VALORIZZAZIONE DELLA MINORANZA ITALO-ALBANESE IN UNA PROPOSTA DELLA FONDAZIONE UNIVERSITARIA F. SOLANO SOSTENUTA DA CINQUE ATENEI E CANDIDATA A DIVENTARE PATRIMONIO UNIVERSALE UNESCO
Il mito di Skanderbeg, della resistenza del popolo albanese all’invasione turca protrattasi per 25 anni fino alla morte dell’eroe nazionale albanese avvenuta nel 1468 e della perpetrazione del “Moti i madh” del“Tempo grande”, sono radicate nel patrimonio immateriale detenuto dagli arbëreshë. La storia che si sovrappone al mito è la pietra angolare della comunità italo-albanese, isola alloglotta che conta 50 comuni disseminati in sette regioni italiane (Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo e Campania). Il “Tempo mitico” degli albanesi della diaspora ci riporta alla lingua e alla ricca letteratura orale, ai riti della primavera, alle Vallè di Pasqua, ai canti tradizionali e agli inni paraliturgici arbërisht delle Kalimere, alla “festa” dei morti nella tradizione religiosa orientale, Java e prigatorëvet, ai suggestivi cerimoniali del rito nuziale, alle manifestazioni coreutiche, ai prodotti tipici dell’artigianato artistico, ai sontuosi costumi femminili arbëreshë, ma anche ai prodotti della tessitura nonché quelli dei cibi rituali e tradizionali. Espressioni culturali e classiche tipiche del “Tempo mitico” che ancora oggi, dopo quasi sei secoli, scandiscono la quotidianità e che rientrano in un’importante proposta di candidatura della cultura immateriale arbëreshe quale patrimonio universale dell’ Unesco.
Coordinato dalla Fondazione universitaria “Francesco Solano”, diretta dal professore Francesco Altimari, che opera all’Università della Calabria, un nutrito gruppo di lavoro costituito da illustri studiosi e da numerosi detentori e praticanti, si è dunque reso protagonista della proposta di candidatura della cultura immateriale degli albanesi d’Italia a patrimonio dell’Unesco.
Si tratta di un lungo lavoro di ricognizione sul campo per individuare questa rete di tradizioni rituali che è stato realizzato grazie alla collaborazione attiva di numerosi detentori e interpreti dei rituali, espressione di sodalizi, gruppi e persone di varia estrazione sociale e culturale che lavorano affinchè venga finalmente riconosciuta la peculiarità di questo ricco patrimonio che rappresenta il vero bene comune dell’Arbëria, sinora sostanzialmente ignorato dalle istituzioni e salvaguardato solo grazie all’impegno diretto dei gruppi di praticanti e alla tenacia delle comunità interessate.
«Il progetto Moti i Madh Tempo Grande – sostengono i promotori della proposta – punta a iscrivere nel registro delle buone pratiche della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco del 2003 che contempla un insieme di pratiche cerimoniali, musicali, coreutiche e teatrali a cui si accompagnano saperi di stampo tradizionale che rientrano nell’originario ciclo delle feste della primavera e propongono nelle diverse comunità italo-albanesi eventi che attualizzano temi e motivi arcaici di straordinaria suggestione».
Queste pratiche sono vive presso gli arbëreshë, comunità linguistica minoritaria di origine albanese, riconosciuta dalla legge quadro nazionale n. 482/1999 “Norme di in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche”.
La proposta, avviata e sostenuta dall’azione di ricerca e sensibilizzazione promossa dalle cattedre universitarie di Albanologia dell’Università della Calabria, guidata da Francesco Altimari e di Palermo, presieduta da Matteo Mandalà, è stata perfezionata e resa funzionale grazie al concorso di un’equipe interdisciplinare, coordinata dalla Fondazione Solano e formata da studiosi di Albanologia, di Antropologia, di Etnomusicologia e di Storia delle culture afferenti alle Università della Calabria, di Palermo, del Salento, di Venezia e Milano “Statale”, oltre che da esperti giuristi e informatici: si tratta di Nicola Scaldaferri, Monica Genesin, Eugenio Imbriani, Giuseppina Turano, Giovanni Macrì e Battista Sposato. Il progetto può contare anche sull’apporto nel comitato scientifico di altri insigni specialisti, italiani e albanesi, che confermano l’alto valore scientifico che tali peculiarità ricoprono per la ricostruzione dell’antica base culturale comune europea.
La proposta “Moti i madh”, già sostenuta dell’ex sottosegretario italiano ai Beni culturali, Anna Laura Orrico, è caldeggiata anche dal Governo della Repubblica d’Albania attraverso il ministero della Cultura albanese presieduto da Elva Margariti, dal vice-ministro Meri Kumbe, nonché dal Fondo per l’Ambiente Italiano.
Nel corso del recente “Summit della Diaspora – Dita Arbëreshe”, nella giornata dedicata agli arbëreshë, tenutesi a Tirana lo scorso 22 novembre, anche il presidente della Repubblica d’Albania, Bajram Begaj, dopo aver definito gli italo-albanesi quali «testimoni di una storia di successo e di un tesoro inestimabile» e annunciato, assieme al primo Ministro Edi Rama, la nascita di «un canale radiotelevisivo della rete nazionale dedicato all’Arbëria nonché la creazione della Casa degli arbëreshë nel centro storico di Kruja», ha anche voluto confermare il pieno sostegno dell’Albania al progetto “Moti i madh, i riti arbëreshë della primavera”.
1“Vallet e Pashket”, sono le manifestazioni del martedì di Pasqua che rievocano l’epopea di Skanderbeg e che si svolgono nelle comunità italo-albanesi cosentine del Pollino di Civita e Frascineto.
2A San Demetrio Corone sempre nel Cosentino, in particolare, “la festa dei morti”, ricorrenza mobile del calendario liturgico bizantino, si celebra quindici giorni prima dell’inizio della Quaresima con la processione al cimitero, il successivo banchetto presso le tombe dei defunti e l’elevazione della Panaghia con la benedizione del grano bollito nelle case.
3“Skanderbeku Prindi i Arbërisë”, è la manifestazione coreutica organizzata dalla Proloco Arbëria di Lungro che si volge per le vie del centro italo-albanese del Cosentino, sede della I^ Eparchia bizantino-greca d’Italia. Giunto alla sua V^ edizione, l’evento tra canti, balli e scene di battaglie simulate tra guerrieri albanesi e soldati turchi, celebra l’epopea di Skanderbeg e della resistenza dell’esercito albanese all’invasione ottomana.
di Nicola Bavasso
Nicola Bavasso, di Lungro (CS), è funzionario pubblico e giornalista professionista specializzato in comunicazione in contesti minoritari plurilingui. Dal 2013 collabora col quotidiano Gazzetta del Sud. Da cronista, dal 1999, segue con particolare interesse le vicende delle minoranze linguistiche calabresi. Nell’ambito televisivo, dal 2001 al 2002, è stato responsabile del programma bilingue “Arbëria jetra Itali – Arbëria l’altra Italia”, trasmesso dall’emittente regionale VL7 Cinquestelle di Lamezia Terme. Per conto dell’Università della Calabria, cattedrale di Lingua e letteratura albanese, ha diretto il format televisivo ArbëriaTVoccitana, irradiato da Teleuropa Network di Rende dal 2008 al 2014 e da Telelibera Cassano nel 2015. Per l’Università della Calabria ha tenuto una serie di seminari sulle tecniche della comunicazione plurilingue e sull’uso delle lingue di minoranza in ambito amministrativo. Oltre ai numerosi scritti pubblicati sul quotidiano Gazzetta del Sud, in riviste e giornali nazionali, ha ideato e curato la prima rubrica bilingue “Rrethi” (La Provincia Cosentina 2004-2006). Tra le pubblicazioni di carattere scientifico ricordiamo “Mbi dy vepra të De Radës”, Shtëpia botuese Faik Konica, Prishtinë (2009); “Vincenzo Stratigò – Vepra Opere” (a cura di N. Bavasso e G. Belluscio), Dipartimento di Linguistica – Università della Calabria” (2011), “Vincenzo Stratigò”, “Enzo Domestico (Kabregu)” e “Matilde Mantile” pubblicati nel Dizionario biografico della Calabria contemporanea, I.C.S.A.I.C, (2020 e 2021) e “Le minoranze tagliate della Calabria: gli arbëreshë. Perche è fallita la L.482/99”, Fondazione Universitaria F. Solano, Rende (2021).