Professore Ordinario di Demografia, dal 1994 presso l’Università degli Studi di Milano e quindi presso l’Università degli Studi di Milano “Bicocca” dove ha svolto, per più mandati, il ruolo di Direttore del Dipartimento di Statistica. Ha presieduto il Gruppo Italiano di Coordinamento della Demografia ed è stato membro del Consiglio Scientifico del Progetto Culturale della C.E.I. e del Gruppo di esperti di Demografia ad alto livello presso la Commissione Europea. Ha collaborato a numerose Commissioni e gruppi di lavoro in ambito nazionale e locale. Ha ricevuto il Premio ANPIT Enrico Mattei come Italiano dell’anno 2019 per i suoi contributi ai temi della demografia e le sue problematiche nella realtà del nostro tempo. Dal febbraio del 2019 è Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica.
Calo demografico e crollo delle nascite. Il 2021 non supera la quota dei 400 mila nuovi nati. Ci dobbiamo preoccupare?
«Sapendo che a fronte di 400 mila nati ci sono stati 746 mila morti nel 2020 e che comunque anche in epoca pre pandemica (nel 2019) il sorpasso dei morti sui nati è stato di 214 mila unità, qualche problema sarebbe ragionevole porselo, in particolare se si immaginano gli scenari futuri e ci si chiede dove stiamo andando».
La Pandemia ha aumentato il numero dei morti, quindi il saldo negativo della popolazione. Ma ha anche aumentato lo stato di ansia e la preoccupazione per il futuro. Quanto ha inciso nelle scelte riproduttive delle coppie?
«La preoccupazione per il futuro ha rappresentato, accanto ai timori per gli aspetti sanitari, l’altro importante motivo che sta alla base di un diffuso rinvio dei progetti di maternità e paternità nelle coppie italiane. Rinvio non significa necessariamente rinuncia, tuttavia è un comportamento che spiega la forte caduta di natalità registrata alla fine del 2020 e che si è manifestata con evidenza nel corso del 2021».
L’incertezza è solo economica o anche sociale, familiare, generazionale?
«L’incertezza e il disagio si combinano in vario modo e si combinano allo stesso modo argomentazioni economiche e di contesto sociale. Le difficoltà sul piano delle nuove generazioni sono un dato che è presente da tempo sullo sfondo, anche se forse in questa circostanza potrebbe aver accentuato i problemi».
Nel 2020 in Italia abbiamo il nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia e massimo storico di decessi dalla seconda guerra mondiale: 16.000 nascite in meno rispetto al 2019 con 404.104 bambini in un anno. Quasi il 20% in più i decessi: 112 mila in più rispetto al 2019. Come vede il futuro?
«Come ho detto, si tratta di dati preoccupanti che riflettono una congiuntura particolarmente sfavorevole. Ma il punto è che anche al di là degli aspetti congiunturali, dovuti alla pandemia, la fragilità della nostra demografia era, già prima del 2020, un elemento di debolezza del sistema-paese»
Quali sono le sue proposte per un futuro sostenibile?
«L’obiettivo primario è, a mio avviso, recuperare condizioni di equilibrio nel ricambio generazionale, di fatto una ripresa della natalità, se non proprio domani almeno in tempi ragionevolmente brevi».
Nell’anno 1000 indicato come anno della fine vi fu una impennata della crescita demografica come manifestazione di voglia di vita. E si pensava che il lockdown, costringendo ad una vita da reclusione domiciliare e senza svaghi avrebbe prodotto un’analoga risposta. I dati hanno smentito ogni previsione in tal senso. Fra i Paesi europei l’Italia ha il primato della denatalità. Il tasso di fecondità è sceso a 1,24 figli per donna. E se il Nord registra un tasso di 1,27, al Sud si arriva addirittura ad 1,17. Quali le cause?
«I figli costano, richiedono attenzione e condizionano la vita della coppia. Vengono visti come una scelta privata – chi li fa poi li deve mantenere ricavandone benefici e oneri – mentre sono anche un bene pubblico. Rappresentano il capitale umano da cui un Paese non può prescindere. Per questo occorre attenzione e aiuto da parte della comunità. Non solo sul piano economico, ma anche favorendo una cultura che riconosce e gratifica chi si fa carico della genitorialità».
Siamo cresciuti in un Paese dove non era raro incontrare uomini di nome “Quintino, Settimio, Decimo”: il quinto, settimo, decimo nato di una famiglia. Da anni assistiamo ad un decremento costante e progressivo della popolazione. Oggi siamo il Paese dei figli unici, quando va bene… Quale è la situazione in Puglia?
«Ormai il modello è uno al massimo due. Le coppie con tre o più figli sono una rarità. Questo vale per il Nord così come per il Mezzogiorno. È finita da tempo l’epoca del Sud prolifico. Anzi, pur nella scarsità, si può dire che accada persino il contrario. E in tal senso la Puglia si allinea perfettamente alle nuove tendenze del Mezzogiorno».
Ha recentemente affermato: «La natalità in calo, la mortalità tra i nostri anziani in aumento, l’invecchiamento che procede inesorabile. Senza la consapevolezza diffusa e azioni adeguate la pandemia rischia di diventare la “tempesta perfetta” per la demografia italiana». Cosa si può fare per contenere questa tempesta?
«Aiutare le famiglie, ovviamente quelle che lo vogliono, a svolgere il loro compito in termini di produzione e formazione del capitale umano di cui il Paese non può fare a meno.
La tempesta ci auguriamo sia passata e dopo, come scriveva Giacomo Leopardi, c’è la “quiete” e ci sono “…gli augelli far festa”. Allora approfittiamo di questa drammatica esperienza e facciamo in modo che si creino le premesse per uscirne rinvigoriti, più consapevoli dei problemi e impegnati nelle relative soluzioni».
a cura di Gioia Catamo