bologna.
La popolazione mondiale si prepara a superare il traguardo degli 8 miliardi di abitanti, ma l’aumento riguarda i Paesi ad economia più fragile, in larga parte nell’Africa sub-sahariana. In Occidente si registra un calo demografico costante. In Italia nel 2021 i nuovi nati non superano i 400.000 contro i 746.000 morti. Colpa della Pandemia, delle incertezze economiche e sociali, problemi familiari o generazionali?
Il 2021 ha segnato un nuovo record negativo di nascite nel nostro paese scese per la prima volta sotto quota 400mila, si tratta della cifra più bassa dal 1861, anno dell’unità d’Italia. Un dato che sicuramente riflette l’impatto dell’emergenza Covid, ma che è frutto anche di una tendenza di lungo periodo iniziata ben prima della pandemia. Tra 2008 e 2019, ad esempio, le nascite erano già calate del 27%: da 576mila a circa 420mila nuovi nati. Dopo il 2019, nel biennio di pandemia si è assistito a un calo ulteriore. Nel 2020 i nuovi nati sono stati 15mila in meno dell’ultimo anno prima del Covid. Tra le cause oltre alla pandemia si annoverano incertezze economiche e sociali. L’effetto della pandemia è stato quello di accelerare processi che erano già presenti.
Fra i Paesi europei l’Italia ha il primato della denatalità. Il tasso di fecondità è sceso a 1,24 figli per donna (1,27 al nord e 1,17 al sud). Perché questa tendenza?
A livello nazionale, si è passati dagli oltre 9 nati ogni mille abitanti degli anni 2000 agli 8,1 del 2015. Negli ultimi anni il calo si è accentuato: 7,9 nel 2016, 7,6 nel 2017, 7,3 nel 2018. Nel 2020 per la prima volta si è scesi sotto quota 7, con 6,8 nati ogni mille residenti in Italia
ll tasso di natalità è calato in tutto il Paese ma con una diffusione diversa a seconda delle aree geografiche. Tra 2014 e 2017 la contrazione ha riguardato ad esempio oltre i due terzi dei comuni umbri (70,7%), emiliano-romagnoli (69,1%), toscani (68,5%) e veneti (67,5%). Tra le province, un calo più o meno netto si rileva in oltre l’80% dei comuni dei territori di Cagliari (88,2%), Pistoia (85%), Monza e Brianza (83,6%), Ravenna (83,3%) e Brindisi (80%). Tra le cause del calo dei primi figli vi è la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, a sua volta dovuta a molteplici fattori: il protrarsi dei tempi della formazione, le difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e la diffusa instabilità del lavoro stesso, le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni, una tendenza di lungo periodo di bassa crescita economica, oltre ad altri possibili fattori di natura culturale.
Il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo afferma: «La natalità in calo, la mortalità tra i nostri anziani in aumento, l’invecchiamento che procede inesorabile: senza la consapevolezza diffusa e azioni adeguate la pandemia rischia di diventare la “tempesta perfetta” per la demografia italiana». Cosa si può fare per contenere questa “tempesta”?
Per arginare la “tempesta” è necessario promuovere una maggiore informazione a livello scolastico e campagne ad hoc per la fertilità e per la promozione della natalità in modo da far acquisire maggiore sensibilità e consapevolezza nelle donne specialmente in quelle più giovani. Investire molto in politiche per la famiglia è una condizione fondamentale per poter contrastare la denatalità. Queste politiche agiscono utilizzando tre strumenti principali: 1. fornitura di servizi di cura per i bambini; 2. trasferimenti monetari legati alla presenza di figli; 3. strumenti per la gestione del tempo, come congedi parentali od obblighi contrattuali relativi alla flessibilità lavorativa.
Siamo cresciuti in un Paese dove non era raro incontrare uomini di nome Decimo: il decimo nato di una famiglia. Oggi siamo il Paese dei figli unici, quando va bene, spesso per scelta, talvolta no. Come interviene la scienza?
La scienza può e deve aiutare a diventare genitori implementando il dialogo con le donne, con i giovani e con le coppie su questa specifica problematica, al fine di sensibilizzarle e di informarle sugli stili di vita e sulla età a più alto successo riproduttivo. Devono essere messe in atto un insieme di politiche del lavoro, fiscali e del welfare. In Italia, invece, si insiste su una frammentazione di queste politiche, e nessuna di queste è soddisfacente, o funziona bene da sola.
di Gioia Catamo
Pubblicato il 10 dicembre 2022 alle ore 19:16